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martedì 25 febbraio 2020

Inizio dello smaltimento nucleare francese (Puntata 427 in onda il 25/2/20)

Se fate in bicicletta in Alsazia la famosa pista ciclabile che risale il Reno (quindi pedalando verso Sud, come ho raccontato in un’altra puntata di cui qui sotto c'è il link), una cinquantina di chilometri a nord del confine svizzero noterete che il percorso smette inusualmente di costeggiare il canale parallelo al fiume, per addentrarsi in alcuni paesini, tra cui Fassenheim. Il motivo non è tanto evitare un’ansa del fiume, quanto il compound della più vecchia tra le centrali nucleari francesi ancora (per poco) in esercizio. Si tratta di due reattori da circa 900 MW l’uno costruiti in solo 7 anni (una rapidità che oggi in Europa per le poche centrali in costruzione è una chimera) per entrare in esercizio nel ’77.
Quasi 10 anni fa c’è poi stata l’ultima revisione decennale dell’impianto, e ora secondo i piani del Governo i due reattori devono chiudere. Uno proprio entro febbraio 2020 e l’altro a giugno 2020.

È l’inizio di un programma lento ma mastodontico di uscita progressiva dal nucleare di una nazione, come sanno tutti, oggi molto dipendente da questa tecnologia per la generazione di energia elettrica.
Fassenheim comunque non ha mai dato problemi particolari nella sua lunga vita. L’incidente più critico, di livello 1, il secondo più basso nella scala di pericolosità, fu quando una perdita d’acqua non radioattiva invase alcuni collegamenti elettrici mettendoli fuori uso e impedendo così il controllo della potenza di uno dei reattori attraverso il normale azionamento delle barre di servizio. Questo rese necessario spegnerlo per precauzione attraverso una procedura d’emergenza. Ci vollero poi 2 mesi per risistemare e controllare tutto, e riattivare il reattore.

La centrale di Fassenheim (in basso a destra)
riportata su Google Maps a bassa risoluzione
(grazie a Vittorio Lagomarsino)
Oggi il motivo per cui è stato escluso il proseguimento dell’attività è che una revisione della valutazione del rischio sismico della zona ha sortito esiti non più compatibili con le caratteristiche della centrale, così come il rischio di conseguenze da allagamenti è stato riconsiderato dopo Fukushima. (Del resto già a fine anni ’90 un’altra centrale nucleare francese, sull’Atlantico, si era ritrovata in seguito a una mareggiata eccezionale con due reattori senza alimentazione elettrica dalla rete e un’unica pompa di emergenza funzionante per raffreddarli. Se il generatore elettrico di emergenza o l’unica pompa attiva si fossero guastati, l’incidente avrebbe potuto trasformarsi in un disastro simile a Fukushima.

Un lungo articolo di Hortence Goulard su Les Echo del 19 febbraio 2020 dà numeri significativi di quanto impegnativa sarà la dismissione delle centrali francesi. EDF, il colosso pubblico dell’energia che le gestisce (ma che potrebbe isolarle in una società separata secondo informazioni filtrate sui giornali nei mesi scorsi riguardo agli intenti del Governo) per il solo 2019 ha allocato 40 miliardi di Euro all’attività di decommissioning, che include la complicata gestione del combustibile e delle parti radioattive. L’agenzia che gestisce lo smaltimento di questi materiali dovrà individuare un sito nuovo per far fronte al flusso che arriverà con le dismissioni. Costi da capogiro, anche se ci si aspetta che dopo il caso pilota di Fassenheim l’esperienza e le tecniche messe a punto siano replicabili con costi più bassi nelle altre centrali.
Intanto, secondo i piani, Fassenheim dovrebbe essere smantellata in un paio d’anni. Chissà se cambierà anche il percorso della ciclabile sul canale di fianco al Reno.


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