domenica 16 ottobre 2016

Generazione elettrica e antitrust - D290

Quando l’energia sarà tutta da fonti rinnovabili naturali come sole, vento e acqua sarà gratuita?

Una lampada a led
per uso industriale
Beh, non proprio. O meglio lo sarà nello stesso modo in cui se compro un calciobalilla da bar e lo piazzo in casa posso dire che ci gioco gratis: sì, certo, non devo mettere la moneta, ma i soldi per comprarlo ce li ho messi, e la manutenzione è a mio carico.
Chi fa energia da fonti naturalmente disponibili non deve mettere la moneta, cioè non deve comprare combustibile, ma non per questo non ha costi.

La mancanza di costi variabili di combustibile però è molto rilevante, perché rende questi impianti, finché l’impianto c’è, disponibili a vendere l’energia a qualunque prezzo, pur di ripagare almeno un po’ i costi fissi. (Adesso prescindiamo dai sussidi, che prima o poi scompariranno e che non sono rilevanti al nostro discorso qui).

Questo effetto lo vediamo già ora nel mercato della produzione di elettricità in Italia: le tante rinnovabili fanno concorrenza al ribasso sul prezzo e lo fanno scendere, buttando fuori dal mercato almeno in alcuni momenti le centrali termoelettriche che bruciano per esempio gas naturale. Tuttavia, come in Derrick abbiamo visto tante volte, le rinnovabili sono in parte anche non programmabili (perché dipendono dalla disponibilità di vento e sole) e quindi hanno bisogno di centrali di scorta pronte ad accendersi se la loro potenza viene meno.
Queste centrali di scorta vengono pagate dal gestore della rete elettrica in un mercato di flessibilità parallelo a quello dell’energia. Ora, se nel mercato dell’energia ormai la capacità di produzione è tanto abbondante da rendere il prezzo perlopiù poco remunerativo per le centrali termoelettriche, il mercato della flessibilità può invece permettere guadagni significativi quando c’è particolare necessità di intervento delle centrali programmabili.

Secondo l’Autorità per l’Energia in Puglia nella scorsa primavera in questo mercato i prezzi potrebbero essere stati artificiosamente alti, quando due centrali, una di Sorgenia e una dell’Enel, hanno incassato molto più del solito vendendo alla rete i loro servizi di flessibilità. Pur essendo abbastanza lontane (una vicino a Bari, l’altra a Brindisi), queste centrali fanno parte di un’area relativamente poco interconnessa con il resto della rete, per cui sono scarsamente sostituibili con altre delle regioni vicine.
Così, l’Antitrust ha avviato indagini su queste due centrali per accertare se abbiano trattenuto capacità nel mercato dell’energia per essere poi chiamate più massicciamente sul mercato della flessibilità approfittando della loro posizione localmente dominante.

Staremo a vedere. Quel che è interessante notare ai nostri fini è che l’energia elettrica, dal punto di vista economico, sta cambiando la propria natura, e con essa sta cambiando molto velocemente la struttura del mercato che ce la rende disponibile.

lunedì 10 ottobre 2016

Diritto all'informazione o all'anonimato? Il caso Elena Ferrante - D289

Ho letto voci che considero autorevoli, come quelle di Tonia Mastrobuoni e Nadia Terranova, criticare l’articolo sul Sole 24 Ore con cui Claudio Gatti dà conto di un’indagine documentale sua e di suoi colleghi di altre testate che porta a svelare la vera identità del nom de plume Elena Ferrante, narratrice ormai star internazionale dell’editore romano E/O.
Gatti arriva alla sua deduzione analizzando i bilanci di E/O, che è una società di capitali e deve quindi depositarli, e visure catastali (che chiunque ormai può fare online pagando piccole somme) riguardo alle proprietà immobiliari dell’autrice.
Tonia Mastrobuoni e Michele Serra, in particolare, parlano di “diritto all’anonimato” o “all’assenza” violato per la Ferrante.

Un'installazione a Expo 2015
Esiste un simile diritto nel nostro ordinamento? Sì, nelle norme del diritto d’autore, che danno gli strumenti giuridici a un autore per percepire compensi anche se non vuole rivelare la sua identità.
Ma né l’ordinamento né la giurisprudenza limitano la libertà di chiunque di informarsi e rivelare, senza violare altre norme, l’identità di un autore che pure non lo desideri. Se così non fosse, avremmo una limitazione della libertà d’informazione (diritto passivo di tutti noi previsto in Costituzione) basata sul semplice desiderio dell’interessato di essere lasciato in pace.

Oltretutto, sia la giurisprudenza sulla privacy sia quella sul cosiddetto diritto all’oblio discriminano i personaggi pubblici, verso i quali considerano la curiosità pubblica, chiamiamola così, maggiormente degna di tutela.


Deve comunque un giornalista rispettare una deontologia nel rendere pubblici dati, pur pubblicamente accessibili, come appunto parti del bilancio di una s.r.l. o una visura catastale? Sì, secondo il garante della privacy che ha pubblicato lineeguida in materia: il giornalista deve valutare la congruità della diffusione delle informazioni rispetto al fatto d’interesse pubblico narrato.
E Gatti a mio avviso lo fa: infatti non scrive a quanto ammontano i compensi trasferiti da E/O, né dov'è l'immobile dell'autrice a cui fa riferimento, né altri dati personali cui comunque ha avuto accesso. Semplicemente scrive chi è Elena Ferrante e spiega come l’ha capito. Risponde cioè alla curiosità indurre la quale è uno dei fini (se non voluto, prevedibile e inevitabile, e verosimilmente remunerativo) della scelta di anonimato editoriale.

A ben vedere nelle censure a Gatti c’è anche un altro filone: il tabù del fare i conti in tasca alla gente. Come se far soldi fosse un’onta. E Gatti peraltro non rivela le cifre.

Sapete una cosa? A me che qualcuno oggi riesca a fare milioni con un romanzo sembra una notizia bella e meritevole di pubblicità e sì, sono curiosissimo di sapere chi. E grato a chi come Claudio Gatti sa fare giornalismo investigativo e non solo d’opinione.


Per la consulenza a questa puntata ringrazio Fabio Macaluso (qui su twitter), avvocato esperto in diritto d’autore, di cui ha scritto in “E Mozart finì in una fossa comune” per le edizioni Egea, e autore sull’Espresso del blog “impronte digitali”, dove anche lui si occupa del caso Ferrante.