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Intanto, la
diffusione di pratiche scorrette di acquisizione dei clienti ha fatto perdere
fiducia verso i fornitori, anche se probabilmente le agenzie scorrette sono
state una minoranza (ma una minoranza molto infestante). Poi, la lettura delle
bollette è oggettivamente un po’ difficile e diventa impossibile se i clienti
non comprendono la differenza tra corrispettivi applicati su abbonamento, altri
sulla potenza installata (in kW) e altri ancora, incluso il prezzo della
materia prima energia, in energia (kWh).
Forse è proprio una
reazione alla complessità quel che fa preferire a gran parte dei clienti le offerte
a prezzo fisso, in cui nemmeno il prezzo della materia prima cambia durante la
vita del contratto. È un bene? Per niente: è un’abitudine che conviene
toglierci il prima possibile. Vediamo perché.
L’elettricità per
ora è stoccabile solo in minima parte. Di conseguenza, i consumi di un
determinato momento vengono assicurati dalla produzione di quello stesso
momento.
Nei primi 9 mesi del
2024 in Italia circa il 43% dell’energia è stata fornita dalle fonti
rinnovabili, parte delle quali non sono programmabili (soprattutto sole e
vento), benché ragionevolmente prevedibili con sempre maggiore accuratezza man
mano che si avvicina il momento di produzione e consumo.
Ora, l’energia da sole
e vento non ha costi variabili. Ne ha di fissi (per esempio costruzione degli
impianti, manutenzione, acquisizione degli spazi), ma la conversione di
quantità maggiori o minori di sole o vento in energia nell’ambito della potenza
dell’impianto non ne modifica i costi.
Il complemento al 43%
di energia da rinnovabili lo produciamo in Italia quasi tutto con il gas,
combustibile fossile dannoso per il clima e non economico. In questo periodo costa
oltre 40€/MWh che tenendo conto dell’efficienza di conversione in elettricità
di una centrale moderna implica un costo del MWh elettrico da gas sui 100€,
mentre il prezzo nella borsa elettrica ultimamente è anche più alto di così
(sì: probabilmente i produttori ci fanno la cresta, mia personalissima opinione).
Dunque: se io
accendo una lavatrice quando sole e vento sono sufficienti a coprire tutto il
fabbisogno del momento e anche quello della mia lavatrice, non serve bruciare
gas e quindi non aggiungo alcun costo al sistema, né economico né climatico. Se
invece la lavatrice la accendo quando l’energia delle rinnovabili non avanza, i
costi ci sono.
Ha senso che il
nostro prezzo a casa sia uguale in queste due evenienze? No, per niente.
Avrebbe senso semmai essere incentivati (magari attraverso un sistema di
risposta automatica degli apparecchi a un segnale di prezzo elettronico tramite
il contatore) a consumare nelle ore con sufficienti sole e vento.
Gran parte dei
contatori casalinghi sono già in grado di attribuire il consumo al momento in
cui avviene, quindi basterebbe che i fornitori ne tenessero conto nelle loro
fatture per indurci a modulare i consumi sulla base della disponibilità di
rinnovabili.
Invece, per ora quasi
tutti i fornitori, anche nelle offerte con prezzo differenziato per fasce
orarie e in quelle a prezzo agganciato alla borsa elettrica, usano una media
mensile del prezzo, non quello effettivo delle ore in cui si è consumato.
In altri paesi
europei le cose vanno meglio. Ho visto aziende promuovere contratti associati a
impianti da fonti rinnovabili e con prezzo che cambia sulla base dell’effettiva
produzione di tali impianti. Ci arriveremo anche noi? Cosa abbiamo investito a
fare oltre 4 miliardi di euro in nuovi contatori se a distanza di anni non ne
usiamo ancora le capacità?
Ringrazio per la consulenza Marco Ballicu, mentre come sempre tutta la responsabilità è di Michele Governatori, che vi saluta.
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