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domenica 27 ottobre 2024

Quando consumi? (Puntata 643 in onda il 29/10/2024)

Biblioteca
all'Università Statale
di Milano 
Non si può dire che i venditori di elettricità abbiano complessivamente fatto un buon lavoro nell’aiutare i clienti a diventare consapevoli di come se ne forma il prezzo.

Intanto, la diffusione di pratiche scorrette di acquisizione dei clienti ha fatto perdere fiducia verso i fornitori, anche se probabilmente le agenzie scorrette sono state una minoranza (ma una minoranza molto infestante). Poi, la lettura delle bollette è oggettivamente un po’ difficile e diventa impossibile se i clienti non comprendono la differenza tra corrispettivi applicati su abbonamento, altri sulla potenza installata (in kW) e altri ancora, incluso il prezzo della materia prima energia, in energia (kWh).

Forse è proprio una reazione alla complessità quel che fa preferire a gran parte dei clienti le offerte a prezzo fisso, in cui nemmeno il prezzo della materia prima cambia durante la vita del contratto. È un bene? Per niente: è un’abitudine che conviene toglierci il prima possibile. Vediamo perché.

L’elettricità per ora è stoccabile solo in minima parte. Di conseguenza, i consumi di un determinato momento vengono assicurati dalla produzione di quello stesso momento.

Nei primi 9 mesi del 2024 in Italia circa il 43% dell’energia è stata fornita dalle fonti rinnovabili, parte delle quali non sono programmabili (soprattutto sole e vento), benché ragionevolmente prevedibili con sempre maggiore accuratezza man mano che si avvicina il momento di produzione e consumo.

Ora, l’energia da sole e vento non ha costi variabili. Ne ha di fissi (per esempio costruzione degli impianti, manutenzione, acquisizione degli spazi), ma la conversione di quantità maggiori o minori di sole o vento in energia nell’ambito della potenza dell’impianto non ne modifica i costi.

Il complemento al 43% di energia da rinnovabili lo produciamo in Italia quasi tutto con il gas, combustibile fossile dannoso per il clima e non economico. In questo periodo costa oltre 40€/MWh che tenendo conto dell’efficienza di conversione in elettricità di una centrale moderna implica un costo del MWh elettrico da gas sui 100€, mentre il prezzo nella borsa elettrica ultimamente è anche più alto di così (sì: probabilmente i produttori ci fanno la cresta, mia personalissima opinione).

Dunque: se io accendo una lavatrice quando sole e vento sono sufficienti a coprire tutto il fabbisogno del momento e anche quello della mia lavatrice, non serve bruciare gas e quindi non aggiungo alcun costo al sistema, né economico né climatico. Se invece la lavatrice la accendo quando l’energia delle rinnovabili non avanza, i costi ci sono.

Ha senso che il nostro prezzo a casa sia uguale in queste due evenienze? No, per niente. Avrebbe senso semmai essere incentivati (magari attraverso un sistema di risposta automatica degli apparecchi a un segnale di prezzo elettronico tramite il contatore) a consumare nelle ore con sufficienti sole e vento.

Gran parte dei contatori casalinghi sono già in grado di attribuire il consumo al momento in cui avviene, quindi basterebbe che i fornitori ne tenessero conto nelle loro fatture per indurci a modulare i consumi sulla base della disponibilità di rinnovabili.

Invece, per ora quasi tutti i fornitori, anche nelle offerte con prezzo differenziato per fasce orarie e in quelle a prezzo agganciato alla borsa elettrica, usano una media mensile del prezzo, non quello effettivo delle ore in cui si è consumato.

In altri paesi europei le cose vanno meglio. Ho visto aziende promuovere contratti associati a impianti da fonti rinnovabili e con prezzo che cambia sulla base dell’effettiva produzione di tali impianti. Ci arriveremo anche noi? Cosa abbiamo investito a fare oltre 4 miliardi di euro in nuovi contatori se a distanza di anni non ne usiamo ancora le capacità?

Ringrazio per la consulenza Marco Ballicu, mentre come sempre tutta la responsabilità è di Michele Governatori, che vi saluta. 

domenica 20 ottobre 2024

Musk partigiano (Puntata 642 in onda il 22/10/24)

L'aeroporto di Londra City sul Tamigi
Un articolo del New York Times del secondo weekend di ottobre 2024 mi convince a scrivere la puntata di Derrick che avevo in mente da un po’: cosa sta succedendo a Elon Musk, l’uomo credo più ricco del mondo e imprenditore geniale capace fondare e gestire in parallelo aziende ognuna delle quali innova in modo radicale il settore di cui si occupa, l’imprenditore che ha di fatto imposto al mondo l’agenda dell’auto elettrica più di qualunque presunta liberticida norma europea e senza il quale gli astronauti americani attualmente nella base spaziale internazionale non sarebbero in condizione di rientrare? Perché Musk a partire dalla scorsa estate ha deciso di esporsi così nettamente a favore di Trump nella corsa alla Casa Bianca?

Non è la prima volta che Musk parteggia pubblicamente per un politico. L’ha già fatto per il governatore della florida Ron De Santis, e in quella occasione Musk ha descritto Trump come ormai sulla via del tramonto, e anche peggio. Da qualche tempo, invece, sul suo social X (ex Twitter) appoggia Trump non solo senza riserve, ma anche abbandonandosi ad affermazioni palesemente insensate. Tra cui che in caso di vittoria di Harris finirebbero a tempo indeterminato le elezioni libere negli USA, perché la politica di immigrazione facile dei democratici renderebbe per motivi di mix elettorale permanentemente in vantaggio i gruppi sociali favorevoli ai democratici. Un’affermazione che si basa, tra le altre cose, sull’assunzione che gli stessi tipi di polarizzazione delle attuali campagne elettorali siano destinati a riproporsi identici in futuro, e sugli stessi temi.

“Se Trump perde, non andremo mai su Marte: una questione esistenziale” ha anche scritto Musk su X, ogni volta raggiungendo decine di milioni di lettori.

Secondo il NYT Musk avrebbe già contribuito per mezzo miliardo di dollari alla campagna dell’ex presidente. Si è perfino presentato sul palco di un suo recente comizio in Pennsylvania.

Perché lo fa, esponendosi così tanto su un esito incerto? D’ora in poi le opinioni sono mie e esulano dall’articolo del NYT.

Parto dal presupposto che Musk sia molto più intelligente di me e che quindi conosca bene la debolezza di certe sue affermazioni su Twitter, e che consideri l’ipotesi di una vittoria di Harris.

Evidentemente pensa che i vantaggi di aver supportato Trump in caso di sua vittoria superino gli svantaggi in caso di vittoria di Harris. Inoltre, dopo l’acquisto incauto di X la cui platea attuale è forse in partenza già favorevole a Trump, usarlo senza ulteriori costi per una campagna che gli porterebbe concreta gratitudine in caso di successo è razionale. Non per niente Trump ha già promesso a Musk un posto in non ricordo quale agenzia governativa.

Nello stesso tempo, in caso di vittoria di Harris, difficilmente Musk si farebbe problemi a cambiare di nuovo idea, e difficilmente Harris rifiuterebbe il riavvicinamento di un imprenditore con la sua influenza e il suo portafogli.

Io, però, che sono forse troppo ingenuo, perdo fiducia in chi mi dà l’impressione di dire cose a cui non crede sulla base della convenienza. Mi piace pensare che questo alla lunga danneggi chi lo fa (anche se so bene che spesso – forse il più delle volte - non è così), sicché ho venduto le mie azioni Tesla quando ho visto il primo dei tweet assurdi di Musk. Credo di averci già perso dei soldi.
 

sabato 12 ottobre 2024

Il futuro nucleare secondo il Governo (Puntata 641 in onda il 15/10/24)

Una centrale termica a pellet

Il 9 ottobre 2024 il ministro Pichetto Fratin è stato audito in Parlamento sulle prospettive dell’energia nucleare in Italia. Ecco la mia sintesi della memoria che ha presentato.

La prima notizia mi sembra l’abbandono delle velleità verso centrali nucleari dell’unica dimensione esistente oggi al mondo: cioè quelle grandi, che tipicamente vedono siti dell’ordine di almeno 1 GW. Nella memoria del ministro si legge infatti che “non stiamo valutando centrali di grandi dimensioni di prima o seconda generazione” ma solo i piccoli Small Modular Reactor e, in prospettiva più remota, gli Advanced Modular Reactor autofertilizzanti, sulla cui ricerca il ministro dice che l’Italia è ben posizionata, ma che non sono una tecnologia in alcun modo vicina alla disponibilità commerciale.

È una notizia, perché invece il piano nazionale energia-clima (così come precedenti dichiarazioni del Governo) parla di un’adozione potenziale di tutte le opzioni tecnologiche esistenti, da quelle oggi mature fino alla fusione nucleare.

Il nucleare di cui parla Pichetto è quindi di un tipo oggi non operativo in nessun luogo del mondo e che, stando ai piani dei pochi soggetti industriali che se ne occupano, non vedrà prototipi attivi ancora verosimilmente per il resto del decennio. L’unico SMR sperimentale in costruzione mi risulta essere in Cina.

Un altro tema, prevedibile ma non per questo meno rilevante, è la sovranità. Non poteva mancare una sua applicazione al nucleare: “La catena produttiva sarà in gran parte realizzata in Italia” scrive Pichetto nella sua memoria d’audizione. Il che è coerente con l’impegno del ministro a realizzare nel 2039 il deposito di lungo termine delle scorie nucleari in Italia, necessario non solo al vecchio ed eventualmente nuovo nucleare per produzione elettrica, ma anche alle applicazioni non energetiche (soprattutto mediche) che producono ogni anno dai 300 ai 500 m3 di rifiuti a bassa e media intensità, oggi raccolti in 22 siti che, suggerisce implicitamente il ministro credo con qualche ragione, dovrebbero preoccuparci più dell’unico sito futuro. Il quale potrà essere ospitato in uno dei 51 luoghi già identificati come idonei, una volta fatta la valutazione ambientale strategica e trovati accordi con la regione interessata, ha spiegato il ministro.

Il sovranismo nucleare prevederà anche un monopolista “nazionale” di “dimensioni e competenze” opportune. Scelto dal Governo? Con quali garanzie della contendibilità del settore, ammesso che tali garanzie interessino ancora nell’era del sovranismo e che la nuova Europa si occuperà ancora di concorrenza e democrazia economica nella sua nuova visione di competitività?

Converrà l’energia dei minireattori? Il ministro si è esposto in una valutazione quantitativa di 17 miliardi di € di risparmi (all’anno, presumo) nel 2050, che per essere presa sul serio richiederebbe la messa a disposizione da parte del Governo delle logiche e dei numeri del simulatore che l’ha ricavata. Per orientarsi, l’intero valore all’ingrosso dell’elettricità consumata oggi in un anno in Italia non raggiunge i 30 miliardi.

Sulla convivenza tra il nuovo nucleare e le fonti rinnovabili il ministro dà solo rassicurazioni generiche. A me continua a non essere chiaro (e nessuno mi ha mai risposto per ora) come una tecnologia ad alti costi di capitale possa essere adatta ad accendersi solo quando mancano sole e vento, oppure chi si farà carico dei costi di stoccarne il sovrappiù di produzione nei periodi in cui le rinnovabili forniranno l’intera domanda (il che succederà quasi sempre visti gli impegni già presi dal Governo e soprattutto lo sviluppo sempre più rapido delle rinnovabili).

Il ministro, riassumendo, propone un futuro di minireattori flessibili e distribuiti sul territorio, ritenendoli più convenienti rispetto alle altre tecnologie di complemento alle fonti rinnovabili. Un futuro in cui lo stesso Paese che impiega oggi 7 anni per autorizzare un sito eolico accetterà di buon grado varie decine di reattori nucleari sparsi per il territorio, anche annessi ai vari distretti industriali.

Confindustria, con il suo nuovo presidente Orsini, ha rilasciato dichiarazioni secondo trova questo scenario più verosimile rispetto alla transizione energetica già impostata, che invece rischierebbe di rendere l’energia e quindi l’industria meno competitiva. Probabilmente Orsini ha in mente uno scenario in cui a pagare i costi dell’energia nucleare non sono i suoi associati.