Votare sì o no al
referendum impropriamente detto "trivelle" del 17 aprile 2016?
Farsi un’idea non è facile, perché le risorse
informative che si trovano sono tipicamente a tesi. Anche quelle con dati
affidabili. Ma uno che cerca di farsi un’idea tende a diffidare di chi vuole convincerlo ancor prima di informarlo. Io per distinguermi mi limiterò a
invitare ad andare a votare, e a fornire alcune informazioni e considerazioni che mi sembrano rilevanti per decidere se sì o no.
Le concessioni all'attività di sfruttamento degli idrocarburi
In Italia le concessioni per estrarre idrocarburi le dà un’unità del ministero per lo Sviluppo Economico (ne abbiamo già parlato per esempio qui). La norma principale che le regola è del ’91 ed è stata modificata varie volte, tra cui con il DL 83/12, lo “Sbloccaitalia” del 2014 e la legge di Stabilità 2016 (al comma 239).
Le concessioni hanno di norma una durata di 30 anni prorogabile più volte attraverso apposita istanza, e prevedono impegni anche di ripristino ambientale a fine concessione stabiliti dal MiSE caso per caso, all'interno di norme generali tra cui propri decreti direttoriali. Stando a quanto Derrick ha trovato, le norme non prevedono tassativamente bonifiche in tempi perentori.
Recentemente il divieto di nuove concessioni in mare in aree protette è stato esteso a tutta la zona entro le 12 miglia dalla costa e dalle aree protette, con l'eccezione delle concessioni in corso. Questa eccezione, per com'è scritta (in modo purtroppo sibillino) nella Stabilità 2016, introduce anche, secondo l'Ufficio centrale del referendum, una proroga per tutta la vita produttiva delle concessioni a cui si applica. Proprio le parole che introducono tale proroga sono oggetto del quesito abrogativo.
Vari altri quesiti cosiddetti sulle trivelle erano stati presentati prima della legge di Stabilità, che li ha resi secondo l’ufficio centrale del Referendum e la Corte Costituzionale superati, a differenza di quello per cui si vota il 17 aprile.
Cosa succede se vince il sì
Secondo l'Ufficio centrale del referendum la
vittoria del sì comporterebbe due effetti:
- la cancellazione dell’esenzione per le concessioni già rilasciate dal divieto di attività entro le 12 miglia (con effetto alla scadenza)
- la cancellazione della proroga automatica delle concessioni.
Dunque se passa il sì i
giacimenti in mare entro le 12 miglia potranno essere coltivati solo fino alla
scadenza della concessione in corso.
E poi?
- Si lascerebbero il gas (in gran parte dei casi) e il petrolio dei giacimenti sotto costa inutilizzati a fine concessioni? Sì.
- È irrazionale bloccare la produzione di giacimenti già sviluppati? Sì, decisamente. A peggiorare le cose c'è che, una volta chiusi i pozzi attivi a fine concessione, lo sfruttamento delle risorse residue del giacimento richiede nuovi pozzi (e quindi: trivelle).
- Si tratta di tanto gas? No: una volta scadute tutte le concessioni sotto costa perderemmo una produzione che oggi vale meno del 3% del fabbisogno nazionale (e che a fine licenze sarà ulteriormente scemata).
- Il sì aumenterebbe le navi per far arrivare da fuori il gas e il petrolio? Verosimilmente no, checché ne dicano in molti: il gas è oggi di norma più economico importarlo via metanodotti, dove c’è un sacco di capacità disponibile. Riguardo al petrolio e ai suoi prodotti, non solo l’importazione ma anche l’esportazione e i transiti di semilavorati alimentano il traffico via nave. Per esempio il progetto petrolifero lucano di Tempa Rossa prevede elevato traffico navale in uscita dai depositi portuali di Taranto (dove arriverebbe via oleodotto).
- Importare di più ci farebbe pagare un prezzo più alto per gas e petrolio? No, salvo la componente del costo di trasporto. Il prezzo del gas e del petrolio di un medesimo tipo in sé sono quelli dei mercati internazionali e non dipendono dalla loro origine. Ci sarebbe però un effetto negativo sulla bilancia commerciale nazionale (e quindi su quella che impropriamente molti chiamano "bolletta energetica" nazionale. Che però non corrisponde alla spesa per l'energia dei consumatori nazionali, visto che quest'ultima include anche la spesa per l'energia non importata).
- Il prolungamento "a vita" delle concessioni previsto con la Stabilità è preoccupante? Sì, perché potrebbe ledere il principio generale della determinatezza e della congruità della loro durata (articolo 4 della direttiva UE 22/1994) e ridurre le possibilità del Governo di porre nuove condizioni ai concessionari al momento dei rinnovi, e di valutare l'opportunità stessa dei rinnovi.
- In generale, ha senso in termini di patrimonio nazionale accelerare l’estrazione di idrocarburi? Ai prezzi molto bassi attuali no. Probabile che queste stesse risorse, che finché sono sotto terra sono un patrimonio pubblico, varranno di più in futuro. Comprese le royalty, che in Italia già sono piuttosto basse in termini di aliquota e il cui gettito è proporzionale al prezzo dell’idrocarburo. (È irrazionale che il bilancio dello Stato non includa un vero stato patrimoniale delle risorse ambientali da approvare con le sue variazioni ogni anno dal Parlamento con la legge di bilancio).
E ancora più in generale:
ci conviene puntare a uno sviluppo basato su petrolio e gas? In Derrick ne
abbiamo parlato varie volte.
Se la risposta è no, come io credo, non è però automatico che convenga votare sì a questo quesito. E quindi?
Una possibile conclusione
Credo che una ragione solida per il sì sia contrastare la durata "a vita" delle concessioni (punto 1 sopra, peraltro controverso). Credo anche che una vittoria del sì sarebbe compatibile con una successiva modifica alle norme che permetta l’estrazione delle risorse dai giacimenti già sviluppati. Cioè che riqualifichi l'eccezione al divieto delle 12 miglia ormai consolidato, ma in modo più restrittivo, con maggiori tutele, tempi certi per le bonifiche e non certo concessioni ad libitum, in modo simile a come già era nel DL 83/2012 (link sopra).
Se la risposta è no, come io credo, non è però automatico che convenga votare sì a questo quesito. E quindi?
Una possibile conclusione
Credo che una ragione solida per il sì sia contrastare la durata "a vita" delle concessioni (punto 1 sopra, peraltro controverso). Credo anche che una vittoria del sì sarebbe compatibile con una successiva modifica alle norme che permetta l’estrazione delle risorse dai giacimenti già sviluppati. Cioè che riqualifichi l'eccezione al divieto delle 12 miglia ormai consolidato, ma in modo più restrittivo, con maggiori tutele, tempi certi per le bonifiche e non certo concessioni ad libitum, in modo simile a come già era nel DL 83/2012 (link sopra).
Altri riferimenti (oltre ai link sul testo)
Anagrafe di concessioni, giacimenti, piattaforme e pozzi
di petrolio e gas in Italia (UNMIG - Ministero dello Sviluppo Economico): http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/pozzi/pozzi.asp
Dati di produzione oil e
gas off shore entro le dodici miglia (di Dario Faccini per Aspo): http://aspoitalia.wordpress.com/2016/03/07/le-bufale-sul-referendum-del-17-aprile/
Sentenza 17/2016 della
Corte Costituzionale che sancisce l’ammissibilità del quesito come riformulato
dall’Ufficio centrale per il Referendum della Corte di Cassazione:
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero=17
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero=17