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lunedì 20 luglio 2020

Ecofuturo 2020 (Puntata 446 in onda il 21/7/20)



Derrick invitato a Padova per il festival Ecofuturo 2020 ne parla grazie alle voci di Fabio Roggiolani e Michele Dotti, anime del festival insieme a Jacopo Fo.

Qui sotto l'audio della puntata e il link alla pagina facebook del festival.



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martedì 3 giugno 2014

Pro e contro dell'energia da biogas - Parte 3 - D206

Terza puntata sugli impianti di produzione di energia elettrica da biogas dopo una pausa di due puntate dedicate all’iniziativa di Radicali Italiani e Legambiante #MenoInquinoMenoPago.

Riassunto delle precedenti: gli impianti di cui parlo sono generalmente in zone agricole. Usano gas esito di un processo di digestione anaerobica di materiale organico, come scarti di lavorazione agroalimentare e prodotti agricoli ad hoc, per produrre elettricità e fertilizzante.
Il senso dell’operazione è ridurre alcune emissioni chimiche delle lavorazioni agricole e zootecniche e spiazzare la produzione di elettricità da fonte fossile. Ma le preoccupazioni e opposizioni a questi impianti non mancano. In parte, a mio avviso, sono serie, in parte per niente.

L’altra volta abbiamo trattato il tema della concorrenza tra uso energetico di prodotti agricoli e uso per produzione di cibo, preoccupazione da un lato ideologica dall’altro inutilizzabile (a meno di non voler obbligare qualcuno a produrre cibo anche se può usare in modo più proficuo le sue capacità economiche e non. Io stesso, per esempio, ora sto usando le mie capacità non per produrre cibo: sono per questo un pericoloso speculatore?).

Poi ci siamo occupati dei possibili impatti ambientali locali negativi degli impianti a biogas. Tema questo invece rilevante a mio parere.
Altro spunto da parte dei detrattori: l'uso energetico delle biomasse dipende dal fatto che ricevono sussidi.

Vero. È così per buona parte delle fonti energetiche rinnovabili del mondo. Il carbone è ancora di gran lunga il modo più conveniente per fare energia (anche quello più letale secondo la comunità scientifica e l'OMS oltre che il peggiore in termini di gas-serra emessi). Senza sussidi o politiche di incentivo a fonti più pulite (ma nessuna fonte energetica è del tutto priva di impatto) produrremmo ancora oggi energia quasi solo da carbone, petrolio e gas. Quando spegniamo una centrale da fonti cosiddette alternative, se ne accende una tradizionale (nell'elettricità funziona così, l'elettricità è ancora poco stoccabile).
Certo: è vero che un sussidio a un settore tende a ridimensionarne altri in concorrenza, anche in modo indesiderato. Ma da un lato l’agricoltura tradizionale è anch’essa ipersussidiata, dall’altro questo spiazzamento avviene continuamente e in mille modi nel progresso economico: ogni nuova tecnica di trasformazione e uso delle risorse interviene nel processo di competizione per l’uso delle risorse stesse.

Altro caveat sugli impianti a biogas: potrebbero non avere un bilancio energetico/chimico favorevole. Punto interessante e complicato. Quesito: un impianto a biogas o in generale a biomasse è in grado di ridurre nel complesso le emissioni dannose (in particolare il potenziale-serra di emissioni chimiche come quelle di metano) nell'ambito dell'intera area di territorio da cui riceve la biomassa? In altri termini: è più pulito rispetto all'attività della stessa area in assenza di impianto?
Il bilancio è positivo se lo è il bilancio chimico (e verosimilmente anche energetico). Ma valutarlo non è banale.

E attenzione: come abbiamo visto l’altra volta, se anche il bilancio è positivo ciò non significa che non ci sia un problema di impatto locale negativo nel punto in cui avviene la combustione di biomassa o biogas.

martedì 13 maggio 2014

Pro e contro dell'energia da biogas - Parte 2

Seconda puntata sugli impianti di produzione di energia elettrica da biogas. Impianti generalmente in zone agricole che usano gas esito di un processo di digestione anaerobica di materiale organico, come scarti di lavorazione agroalimentare e prodotti agricoli ad hoc, per produrre elettricità e fertilizzante. E qui nasce la prima allerta, che riguarda il controllo del materiale usato come input.

Il senso dell’operazione è ridurre alcune emissioni chimiche delle lavorazioni agricole e zootecniche e spiazzare la produzione di elettricità da fonte fossile. Ma le preoccupazioni e opposizioni a questi impianti non mancano e almeno in parte sono serie. Provo ora a elencare le più comuni, e a commentarle.

Prima preoccupazione: l'uso energetico di prodotti agricoli non va bene perché sottrae risorse alla produzione di cibo.

Questa argomentazione a mio avviso è impertinente. Per me la buona agricoltura è quella che fa (nel rispetto dell'ambiente e delle regole) le cose più utili, cioè quelle che valgono commercialmente di più. È molto facile smontare l’affermazione che una cosa se si mangia è buona e se non si mangia è speculativa. Poi, come ho argomentato in Derrick, non ho nulla contro la speculazione intesa come ricerca del massimo profitto nell’ambito della legalità, anzi la ritengo virtuosa e utile al progresso e alla ricchezza di tutti.
(Con la stessa parola, speculazione, a volte si intendono invece turbative o manipolazioni di mercato: ma non è di questo che sto parlando).

Il progresso modifica spesso la concorrenza sui mercati delle risorse. Pensiamo a come la rivoluzione industriale e l’urbanizzazione hanno sottratto braccia all’agricoltura e quindi al cibo: dovevano essere osteggiate per questo? Di fatto hanno poi contribuito a modernizzare e rendere efficiente anche l'agricoltura.

Seconda  preoccupazione: gli impianti a biogas in aree agricole hanno impatti ambientali locali negativi e snaturano l'area.

Questa sì mi sembra un’obiezione rilevante. Aggiungo che i motori più efficienti per bruciare biogas sono a ciclo Diesel e richiedono in molti casi aggiunta di una parte (per quanto minoritaria) di gasolio per innescare la combustione. È chiaro che un terreno agricolo occupato da un impianto che - pur di minima taglia rispetto a una grande centrale - brucia a ciclo continuo combustibili provenienti da un'area più vasta dell'azienda stessa, oltretutto non tutti rinnovabili, modifica la natura di quel territorio. Fino a che punto a un agricoltore va riconosciuto il diritto di installare una sorgente di emissioni in atmosfera maggiore di quella che ci sarebbe con la sua normale attività agricola?

Il tempo di Derrick oggi è quasi finito, ma la prossima volta riprenderò il tema. Intanto ringrazio Giovanna Casalini per la sua lettera aperta su un paio di casi specifici riguardo a cui la invito a mandarmi maggiori informazioni. Casalini, totalmente contraria al biogas, unisce spunti a mio avviso non rilevanti e che non condivido (per esempio la critica a un’amministrazione perché permette un impianto di un imprenditore non della zona, come se a preoccuparla fosse un’istanza di protezionismo municipale) ad altri che invece trovo importanti, soprattutto riguardo all’efficacia dei controlli e al processo autorizzativo degli impianti.

In chiusura invito gli ascoltatori a mettere in agenda un convegno sulla fiscalità ambientale, cui corrisponderà il lancio di un documento-manifesto di Radicali Italiani e Legambiente dal titolo "Basta sussidi a chi consuma l'ambiente", il 21 maggio pomeriggio a Roma.

Infine, Radio Radicale sta monitorando gli ascolti delle rubriche. Se avete seguito Derrick, per favore segnalatelo a ioascolto@radioradicale.it .


Grazie da Michele Governatori

martedì 6 maggio 2014

Pro e contro dell'energia da biogas - Parte 1 - D201

È sempre più frequente, soprattutto nella pianura padana, imbattersi in zone agricole occupate da larghe calotte circolari. Si tratta di contenitori destinati alla digestione anaerobica di biomasse. Scarti agricoli, oppure prodotti agricoli coltivati apposta, letame, scarti della lavorazione alimentare o altro, che attraverso la trasformazione chimica di batteri producono gas combustibili e un residuo utilizzabile come fertilizzante.

I gas combustibili alimentano motori a combustione interna, derivati da motori diesel o a ciclo Otto, accoppiati a generatori elettrici. Il risultato è la produzione di elettricità e il recupero del calore residuo (cogenerazione in gergo), quest’ultimo in parte riutilizzato attraverso reti apposite nel processo stesso di trasformazione della biomassa o per altre necessità, civili, agricole o nei casi di integrazione più fortunata industriali, purché evidentemente in aree limitrofe.

L’uso energetico di biomasse, incluso il biogas ottenuto nel modo che ho detto, è a tutti gli effetti produzione di energia da fonte rinnovabile, perché il combustibile si rigenera attraverso il ciclo vegetale o animale, e per questo ha diritto agli incentivi destinati alle rinnovabili. Naturalmente, e gli ascoltatori fedeli di Derrick lo sanno bene, fonte rinnovabile non vuol dire né fonte senza impatto ambientale né, nel caso delle biomasse, fonte senza emissioni di fumi di combustione dannosi.

Vediamo prima quali ragioni ecologiche possono rendere utili impianti come quelli che ho schematizzato sopra, prima di passare alle ragioni di preoccupazione.

Primo vantaggio ecologico: captazione di gas con un effetto serra molto intenso, come il metano, che nella normale attività agricola verrebbero emessi tal quali in atmosfera e che invece, una volta bruciati, hanno un impatto-serra minore.

Secondo vantaggio ecologico: produzione di energia elettrica e termica spiazzando produzioni convenzionali, per esempio a carbone, a maggiore impatto negativo su ambiente e salute.

Terzo vantaggio ecologico: la trasformazione batterica segregata di liquami biologici riduce l’inquinamento delle acque, tant’è che in effetti è un processo in parte comune ai depuratori.

Molte aziende agricole stanno dotandosi di impianti del genere e questo modifica in modo anche rilevante la morfologia delle campagne coinvolte, il che, comprensibilmente, solleva preoccupazioni. Proverò la prossima volta a fare un elenco delle ragioni invocate di solito dai contrari all’uso energetico del biogas da fonte agricola. Anticipo subito che alcune le trovo pretestuose, altre molto concrete.