Scrive Matteo Ferrario:
Risalendo […] nel nostro albero genealogico, era pressoché impossibile trovare qualcuno […] meno in gamba di me.
Oggi e nella prossima puntata a Derrick parliamo di
fallimento, nel senso di fallimento economico, di un’impresa o di
un’amministrazione pubblica.
Perché esiste l’istituto del fallimento?
Perché il fallimento, che forza una resa dei
conti tra i creditori quando la situazione finanziaria (e di norma anche
economica) è degenerata, rende palesi le perdite ai soggetti coinvolti e a quelli
potenzialmente coinvolti. Un fine di segnalazione dunque.
Perché facendo cessare o commissariando
l’attività dell’organizzazione impedisce il protrarsi dello squilibrio
economico e limita quindi ulteriori insolvenze.
Perché in caso di liquidazione permette al
sistema economico di ricombinare le risorse residue per nuove attività. Come
gli elementi chimici di un essere vivente che quando lui muore si ricombinano
per formare nuove cellule.
Perché ripartisce l’insolvenza pregressa in modo
trasparente e equo tra i creditori.
È tipico però che l’insolvente voglia eludere il fallimento
e continuare l’attività anche se insostenibile, aumentando l’esposizione di
vecchi o nuovi creditori. Ma ciò equivarrebbe a continuare a bruciare denaro
altrui.
Tra attività in dissesto economico che non vogliono fallire
ci sono amministrazioni pubbliche come la Regione Lazio e il Comune di Roma.
Che cosa propone di fatto un sindaco che non vuole fallire anche se non ha
prospettive di equilibrio reddituale? Propone di salvaguardare l’attuale struttura
operativa dell’amministrazione e delle controllate, e i loro dipendenti, parte
dei quali hanno approfittato dell’irresponsabilità passata della spesa.
Una salvaguardia a spese dei contribuenti presenti e futuri.
Quelli residenti, che dovranno restituire debiti folli con più tasse e meno
servizi, e i non residenti che dovranno contribuire a nuove ricapitalizzazioni
o trasferimenti straordinari dallo Stato centrale.
Questa operazione è più equa rispetto a fallire e far
partecipare al disastro i creditori e passare attraverso un ridimensionamento
della struttura? A mio avviso no.
Ma una ragione spesso addotta contro il fallimento è
l’interruzione di servizi che ne conseguirebbe. Se Roma fallisce cosa succede
ai bus, agli asili e alle scuole comunali? Certamente ci sarebbero disagi. Ma
sarebbero molto limitati nel tempo.
La prossima volta approfondiamo.
Il brano in apertura è dal romanzo “Buia”
di Matteo Ferrario, edizioni Fernandel, che l’autore presenterà insieme a me
questo venerdì 28 marzo alle 18 alla libreria Koob in via Luigi Poletti 2 a
Roma.
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