mercoledì 23 novembre 2022

Sanzioni antitrust per abusi sul mercato elettrico (Puntate 383 e 551 in onda il 15/1/19 e 23/11/22)

Puntata 551 in onda il 23/11/22 (Sanzioni a Enel)

Non è un periodo facile per il mercato al dettaglio dell’energia, tra retorica di prezzi politici europei sostanzialmente inattuabili, un mare di sussidi fiscali sulle bollette la cui insostenibilità è solo in attesa di manifestarsi in modo esplosivo e interventi populisti introdotti dal governo Draghi e confermati dall’attuale che limitano la libertà dei venditori di modificare le condizioni di prezzo anche nell’ambito delle loro prerogative contrattuali (ne ha scritto lo scorso 9 novembre l’ex presidente dell’Autorità dell’Energia Guido Bortoni – oggi presidente del CESI - su Milano Finanza).

A questo si aggiunge l’eterna retorica della politica contro la fine del cosiddetto mercato “tutelato”, che con il picco di prezzi all’ingrosso, cui le tariffe di tutela sono agganciate ha in realtà esposto i clienti a fluttuazioni maggiori rispetto a gran parte dei contratti – fissi – sul mercato libero. Fine che per il gas è stata rinviata per le famiglie al 10 gennaio 2024, data già fissata per l’elettricità. Si tratta solo dell’ultima di una serie di rinvii ormai rituali.

Rinvii che non ci hanno risparmiato di ricevere visite e telefonate scorrette da agenzie di venditori di energia che invece millantano una imminente fine delle tariffe di tutela e la presunta necessità immediata di firmare un nuovo contratto con il fornitore di turno. Necessità in realtà falsa perché i sistemi di transizione al mercato libero dei clienti ancora in tutela prevederanno – se mai ci si arriverà – un passaggio automatico gestito con presidi antitrust a protezione dei clienti.

E proprio Enel, il fornitore di gran lunga più importante in termini di numero di clienti finali, si è beccata una nuova multa dall’Antitrust per aver fatto telefonate ai clienti in tutela del tenore che ho appena descritto. L’aspetto grave a mio avviso riguarda non tanto la fornitura di informazioni distorte sulla fine della tutela, quanto il fatto di usare – stando all’indagine dell’antitrust – informazioni sull’anagrafica dei clienti in tutela che dovrebbero essere prerogativa del ramo d’azienda che svolge specificamente – e con logiche del tutto regolate – questo servizio. Società che dove Enel è gestore delle reti locali appartiene sempre al gruppo (e lo stesso vale per le ex municipalizzate in altre zone urbane d’Italia) ma che non dovrebbe avvantaggiarsi di questa contiguità.

Si tratta di un tipo di violazione simile a quella che portò pochi anni fa a una multa a Enel e Acea ancora più pesante e di cui Derrick scrisse, e su cui è possibile recuperare le informazioni, come sull’infrazione recente, sul blog Derrick Energia.

Puntata 383 in onda il 15/1/19 (Sanzioni antitrust a Enel e Acea per abusi sul mercato elettrico)

La befana 2019 ha portato a Enel più carbone di quel che brucia nella centrale di Civitavecchia (lo so: è una battutaccia) e non ha fatto bene nemmeno ad Acea. L’Antitrust ha infatti sanzionato la prima per circa 93 milioni e la seconda per circa 16 per “condotte abusive ed escludenti” nel mercato di vendita al dettaglio di energia elettrica a clienti domestici e piccoli non domestici. Concentriamoci sul procedimento contro Enel e vediamo com’è possibile riassumere le circa 90 pagine di motivazione della delibera (con alcuni omissis nella versione pubblica) sul procedimento classificato come A511.

Federico Faruffini, Lettrice
Galleria d'Arte Moderna, Milano
L’antitrust ha accertato che in un periodo recente di oltre 5 anni il gruppo Enel ha utilizzato i propri vantaggi informativi riguardo alla fornitura ai clienti elettrici della “maggior tutela” (cioè la tariffa a maggior tasso di regolazione da parte dall’Autorità dell’Energia) per svolgere campagne mirate alla transizione di quegli stessi clienti sul mercato libero (dove si trovano offerte comunque soggette a regole e vigilanza dall’Autorità, ma con un maggior grado di libertà competitiva degli operatori), campagne sempre operate nell’ambito del gruppo Enel, ancorché da parte di una società legalmente separata.

Secondo l’Antitrust, il fatto che non siano previste dalla regolazione di settore (e questo è evidentemente un limite della regolazione stessa) forme di separazione rilevanti tra il fornitore di maggior tutela e quello di mercato libero di uno stesso gruppo non toglie che approfittare per campagne sul mercato libero, in modo esclusivo o comunque discriminatorio, delle informazioni legate alla fornitura dei clienti in maggior tutela sia un abuso, visto che la disponibilità di tali informazioni deriva da un’attività in monopolio da cui non devono derivare vantaggi in attività di mercato.
A nulla è valso che Enel abbia fatto notare che la separazione tra i due filoni commerciali nel proprio gruppo fosse nel periodo considerato più intensa di quanto la regolazione di settore imponga.
L’Antitrust sulla base delle evidenze ha ritenuto che Enel abusando della propria posizione intendesse (e i risultati dimostrano un buon successo dell’operazione) esercitare una “preemption” del mercato della tutela, cioè una sorta di prelazione su quei clienti, svuotandone il bacino prima che ciò avvenisse con la legge concorrenza, che in una sua prima bozza prevedeva già a metà di quest’anno la fine delle tariffe di “maggior tutela” e qualche forma (non ancora definita peraltro) di transizione regolata di quei clienti sul mercato libero.

In che modo il set di regole del mercato elettrico al dettaglio ha reso possibile l’abuso contestato? A mio parere, attribuendo in modo non contendibile ai gestori di reti locali di distribuzione la fornitura del servizio di maggior tutela, senza prevedere adeguate segregazioni all’interno dei gruppi interessati rispetto alle attività sul mercato libero. O senza prevedere, in alternativa, la terziarizzazione delle informazioni commerciali riguardanti i clienti in tutela, in modo che l’accesso a queste informazioni possa essere non discriminatorio per tutti i fornitori sul mercato.
Terziarizzazione che potrebbe avvenire grazie al cosiddetto “Sistema Informativo Integrato”, un database dell’Acquirente Unico, la società pubblica che fornisce all’ingrosso l’energia per i clienti del mercato "tutelato". Ma se le azioni di “preemption” stanno funzionando, c’è il rischio che quando una simile terziarizzazione ci sarà sarà già troppo tardi.


Link utili:

martedì 15 novembre 2022

Il gas nazionale (Puntata 550 in onda il 15/11/22)

Vigne nei pressi di Biassa (SP)
L’uso di gas nazionale per i clienti energivori previsto nel decreto sostegni quater recentemente
licenziato dal governo è una fotocopia dell’impostazione del governo Draghi.

Se è vero che lo sfruttamento del gas nazionale è stato in parte limitato da un irrigidimento delle norme sulle concessioni, è più vero che la riduzione della produzione si deve soprattutto al progressivo esaurimento delle riserve. Meno ne rimangono, più si tratta di giacimenti costosi e marginali spesso non competitivi con quelli dei grandi esportatori (come i paesi del Golfo o gli USA) nemmeno tenendo conto dei minori costi di trasporto.

Il Governo ha parlato di un miliardo e mezzo addizionale all’anno di metri cubi di produzione possibili su un consumo italiano di oltre 70, una quantità che non modificherebbe il prezzo di mercato e che arriverebbe – per le nuove concessioni – in ritardo rispetto ai prossimi (pochi) inverni critici a fronte di previsioni di consumo in calo evidente.

Riguardo al rapporto tra gas nazionale e sconti alle aziende gasivore, si tratta di una connessione solo apparente. Infatti il decreto non prevede alcuna relazione fisica tra nuova produzione e aziende beneficiarie, bensì contratti finanziari che il Gestore dei Servizi Energetici stipulerebbe con i nuovi concessionari e che impegnerebbero le parti a compensare il prezzo della quantità di gas contrattualizzata rispetto al suo valore di mercato. Funzionerà così: se il prezzo di mercato supera quello pattuito nel contratto, il produttore (che il gas lo vende comunque sul mercato) paga la differenza al GSE, mentre se il prezzo è più basso la riceve. Quindi il GSE si troverebbe in mano un diritto/obbligo di pagare il gas una certa cifra prestabilita indipendentemente dal suo valore sul mercato. Dopodiché farebbe simili contratti (per la stessa quantità di gas sotteso) con i clienti aventi diritto, rovesciando a loro lo stesso diritto/obbligo.

La norma non prevede maggiori oneri per il GSE (se non l’impegno di occuparsi della cosa, immagino) e quindi nemmeno rischi in capo a lui, voglio sperare. Se è così, i clienti gasivori che si impegnano nel lungo termine a pagare il gas un prezzo minimo di almeno 50 €/MWh previsto nel decreto si prendono un bel rischio, visto che la storia del mercato vede prezzi in genere più bassi.

Se invece i clienti finali possono sfilarsi dal contratto quando vedono prezzi di mercato più bassi e lasciare il cerino acceso in mano al GSE, allora c'è un rischio di danno erariale per i contribuenti, che si ritroverebbero a trasferire tanto più denaro ai concessionari della produzione di gas quanto più se ne abbassano i prezzi.

Se quindi l’idea del Governo è recuperare risorse per abbassare le bollette (speriamo in modo selettivo), contratti come questi avrebbero un effetto controproducente in uno scenario di normalizzazione dei prezzi. Prolungherebbero infatti gli “extraprofitti” delle aziende del gas anche molto dopo la crisi.

Piuttosto che questo, sarebbe una buona idea allineare l’Italia agli altri paesi occidentali ed eliminare le franchigie che oggi rendono le royalty in capo ai concessionari di gas in Italia molto più basse.

Che poi parlare di royalty eque suonerebbe anche meglio rispetto a “tassare gli extraprofitti”, no? 

sabato 5 novembre 2022

Mattei torna qui! (Puntata 548 in onda il 1/11/22)

Enrico Mattei
Questo mio articolo è apparso su Il Tempo il 5/11/22 a pag. 12 con il titolo "Andiamo in Africa come partner industriali" .

Come lui sono nato nell’entroterra pesarese e dopo la laurea mi sono formato alla scuola di energia che porta il suo nome a San Donato Milanese: figuriamoci se non ammiro la figura di Enrico Mattei, di cui il 27 ottobre è ricorso l’anniversario della morte.

In Eni girava uno scherzo secondo cui l’acronimo SNAM, nome della società che è stata anche il monopolista della commercializzazione del gas in Italia, significasse in realtà Siamo Nati A Matelica, cittadina non lontana da dove Mattei nacque e da dove il gruppo Eni in effetti aveva aperto sedi forse motivate dalla sua attenzione a quel territorio.

Mattei fu incaricato di liquidare l’Agip e invece le procurò spazi prima inimmaginabili grazie all’innovazione con cui ruppe il cartello delle major petrolifere concedendo nuove prerogative ai paesi produttori che si affacciavano sul mercato. In Italia “inventò” il gas naturale, che avrebbe permesso al sistema energetico nazionale di non ricorrere troppo al carbone nell'industria e nella produzione di elettricità, anche se per abbandonare l’olio combustibile ci vollero la privatizzazione dell’Enel e l’introduzione della concorrenza con una nuova stagione di investimenti.

La presidente Meloni lo ha citato come innovatore riguardo ai suoi rapporti con l’Africa, un innovatore capace di leggere le tendenze economiche e tecnologiche globali e di fare nello stesso tempo gli interessi dell’industria energetica nazionale.

Cosa farebbe Enrico Mattei oggi? Dove accompagnerebbe i politici (che lui si vantava di usare “come si usa un taxi” – chissà se anche questo piace a Meloni) a farsi patrocinare accordi e investimenti? Su quali energie e tecnologie punterebbe?

Immagino che guarderebbe al futuro come fece allora. Il “suo” gas era uno strumento di emancipazione tecnologica, ecologica ed economica, mentre parlare oggi di “gas di transizione” in un paese che quella transizione l’ha fatta tra i primi al mondo suona quantomeno intempestivo, così come averlo promosso all’interno della tassonomia UE degli investimenti verdi da parte italiana è masochistico, visto che da noi quegli investimenti sono già stati fatti.

E magari, come suggerisce Meloni, Mattei guarderebbe come allora all’Africa, ma non per proporre lì un ulteriore sviluppo delle energie fossili (peraltro in piena contraddizione con accordi siglati dall’Italia a margine della COP26), bensì per arrivare in anticipo come partner industriale nelle tecnologie della nuova energia.

Tecnologie che nella parte più rurale dell’Africa, che deve ancora sviluppare un sistema elettrico moderno, potrebbero passare per percorsi innovativi anche in confronto all’Europa, fatti di reti locali intelligenti, di gestione flessibile della domanda, di accumuli e produzione elettrica distribuita da fonti rinnovabili. O, nel Mediterraneo, fatta di quegli elettrodotti sottomarini tra Italia e Nord Africa di cui chissà perché si parlava vent’anni fa più di quanto si faccia oggi. Ne uscirebbe un’Italia hub non del gas, bensì delle energie rinnovabili e delle loro tecnologie, facilitando anche il collegamento del futuro eolico offshore mediterraneo.

L’esempio di Enrico Mattei, la sua capacità di guardare lontano e rovesciare i tavoli delle convenzioni e del business as usual, sono necessari oggi quanto e più di allora. Ne hanno bisogno l’industria italiana dell’energia e i suoi clienti, ne hanno bisogno le politiche del clima.