Piazzetta a Castel di Tora (RI) |
Quali sono alcune rilevanti, se non le principali sfide sociali ed
economiche con cui dobbiamo confrontarci? Per quanto riguarda l’Italia direi:
- La necessità di investimenti pubblici, soprattutto in istruzione, giustizia, ambiente
- L’emergenza sanitaria
delle circa 80 mila morti premature all’anno per inquinamento soprattutto da
polveri sottili e ossidi d’azoto, in primis nei centri urbani della val Padana
(solo Italia e Polonia in Europa hanno numeri così spaventosi)
(La questione ambientale, naturalmente, si colloca nell’ambito della lotta globale ai cambiamenti climatici riguardo a cui l’Italia è impegnata per la sua parte in base agli accordi internazionali nell’ambito delle Nazioni Unite). - La povertà e la stagnazione economica.
Sarebbe favoloso se ci
fosse una famiglia di interventi alla portata di agenda politica in grado di
avere effetti positivi su tutte le questioni che ho elencato, no?
Bene, uno strumento promettente c'è: si tratta di una revisione della fiscalità con le seguenti
caratteristiche di massima:
Colpire meno la
produzione di reddito e più i consumi (l’Italia – che ha tasse generalmente
alte per chi le paga – è piuttosto sbilanciata sui redditi)
e disincentivare consumi o attività dannosi all’ambiente, e cioè che contribuiscono:
- Al depauperamento della qualità dell’ambiente il cui degrado genera anche costi sanitari
- Al consumo irrazionale di capitale ambientale pubblico (alla cui disponibilità anche le prossime generazioni hanno diritto)
- Ai cambiamenti climatici (tramite emissione di gas a effetto-serra)
Una simile trasformazione
non riguarderebbe solo una modifica alle aliquote esistenti delle varie
imposte, ma anche una revisione della spesa fiscale, cioè del sistema delle
esenzioni, che in Italia è così vasto che una riduzione shock delle imposte sui
redditi per tutti potrebbe finanziarsi esclusivamente con tagli a regimi di
favore per alcuni.
(Piccolo commento utile
ai non economisti: quando si parla di tasse al consumo, le stesse valutazioni e
ricette si possono applicare quasi indifferentemente alle tasse alla
produzione. Esempio: se io metto un’accisa sul gas utilizzato per produrre
elettricità posso chiamarla tassa sulla produzione di elettricità ma gli
effetti si spostano comunque su chi l’elettricità la consuma. Entrambe sono
imposte indirette, cioè che si applicano a transazioni e non alla generazione
di reddito in sé).
Se una revisione organica
del fisco nelle modalità di cui sopra ha potenzialmente così tanti vantaggi,
perché viene auspicata in tanti accordi intergovernativi e risoluzioni
parlamentari (anche in Italia) ma poi non attuata?
Una delle ragioni è che
mettere le mani sul fisco significa produrre effetti distributivi anche
importanti. Infatti lo si fa proprio per modificare gli incentivi economici di
persone e imprese, e quindi soprattutto nel breve periodo c’è chi ci perde. E
le categorie, anche piccole, che vengono immediatamente danneggiate sono
tipicamente più interessate a farsi sentire e competenti sulla questione che le
tocca di quanto lo sia l’opinione pubblica nel suo complesso. E per ridurre le
rendite servono politici bravi, di lunghe vedute e capaci di ottenere consenso
comunicando il senso del progetto e utilizzando sistemi di salvaguardia
temporanei.
Una riforma del genere è
tanto più urgente quanto più inadeguato è il sistema fiscale e parafiscale
attuale rispetto agli obiettivi. Ce lo ricorda la nuova edizione del Catalogo
dei sussidi rilevanti per l’ambiente del Ministero dell’Ambiente, recentemente diffuso
e disponibile al link sotto. Un documento fondamentale e direi drammatico,
che ci dice che sulla base di dati 2017 il sistema di sussidi pubblici
diretti (trasferimenti), delle imposte e delle tariffe regolate in settori energia, acqua,
rifiuti, ambiente sussidia attività dannose all’ambiente per oltre 19 miliardi/anno,
mentre le aiuta per 15.
In altri termini: una
revisione del sistema del fisco, delle tariffe e dei trasferimenti pubblici è
urgente anche perché esso oggi ha un effetto netto dannoso all’ambiente e
quindi a tutti gl’investimenti correlati alla sua salvaguardia e al progresso
tecnologico relativo.
È come se noi pedalassimo
verso la sostenibilità e l’innovazione ambientale, e qualcuno, sempre all’interno
dello Stato, frenasse con più forza di quella esercitata sui pedali.
Entriamo nel merito della seconda edizione del Catalogo.
Premessa importante:
cos’è un sussidio? Nella definizione OCSE, usata dal team di economisti in
servizio al Ministero dell’Ambiente che hanno lavorato al documento, un
sussidio è un trasferimento pubblico diretto o uno sconto fiscale o in tariffe
regolate, che abbia l’obiettivo di garantire un vantaggio economico a chi lo
riceve rispetto ai prezzi di mercato per la transazione a cui si riferisce.
Quindi, per esempio, in questa definizione, se la pubblica amministrazione
compra un bene o un servizio, questo non è un sussidio a chi lo vende, a meno
che esso non sia pagato più del valore di mercato.
L’attuale edizione del
catalogo è la seconda (anche la prima è stata considerata qui, e sotto c’è il link alle vecchie puntate) e comporta alcune novità, tra cui:
- Analizza solo sussidi potenzialmente rilevanti per l’ambiente (comprensibile, anche se in parte è un peccato perché la precedente edizione era interessante anche come mera analisi complessiva della spesa fiscale in Italia, analisi che oggi è portata avanti, a mio avviso con parecchie lacune, da una apposita commissione MEF che produce un allegato al documento di economia e finanza - Vd. link sotto su spesa fiscale)
- Include un’analisi di finanziamenti istituzionali italiani a progetti internazionali
- Considera nuovi sussidi dannosi all’ambiente, i più interessanti dei quali mi sembrano:
- vantaggi fiscali alle auto aziendali a uso promiscuo (questo è un tema clamoroso cui dedicheremo una puntata specifica per la quale ho già chiesto aiuto all’economista italiano che più se n’è occupato stando alla bibliografia dello stesso Catalogo)
- sconti nelle tariffe del servizio idrico
- sconti a clienti energivori nelle bollette elettriche
Questi ultimi due punti
meritano una piccola digressione: anche nell’impostazione recente della
legislazione UE si prevede che alcune forme di welfare su beni essenziali come
l’acqua e l’energia debbano passare attraverso prezzi politici nell’accesso a
tali beni. Questo comporta gravi effetti collaterali sull’uso razionale delle
risorse stesse, ed è spesso anche dannoso sul piano redistributivo. Per
esempio: io che consumo meno acqua ed elettricità in casa rispetto alle
quantità considerate normali ricevo una riduzione fiscale del prezzo di questi
beni. Il che mi rende meno interessato a consumarli razionalmente. Inoltre, il
mio reddito non è così basso da poter considerarmi in condizioni di povertà
energetica e idrica, e questi sconti sono pagati anche da contribuenti che
nell’ambito del sistema fiscale progressivo non dovrebbero trasferire risorse a
me. Diciamo che la retorica dell’”acqua pubblica” (definizione che di per sé
è molto ambigua) sta facendo danni legislativi, rendendo l’acqua
più “pubblica” sì, ma nel senso che i suoi sprechi sono pagati con risorse
pubbliche.
Quanto sono davvero ambientali le imposte ambientali attuali?
Lo studio European
Implementation Review delle politiche ambientali della Commissione UE, citato
nel Catalogo, ci dice che le imposte ambientali nell’UE 28 sono solo il 6,3%
circa di entrate fiscali e contributi previdenziali e meno del 2,5% del PIL (il valore
più alto è in Danimarca e il più basso in Slovacchia).
L’Italia si colloca in fascia alta, il che porta a dire che le imposte ambientali in Italia ci sono (in termini di loro classificazione formale) ma – alla luce del Catalogo e di altri studi - apprendiamo che esse sono sia inadeguate a disincentivare le attività effettivamente dannose all’ambiente, sia largamente insufficienti a contrastare i sussidi dannosi.
L’Italia si colloca in fascia alta, il che porta a dire che le imposte ambientali in Italia ci sono (in termini di loro classificazione formale) ma – alla luce del Catalogo e di altri studi - apprendiamo che esse sono sia inadeguate a disincentivare le attività effettivamente dannose all’ambiente, sia largamente insufficienti a contrastare i sussidi dannosi.
In effetti una parte
importante delle imposte classificabili come ambientali si applica alla
produzione o consumo di energia e ai trasporti che solo approssimativamente –
anche se negli anni ci sono stati miglioramenti per esempio sulla tassa di
possesso auto e con il recente ecobonus - si legano a danni ambientali (per
esempio: le accise sui carburanti non sono legate alle emissioni dannose, e su questo
nel Catalogo c’è un ampio focus sulla disparità di trattamento di accise tra
benzina e gasolio per autotrazione, dove quest’ultimo continua a essere
irrazionalmente avvantaggiato).
Veniamo finalmente a
una sintesi dei numeri principali del Catalogo:
Sussidi Ambientalmente
Dannosi (SAD) indiretti – cioè erogati tramite facilitazioni d’imposta o di parafiscalità in bolletta: (dove
non specificato stime 2018 – arrotondamento ai 50 milioni più vicini) (in milioni di Euro)
- Esenzione accisa energia elettrica a consumatori domestici residenti con potenza installata bassa e solo su una prima fascia di consumi: circa 600 (destinati peraltro a ridursi)
- Esenzione accisa carburanti aerei: 1.600 (2017)
- Riduzione accisa carburante navigazione marittima: 500 (2017)
- Riduzione accisa carburante autotrasporto pesante: 1.250
- Sussidi indiretti a impiego prodotti energetici in agricoltura: 850
- Differente accisa gasolio-benzina: 4.900
- Agevolazioni a grandi consumatori di energia: 1.250 (la tabella del Catalogo considera queste esenzioni assenti due anni prima, ma in realtà venivano comunque erogate in altre forme, alcune delle quali tutt’ora esistenti)
- Vantaggi fiscali a auto aziendali: 1.250 (2017)
Il tutto a fronte di
sussidi diretti favorevoli di circa 15 miliardi, di cui 12 di sussidi alle
fonti d’energia rinnovabili, attraverso le bollette elettriche.
Gli autori del documento
Chi c’è dietro la
redazione di un testo così vasto, accurato e importante? Un team di economisti
ambientali di un’agenzia esterna al Ministero dell’Ambiente, chiamata
Sogesid, i cui servizi la legge di bilancio 2019 prevede saranno
progressivamente non più acquistati dal Ministero con stop totale nel 2024. Non
sappiamo quindi con quali risorse umane e di competenza potrà continuare questo
lavoro fondamentale di supporto alle politiche di transizione ambientale.
Link utili:
- Seconda edizione del Catalogo dei sussidi del Ministero dell'Ambiente: https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/sviluppo_sostenibile/csa_ii_edizione_2017_luglio_2018.pdf
- Tutte le puntate di Derrick sul Catalogo: http://derrickenergia.blogspot.com/search?q=catalogo+dei+sussidi+dannosi+all%27ambiente
- Puntate di Derrick sulla spesa fiscale:
http://derrickenergia.blogspot.com/2017/05/la-lista-della-spesa-puntata-311.html
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