martedì 17 febbraio 2015

L'auto elettrica in Italia - D228 e 229

A che punto è l’auto elettrica in Italia? Ne parliamo qui con interventi di Antonio Sileo, esperto in materia che collabora con l’istituto di fonti di energia dell’università Bocconi e con alcune testate specializzate e non.

Sul Financial Times dello scorso venerdì 13 febbraio un articolo di Robert Wright racconta di annunci di General Motors sul lancio della “Bolt”, una nuova auto compatta elettrica con autonomia di 200 miglia e prezzo entro 30mila dollari, mentre oggi autonomie del genere per auto esclusivamente elettriche si trovano solo nei lussuosi e costosi modelli Tesla.

Ma proprio la futura Tesla X, progettata per collocarsi in una fascia di prezzo intermedia, potrebbe fare le spese della nuova Bolt di General Motors.

Di se e quando il boom delle auto elettriche da alcuni (tra cui me) previsto si verificherà, ne sentiremo tra poco da Sileo. Nel frattempo vorrei ricordare a chi si fosse perso le puntate rilevanti di Derrick alcuni dei motivi per cui le auto a batterie sono importanti nell’economia energetica di un Paese.

Sono importanti perché spostano consumi energetici verso il vettore elettrico, delocalizzando le emissioni dei motori a combustione dalle strade (e dalle città) al luogo in cui viene prodotta l’elettricità e, in una prospettiva di elettricità prodotta con sempre meno fonti fossili, riducendo in assoluto le emissioni nocive e dannose per il clima.

Le infrastrutture per la ricarica, come è facile notare, sono ancora in una fase di sperimentazione, con soluzioni diverse in diverse città, e anche il modello di loro gestione (delicato in termini di concorrenza e di efficienza degli investimenti) non è ancora stato definito dalle norme. Si dovrà trovare ragionevolmente un modo di permettere ai tanti fornitori di energia di farsi concorrenza usando un’infrastruttura comune, e nello stesso tempo di far sì che l’infrastruttura nasca con caratteristiche certo di uniformità, ma anche di economicità e concorrenza preventiva tra le possibili soluzioni.

Sentiamo ora con Antonio Sileo a che punto sono le vendite di auto elettriche in Italia.



Dunque grande crescita, ma numeri ancora piccoli.

Intanto io ho provato lo scorso novembre alla fiera Ecomondo di Rimini una BMW i3 elettrica e vi do le mie impressioni. Rispetto alla guida di un’auto tradizionale, colpiscono la mancanza del rumore del motore e la sua capacità di avere massima spinta anche quando inizia a girare da fermo. Detto volgarmente, è improbabile essere battuti al semaforo da un’auto tradizionale, mentre c’è il rischio che chi è davanti a noi non ci noti a causa del silenzio.
Niente frizioni e cambi, dunque, automatici o meno, ma solo la tavoletta dell’acceleratore da premere per andare. Quando invece bisogna rallentare, l’auto compensa la totale assenza di freno-motore con un freno elettromagnetico artificiale che recupera l’energia dissipata, come il kers delle formula uno o più prosaicamente i freni elettromagnetici dei bus e dei camion, mentre il pedale del freno aziona solo il vero e proprio impianto frenante.

La BMW non è stata affatto la prima casa costruttrice a entrare nel mercato delle elettriche in Italia. Sentiamo con Antonio Sileo com’è andata.



Proviamo ora a spostarci su un terreno più economico. Sentiamo Sileo su alcuni aspetti riguardo alla concorrenza tra carburanti tradizionali ed elettricità.



Bene. Finisce questo miniciclo sull’auto elettrica in Italia. Ringrazio Antonio Sileo.

martedì 27 gennaio 2015

Il disarmo dai sussidi nell'energia - D226 e D227

Oggi riporto stralci di un articolo di Alberto Saravalle, professore di diritto dell’Unione Europea a Padova e Carlo Stagnaro, senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni uscito il 21 gennaio sull’Huffington Post online, intitolato “Smantelliamo sussidi e distorsioni del mercato dell'energia: se non ora quando?”. Un tema caro a Derrick e che ho già toccato in molte puntate.

La storia insegna che le politiche di disarmo, per funzionare, devono essere bilaterali. Il calo del prezzo del petrolio ci offre oggi l'opportunità inattesa e imprevedibile per operare un particolare tipo di disarmo: lo smantellamento di ostacoli regolatori e sussidi nei mercati energetici europei. […]
L'attuale congiuntura […] - che forse non è destinata a durare in eterno, ma certo si protrarrà ancora per qualche tempo - rende possibili interventi che, per ragioni pragmatiche, prima non lo erano. Come scrive, forse un po' troppo enfaticamente, l'Economist, i grandi cambiamenti degli ultimi decenni - dall'apertura della Cina alle logiche di mercato avviata da Deng Xiaoping nel 1978 alla "terapia shock" della Polonia negli anni '90 - sono tutti stati resi possibili da condizioni esterne propizie. […]
Il punto è, intuitivamente, semplice. Per un verso molte fonti di energia, e in particolare i combustibili fossili, beneficiano nei vari Stati membri dell'UE d'innumerevoli sussidi sia alla produzione sia al consumo. Se nel caso delle rinnovabili questo è parzialmente giustificato (ancorché inefficiente) in virtù delle esternalità positive che esse generano, non vi è alcuna ragione per mantenere le agevolazioni vigenti per gli idrocarburi. Ne sono esempi gli sconti accordati a specifiche categorie di consumatori (come gli autotrasportatori e alcune società energivore), e le agevolazioni esplicite o implicite alle attività estrattive. Tutte queste politiche sono figlie di un approccio "antico" alla politica industriale, tutto teso a individuare a priori i vincitori, piuttosto che a creare un campo da gioco competitivo nel quale siano le imprese e i settori più efficienti a imporsi.
Tuttavia, mettere le mani su questo dossier è assai spinoso: eliminare i sussidi al consumo induce, infatti, almeno nel breve termine, a far salire i prezzi, almeno per coloro che in precedenza ne godevano. Il che è impopolare e lo è ancor di più quando le dinamiche di mercato (oltre alla fiscalità applicata) già comportano prezzi salati, com'è stato per il petrolio fino a poco tempo fa. Mettere in discussione i sussidi alla produzione può determinare l'anti-economicità di alcune attività e, dunque, mettere fuori mercato alcune imprese e i loro dipendenti. Il cheap oil […] agevola questo processo di riorganizzazione. […]
Il momento è favorevole. Negli ultimi anni molti, noi per primi, hanno citato l'ormai famosa battuta "mai sprecare una buona crisi". Oggi, più semplicemente, si tratta di non sprecare una buona occasione.
Sentiamo al microfono di Derrick proprio Carlo Stagnaro.


Stagnaro, lo avete sentito, cita un primo passo del Governo italiano nella direzione da lui – e da Derrick - auspicata riguardo alla generazione elettrica. A fronte di questo, è invece per ora di fatto cancellato dalla delega fiscale il riordino dell’intera fiscalità con riduzione dell’erosione fiscale da sussidi, che al contrario l’iniziativa #menoinquinomenopago di Radicali Italiani e Legambiente mira a reintrodurre anche attraverso un emendamento al testo della Delega già presentato alla Camera con prima firma dell’on. Oreste Pastorelli.

La proposta, così come delineata nel manifesto dell’iniziativa, prevede anche una soluzione alla difficoltà di cui parlava Stagnaro, cioè il danno immediato ad aziende che si vedano tolti sussidi legati alla loro attività. La soluzione è usare parte del risparmio da sussidi, temporaneamente, in contributi in conto capitale a investimenti in efficienza energetica o innovazione. Tutti poi, aziende e persone fisiche, guadagnerebbero dall’utilizzo del resto dei proventi per ridurre le imposte sul reddito, con un effetto non discriminatorio e non distorsivo – come invece sono i sussidi - sulla ripresa economica.


Ringrazio Carlo Stagnaro per la partecipazione a questa puntata.

martedì 20 gennaio 2015

Scelta del fornitore di energia III - D225

Mi scrive Roberta Raggioli:
Gentile Michele Governatori,
vorrei chiederle un consiglio per la scelta di un distributore o ancor meglio produttore-distributore di energia pulita gas e luce [per la casa], onde abbattere i costi energetici e non inquinare. Approfitto per ringraziarla del servizio che svolge con la rubrica.
Ecco la mia risposta:

Intanto una nota semantica: nel gergo dell'energia il distributore è l'azienda che gestisce in monopolio locale le reti cittadine e i contatori, non il venditore. Se lei è di Milano, per esempio, il suo distributore è necessariamente A2A (Enel invece in gran parte d'Italia, ACEA a Roma, Iren a Torino e Genova eccetera), che le fornisce il collegamento alla rete, per consumare l'energia che può comprare da qualunque venditore sul mercato. Tenga a mente questa distinzione, le servirà.
È vero però che la stessa azienda (anche se con un’entità giuridica diversa) fa sia il distributore che il venditore, e che a causa di un ritardo nella normativa italiana può farlo con lo stesso marchio e confondere i suoi clienti tra i due ruoli, e approfittare del vantaggio di essere già in casa sua come distributore per proporle anche energia. Questo facilita alcuni abusi commerciali ai danni dei clienti.

Il mercato dell'energia, soprattutto elettricità, è piuttosto competitivo: non si aspetti quindi risparmi rilevanti cambiando fornitore, a meno che lei oggi non abbia un contratto davvero vessatorio. Inoltre, la parte del prezzo su cui i fornitori possono farsi concorrenza è meno della metà della bolletta. Il resto riguarda oneri del sistema energetico stabiliti dall'Autorità per l'Energia. Qualunque offerta proponga grossi sconti sull’intera bolletta è molto probabilmente scorretta.

Detto questo, è importante che per la parte legata all'approvvigionamento di luce o gas lei si faccia un'idea riguardo a se preferisce pagare un prezzo fisso rispetto ai costi all'ingrosso oppure variabile. Fatto questo, il confronto è semplificato e può provare il Portale Offerte dell'Autorità per l'energia, qui:

Per privilegiare l'origine rinnovabile dell'elettricità (mentre il gas non è mai rinnovabile visto che si tratta di un combustibile fossile), lei ha due strade: riguardo ai venditori che sono anche produttori con proprie centrali, può vedere che quota di impianti hanno da fonte rinnovabile e preferire quelli che ne hanno tanti, evitando invece quelli che hanno tecnologie con maggiori emissioni dannose come il carbone.
Oppure, anche se compra da un rivenditore che non ha impianti di produzione, può sottoscrivere offerte "verdi", cioè che in vario modo supportano le rinnovabili o corrispondono a un impegno del venditore in questo senso.

Ora però dirò una cosa che forse la deluderà: la sua energia, fisicamente, è in ogni caso identica da chiunque lei compri. La rete elettrica è una e interconnessa, e non associa, se non commercialmente, un cliente a un produttore.
Questo significa che le offerte verdi sono una fregatura? No, se corrispondono a politiche di approvvigionamento del fornitore che privilegiano le rinnovabili. Ma stia molto attenta a vedere cosa intende esattamente il fornitore per offerte "verdi" e se per caso non le dichiarano cose impossibili.

Buona scelta!

Michele Governatori

Altri link utili per la scelta del fornitore oltre a quello sopra dell’Autorità per l’energia: