Pagine

sabato 22 febbraio 2025

Non bastano le nuove tecnologie (Puntata 659 in onda il 18/2/25)

Meno di due mesi fa guidavo uno scooter nella fiumana del traffico lento e impressionante di Ho Chi Min city, Vietnam meridionale, e passavo dalla sensazione d’insicurezza in mezzo a tutto quel casino al fatalismo sul fatto che seguire il flusso non fosse poi così difficile malgrado l’orda di clacson provenienti da ogni direzione.

Mi godevo l’aria calda e relativamente secca del dicembre vietnamita ma purtroppo respiravo anche chissà quanto inquinamento. Già, perché quei milioni di scooter strombazzanti e occupati perlopiù da giovani in maglietta erano pressoché tutti a combustione, manco fossimo a Roma. Non troppi giorni prima invece ero in Cina, dove i motorini con motore tradizionale sono ormai una rarità e credo proprio del tutto banditi dalle principali metropoli.

Ma torniamo a oggi. È sabato (mi riduco sempre al weekend per fare Derrick, mannaggia a me) e ho letto poco fa sull’ultimo Economist un articolo su come i produttori di auto cinesi si preparino in risposta ai dazi statunitensi a esportare ancora di più tra l’altro in Russia, Europa (altri dazi permettendo) e resto del SudEst asiatico. Ma quante delle auto cinesi complessivamente esportate sono elettriche? Circa un quarto, scrive l’Economist.

Insomma, quel che avevo notato con gli scooter, vale anche con le auto: il leader mondiale dell’auto elettrica (che intende rimanerlo e ha massicciamente investito per questo) esporta per ora soprattutto auto a combustione anche poco fuori dai propri confini. Così com’è vero che la Cina, che installa recentemente ogni anno sul suo territorio la maggioranza assoluta della capacità di produrre elettricità verde del mondo intero, mantiene la stessa leadership con le centrali a carbone.

La disponibilità di tecnologie avanzate – in questo caso rispetto alla sostenibilità ambientale – come si vede non comporta automaticamente la dismissione accelerata di quelle arretrate. Troviamo esempi anche da noi: anche a causa di folli sussidi di retroguardia, oggi in Italia gli stessi produttori di pompe di calore elettriche, più efficienti e pulite, vendono e promuovono ancora le caldaie a gas.

Un paper dell’economista Hans Verner Sinn una quindicina d’anni fa mostrò come la consapevolezza di norme future più stringenti in termini di tassazione delle emissioni di CO2 renda razionale per le imprese petrolifere accelerare, anticipandola, l’estrazione di idrocarburi.

Comportamenti economicamente sensati: fare soldi finché si può con prodotti già sviluppati, in attesa che quelli nuovi coprano tutto il mercato.

Le strategie intertemporali (razionali) dei soggetti economici dunque possono portare a risultati indesiderabili rispetto alle politiche, se queste ultime non sono abbastanza furbe da anticiparle. Restando sulla tassazione delle emissioni dannose, economisti come la star dell’MIT Daron Acemouglu sostengono che essa non basti a innescare una transizione rapida ed efficiente senza la compresenza di altre norme più impositive, per esempio standard tecnologici ambientali.

Il messaggio al legislatore è: se stai incentivando tecnologie future perché ne ritieni urgente l’adozione, forse dovresti anche pianificare l’uscita da quelle vecchie. Il perseverare anche in Italia di incentivi alle fonti fossili di energia, stabilmente più alti che a quelle verdi, non va in questa direzione.

Questa puntata si può ascoltare qui.

domenica 9 febbraio 2025

Il gas nell'era del protezionismo (Puntata 658 in onda l'11/2/25)

Torniamo a parlare di gas, perché nella prima settimana di febbraio 2025 sono state scritte e fatte cose rilevanti in materia. Intanto c’è Trump, che minaccia il mondo di dazi e nello stesso tempo si prepara a esportare più gas e petrolio, evidentemente senza considerare serio il rischio di contromosse a loro volta protezioniste dai Paesi colpiti (oppure solo per sondarne le reazioni e poi effettivamente decidere il da farsi). Nel caso della Cina una prima tranche di dazi è stata introdotta, e la reazione di Pechino ha visto nei giorni precedenti, saggi consigli da Xi Jinping a Trump in cui lo si invitava a tenere conto che i dazi fanno male a tutti, inclusi (anzi, spesso: soprattutto) coloro che li iniziano. Poi, a dazi introdotti, una reazione proprio sull’import cinese di idrocarburi statunitensi. Una mossa che probabilmente Pechino si può permettere perché non aderendo alle sanzioni al petrolio russo beneficia di prezzi scontati su questa fonte.

Il nostro ministro Urso in tutto questo ha dichiarato che “dovremmo guardare con attenzione al gas americano” e direi che stiamo già facendo di più: lo stiamo acquistando per alimentare i nuovi porti per le navi metaniere. In uno scenario però apparentemente contraddittorio in cui da un lato questi porti in Europa così come la capacità di trasporto via nave sono sottoutilizzati, dall’altro i prezzi del gas salgono. Un eccesso di capacità infrastrutturale a fronte invece di una relativa scarsità di gas.

Questo eccesso di capacità riguarda l’Europa in generale, malgrado nel 2024 si sia interrotta la tendenza di riduzione dei consumi. Anche in Germania solo una frazione minima del gas, rispetto al potenziale, è arrivata attraverso i nuovi rigassificatori galleggianti nel 2024. I contribuenti o pagatori di bollette tedeschi almeno possono consolarsi per il fatto che quelle navi-rigassificatrici sono state noleggiate, mentre la nostra attraccata a Piombino e l’altra di Ravenna le abbiamo, ahinoi, comprate.

Tra le analisi sull’eccesso di capacità di trasporto e ricezione di gas liquefatto segnalo rispettivamente Sissi Bellomo sul Sole 24 Ore del 1/2/25 e lo studio IEEFA pubblicato pochi giorni prima (link sotto).

Ma la situazione potrebbe diventare ancora più estrema se si avverasse uno scenario che di colpo sembra meno remoto rispetto a solo poche settimane fa: una riapertura dei flussi via tubo dalla Russia via Ucraina dopo la chiusura totale a inizio anno. Un’ipotesi considerata non da autori di fantapolitica ma dall’executive vice president di Equinor, la società petrolifera norvegese, in un’intervista a Laurence Walker di Montel del 5/2/25. Se si arrivasse a un armistizio, dice Irene Rummelhoff, è ragionevole che riprenderemmo a usare i tubi via Ucraina per 27 miliardi di metri cubi all’anno di gas russo verso l’Europa, il che spiazzerebbe ancor più quello liquefatto.

Si tratta di una prospettiva verosimile? Non lo so. Quel che, forse acrobaticamente, osservo è che con un Trump che si disimpegna nell’aiuto militare all’Ucraina e colpisce l’Europa coi dazi usare la leva del gas con Putin da parte dell’Europa potrebbe da un lato compensare la minor forza militare senza gli USA, dall’altro reagire ai dazi americani colpendo il gas del golfo del Messico, pardon: d’America.


Link

martedì 4 febbraio 2025

Autoproduzione domestica di energia - intervista a Enrico Palmieri (Puntata 657 in onda il 4/2/25)

Torna su Derrick un’intervista a persone che trasformano le proprie case in luoghi di autoproduzione di energia solare con vantaggi per l’ambiente e il portafogli.

In questa puntata tocca a Enrico Palmieri, commercialista marchigiano che ringrazio per la sua testimonianza.

L’intervista è qui