domenica 23 agosto 2020

Consultazione Minambiente su riduzione sussidi dannosi (Puntata 449 in onda il 25/8/20)

In una fase in cui i sussidi a debito stanno invadendo l’economia e ci sembra ormai normale che siano i bonus a suggerirci cosa comprare, va in controtendenza una consultazione del Ministero dell’ambiente che propone di eliminare una (purtroppo piccola) parte dei sussidi dannosi all’ambiente che lo stesso ministero aveva individuato (tutto coperto da precedenti puntate di Derrick al link qui sotto).

Cosa propone il ministero con questa consultazione? Di eliminare, in quasi tutti i casi in modo graduale, alcuni sconti di accisa identificati come dannosi dal ministero stesso. Si tratta di accise su prodotti energetici su alcuni consumi industriali e a beneficio delle forze armate, per un valore a regime dell’ordine di grandezza del centinaio di milioni/anno a fronte di 19 miliardi di € di sussidi dannosi individuati, cui si aggiunge una misura questa sì invece pesante, da 2,7 miliardi a regime, che correggerebbe la voce forse più controversa del catalogo dei sussidi dannosi: la minor accisa su gasolio autotrazione rispetto alla benzina.

Per alcune proposte della consultazione Minambiente non servono nemmeno commenti, tanto sono pacifiche. Per esempio: che le forze armate paghino meno accisa è ovviamente una partita di giro per il bilancio pubblico e disincentiva l’amministrazione a consumare in modo oculato e investire in mezzi più efficienti.

Invece, che la minore accisa autotrazione gasolio rispetto a benzina sia interamente da considerare sussidio, come abbiamo già visto, è meno ovvio. Tra i critici c’è Francesco Ramella, docente di trasporti all’Università di Torino e direttore esecutivo di Bridges Research, che ha scritto un paper prezioso per entrare nei dettagli della valutazione delle esternalità ambientali legate all’uso di carburanti per autotrazione, disponibile al link sotto.

Sentiamo proprio Ramella:

Più in generale, a mia volta commenterei la consultazione Minambiente così: va nella direzione giusta perché prevede la diminuzione di sconti d’imposta dannosi compensandoli con crediti di imposta per investimenti in efficienza per i soggetti coinvolti. È esattamente l’impostazione che può funzionare. Ma la dimensione delle proposte è limitatissima rispetto al problema, e non interviene su alcune delle categorie attraverso cui i danni si esplicano di più (per esempio autotrasporto pesante), né la pubblicazione ad agosto della consultazione è un modo per metterla in cima all’agenda politica.

Grazie a Francesco Ramella


Link

domenica 9 agosto 2020

Se questo è marketing (Puntate 444 e 448 in onda il 7/7 e 11/8/20)

Un tetto a Roma (Diritti riservati Derrick)
Recentemente ho trasferito una mia utenza telefonica mobile da aziendale a personale. Era un passaggio necessario perché il gestore (forse il più grande operatore europeo) o le regole non permettono la portabilità di un numero business se non parcheggiandolo prima su un’utenza privata con lo stesso fornitore. E pazienza. Così ho dovuto firmare un modulo piuttosto burocratico in cui chiedevo il trasferimento del numero a una nuova utenza privata, senza che io sapessi minimamente quali sarebbero state le nuove condizioni commerciali, e nondimeno con obbligo di accettare la domiciliazione bancaria dei pagamenti per il futuro contratto. (Chiedere l’IBAN senza dire i prezzi cos’è se non vessazione?).
Va beh, mi ero detto, vedrai che la grande compagnia telefonica si farà viva prima dello switch per fornirmi tutte le informazioni e convincermi a restare con lei. In fondo, sarei un nuovo cliente, visto che prima le bollette le pagava l’azienda, e se Dio vuole oggi un cliente – anche se in questo caso almeno inizialmente “captive”, cioè obbligato, - può cambiare facilmente fornitore, e quindi ha senso accoglierlo bene e convincerlo a restare prima che s’involi.

Macché: niente: il giorno del passaggio mi è arrivato un SMS per dirmi che la mia “richiesta di subentro” era stata “gestita” e un altro per comunicarmi il nome del mio nuovo piano tariffario, che ho dovuto controllare sul web per scoprire che solo di dati costa in un giorno quasi quanto in un mese quello del concorrente più economico.

E dire che per prendere clienti nuovi la stessa azienda si fa in quattro. 

Dunque, visti i prezzi che la vecchia compagnia mi proponeva, ho deciso di passare a un’altra cosiddetta virtuale, cioè priva di una sua rete e che usa una di quelle esistenti pagando il pedaggio previsto dalle norme. Prezzo molto basso, tutto gestito online senza problemi compresa la richiesta di portabilità del numero, pochissime opzioni da personalizzare, nessun prezzo nascosto, ma anche copertura un po’ inferiore (me ne sono accorto nei miei trekking o giri in bici in luoghi remoti).
Nel complesso però tutto bene.

Avevo già chiuso il capitolo, quando indovinate chi inizia a chiamarmi allo stesso numero? Un’agenzia che lavora per la grande compagnia che mi aveva appena perso come cliente. Telefonate pressanti da parte di una persona corretta ma con un italiano approssimativo che rendeva difficili i chiarimenti e involontariamente sgarbato il tono, per propormi di tornare col vecchio fornitore a un prezzo a sconto di un euro al mese rispetto al nuovo. Cioè: la stessa compagnia prima mi proponeva 6 euro al giorno, ora 7 al mese.
Accetto di ricevere una mail dopo aver comunicato alcuni dati anagrafici, la apro e non riesco malgrado la buona volontà a leggere un contratto né a capire quanto durerebbe la nuova offerta, che è tagliata apposta per chi se n’era andato verso quel determinato operatore nuovo.

Sapete cosa ho fatto alla fine? Sono rimasto con il nuovo. Non mi fido più del vecchio. E mi chiedo: non è strano che il grande operatore non abbia cercato inizialmente di convincermi a restare a un prezzo magari un po’ più alto del nuovo, a fronte della maggiore qualità che la sua grande struttura dovrebbe permettergli? Che strategia è prima ignorarmi, spingermi di fatto alla concorrenza e poi cercare di riprendermi sbracando sul prezzo? Che messaggio è? E perché non capisci, grande operatore telefonico, che un’agenzia di vendita ti può essere esterna quanto vuoi, ma se vende il tuo prodotto io finisco per identificarla con te, e quindi dovrebbe avere gli stessi standard di qualità di interazione che ha il tuo customer care. È una parola che odio, superficiale e abusata, ma sto per usarla: non è che un po’ di buon senso e di coerenza nelle politiche commerciali farebbe meglio di tanto marketing?


Non solo telefonia

Una storia simile mi è successa con il mio fornitore di energia: scadute le condizioni convenienti dell’offerta iniziale, me ne ha applicata una estremamente e ingiustificatamente cara dopo avermi inviato una raccomandata illeggibile (a me, cliente “full web”). Quando mi sono accorto, il malcapitato operatore del customer care mi ha spiegato che l’offerta conveniente vale solo per i nuovi clienti. Ecco, gli ho risposto, visto che virtualmente mi avete già perso, mi consideri, se resto, un nuovo cliente. “Non posso” ha detto lui mogio. Il bello è che quella stessa azienda, per acquisire nuovi clienti sul mercato, paga, stimo sulla base della mia esperienza nel settore, almeno 50 euro ad agenzie o siti intermediari. Mentre io ero già con loro.

All’università non ho mai sostenuto un esame di marketing perché mi sembrava una materia banale. Sarà per questo che ora io ignorante penso che questi miei fornitori del settore delle utility, come tanti altri, se non tutti, facciano politiche commerciali incomprensibili.
Stanno sui social tra dubbi influencer e hashtag ridicoli, fanno campagne piene di gente figa, spiagge e aperitivi. Mentre io credo che dovrebbero mostrare attenzione ai clienti, in tutte le interazioni, tentando di costruire rapporti di fiducia. Può darsi che come fanno spendano meno. Ma non si stupiscano se poi sul mercato resta solo chi fa i prezzi (temporaneamente) più bassi.

Link