lunedì 17 aprile 2017

Il G7 energia a Roma (Puntata 310)

Si è tenuto, come dicevamo nella scorsa puntata, il G7 energia il 9 e 10 aprile 2017 a Roma.

Ponte di barche sul Po di Goro
fotografato da Derrick nel 2011
Il report ufficiale in inglese nel sito web dell’evento mi ricorda uno di quei temi in classe dove gli studenti infilano in modo convenzionale tutte le cose che ritengono sia giusto dire di un determinato tema, in una sorta di retorica che in questo caso stride parecchio sia con quanto, non per colpa del nostro Governo, il G7 non è riuscito a concordare, sia con quanto invece il nostro esecutivo dimostra almeno per ora di non essere seriamente interessato a fare malgrado le rituali dichiarazioni d’intenti.

Vediamo qualche punto specifico dalla relazione del G7.

Il nodo fondamentale è la presa di posizione sugli obiettivi di decarbonizzazione di cui
agli accordi di Parigi e Marrakech (i quali prevedono la stabilizzazione delle emissioni climalteranti e il contenimento dell’aumento di temperatura sotto i 2 gradi rispetto a all’era preindustriale). Gli Stati Uniti hanno affermato di non essere in grado di confermare l’impegno, il che prelude direi alla violazione dei relativi accordi e qualifica gli USA, almeno fino a diversa decisione, come Stato-canaglia ambientale.
Chiarita la grana, il documento procede con le sue belle parole (ma un po' buttate lì senza molte considerazioni sui legami tra gli obiettivi e sugli strumenti per attuarli) riguardo alla “resilienza” del sistema energetico, alla diversificazione delle fonti, agli investimenti in energie pulite (“clean”) e intelligenti (“smart”).
In termini di decarbonizzazione, una volta affermato il disimpegno americano, non mancano gli auspici a sviluppare le tecnologie di cattura riuso e stoccaggio dell’anidride carbonica, tecnologie con prospettive di costi molto maggiori rispetto a quelli necessari a contenere le emissioni. Auspici quindi velleitari, perché non si capisce il motivo per cui un paese (gli USA) non disposto a impegnarsi nel contenimento dovrebbe svenarsi nella costosissima cattura e stoccaggio.

Se è vero, come Derrick crede, che gli incentivi (o disincentivi) economici sono importanti nell’orientare investimenti e scelte di consumo, sono felice di vedere che non manca nel documento dei sette l’impegno (già preso in altri contesti peraltro) a eliminare i sussidi “inefficienti” alle fonti energetiche fossili.
Benché la parola “inefficienti” servirà quasi di sicuro a rendere l’impegno opinabile, sarebbe comunque una bella notizia se almeno il nostro Governo fosse credibile in questo obiettivo.

Ebbene, se solo un paio di mesi fa è uscito il fondamentale “catalogo” dei sussidi ambientalmente favorevoli e sfavorevoli del ministero dell’ambiente, che auspica l’eliminazione di tutti i sussidi sfavorevoli all’ambiente, costituiti soprattutto da sconti fiscali, fa invece cadere le braccia il fatto che l’appena uscito DEF non ne faccia parola, almeno non nelle 156 pagine del tomo principale né in quello dedicato alle riforme.
(Se mi sono perso invece per mia colpa o ignoranza un impegno del ministero dell’economia in tal senso, sarò strafelice di parlarne nella prossima puntata e invito chiunque sia in possesso di informazioni rilevanti a renderle disponibili a Derrick).

La frecciata pasquale conclusiva di Derrick è però di nuovo per il Governo USA. Il documento del G7 energia, tra le altre forme di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, auspica lo sviluppo dei transiti internazionali via nave di gas naturale liquefatto. Su cui proprio gli statunitensi stanno investendo in infrastrutture preparandosi a invadere di navi gasiere perlomeno il mercato asiatico con possibili conseguenze anche per quello europeo. Ebbene: come si concilia quest’obiettivo con il neo protezionismo? Gli USA che fino a recentemente vietavano per legge le proprie esportazioni petrolifere, intendono ora accrescere il nuovo ruolo d’esportatore proprio mentre chiudono all’import di merci?
Forse lo stesso G7 energia era un'occasione per aggiungere alle belle parole anche qualche nota critica rispetto allo strabismo americano.

martedì 4 aprile 2017

Giornata mondiale dell'acqua (Puntata 308)

Si è svolta lo scorso 22 marzo la giornata mondiale dell’acqua, e grazie all’apporto di Fondazione Barilla, per la precisione del Barilla Center for Food and Nutrition, che ringrazio, posso dedicare questa puntata ad alcuni dati sul consumo idrico nel mondo e in Italia. Per esempio: qual è il settore economico che consuma più acqua dolce? L’agricoltura, di gran lunga. L’industria, in confronto, ne usa meno di un terzo. E solo l’8% dei consumi in media riguarda l’uso domestico. Ma è evidente che i nostri comportamenti d’uso di altri beni, per esempio il cibo, si portano dietro i consumi di acqua necessari a renderli disponibili. Se sommiamo quindi il nostro uso diretto e indiretto d’acqua, la media mondiale procapite è di 3400 litri al giorno. Ma così nell’acqua come in altri beni primari non c’è equilibrio, e alcuni Paesi usano molta più risorsa degli altri. Noi siamo tra questi, visto che il dato procapite italiano è di ben 6100 litri, altissimo rispetto al mondo ma molto alto, del 25% circa, anche rispetto alla media europea.

Siamo un Paese dunque idricamente fortunato in termini di disponibilità, grazie alla nostra conformazione geografica, ma estremamente inefficiente nell’uso di questa risorsa, i cui costi sono sempre più legati al trattamento delle acque reflue.
Per quanto possa disporsi di acqua potabile in abbondanza, infatti, buttarla nello sciacquone o comunque sprecarla è molto costoso in termini di energia e infrastrutture, visto che quel volume sprecato ha bisogno di essere depurato e reinserito nel ciclo.

I nostalgici di vecchie polemiche ricorderanno le mie opinioni al tempo del referendum sull’acqua pubblica, fuorviante già nel titolo, referendum di cui uno dei quesiti imponeva di non far pagare nelle tariffe idriche i costi di investimento per rendere disponibile l’acqua. Come dire: siccome è un bene primario importantissimo, chi lo rende disponibile dovrebbe perderci soldi, cioè non essere in grado, salvo indebitarsi, di fare investimenti. E trattandosi a questo punto di aziende pubbliche il debito finisce comunque per tramutarsi in nuove tasse, sebbene differite, tasse però non pagate sulla base del consumo (o spreco) di acqua. Alla faccia dell’ovvio principio che chiunque dovrebbe essere disincentivato dallo spreco di una risorsa preziosa.

Sentiamo direttamente la voce di Marta Antonelli, ricercatrice e coordinatrice dell’area di ricerca della Fondazione Barilla:



Altre informazioni dal sito della Fondazione: qui.

domenica 19 marzo 2017

I rompiscatole dell'energia (Puntate 305-307)

Scrive a Derrick Giuseppe Raffa:
In un centro commerciale a Guidonia (Roma) io e mia moglie siamo stati, come dire, assaltati da tre ragazzini che vendevano contratti [del principale operatore di energia elettrica]. In pratica hanno messo una penna in mano a mia moglie dicendo che doveva assolutamente firmare un foglio per chiedere [al fornitore] di abbassare la tariffa dell'energia elettrica di casa. A questo punto sono dovuto intervenire per far capire alla mia consorte che in quel momento stavano vendendo un contratto […] in cui dalla tariffa protetta si passava al libero mercato (ho fatto lo spavaldo e ho sciorinato un po' di sapienza "energetica" avendo ascoltato le tue trasmissioni...).
La questione è che questi ragazzini non davano […] quelle informazioni minime che sono indispensabili per poter scegliere, con cognizione di causa, se aderire o meno all'offerta commerciale. Il prodotto è stato offerto come una richiesta […] di abbassare la tariffa, non parlando di cambio di contratto, di tariffa protetta o di libero mercato.
Solo a una mia domanda specifica, ripetuta tre volte, il venditore ha ammesso che la firma su quel foglio e l'adesione all'offerta significava passare dalla tariffa protetta a quella di libero mercato. E non ha saputo neppure spiegare cosa questo potesse significare in caso di oscillazione dei prezzi dell'energia […].
Dopo tre giorni si è ripetuta la stessa cosa. Questa volta a casa mia, al telefono, verso le 21.00. L'operatrice questa volta lavorava per [il principale operatore del gas], ma le modalità sono state le stesse. Il contratto riguardava la vendita di gas, spacciata come una richiesta formale all’operatore di abbassare la tariffa.
[…] Ho domandato se mi stava vendendo un nuovo contratto, di libero mercato, ha ammesso di sì, ma che questo sarà comunque automatico a partire dal 2018, per cui è meglio farlo prima...
Caro Michele, ma che sta succedendo? A parere mio questa condotta è ai limiti della truffa e andrebbe denunciata all'Autority.
Che ne pensi?

Caro Giuseppe. Sì: penso che si tratti di truffe tentate da promotori di operatori energetici, soprattutto (anche nell’esperienza mia personale) dei principali e ex monopolisti. Verosimilmente le aziende energetiche coinvolte non inducono questi comportamenti nei loro venditori, ma sono decisamente recidive nell'incapacità di evitarli.

Un dipinto del 1938 di Carlos Enriques
fotografato da Derrick a l'Avana
Qualunque cliente può scegliere ormai da anni il proprio fornitore di energia, e le norme semplificano il cambio rendendo sufficiente la stipula del contratto con il nuovo fornitore, perché del recesso e della riassociazione del punto di fornitura al nuovo fornitore si occupa quest’ultimo. Il cambio è identico sia se il cliente ha già cambiato in passato, sia se non avendolo mai fatto si trova nel mercato che tu chiami “protetto” (una fornitura a una tariffa standard collegata per la parte costo energia ai mercati all’ingrosso e che si chiama “di maggior tutela”), una tariffa senza sorprese nel senso che è interamente regolata dall’Autorità per l’energia, ma meno conveniente di tante altre che si trovano sul mercato, e fluttuante sulla base del prezzo all'ingrosso della materia prima.
In ogni caso il cambio implica, come dici tu, un nuovo contratto commerciale, anche se l’operatore resta lo stesso, non certo semplici aggiornamenti o adeguamenti o manutenzioni della tariffa o della bolletta o del contatore come ho sentito dire nei vari casi di tentata truffa ai miei o altrui danni.

E la convenienza del nuovo contratto (che spesso in effetti c’è almeno per il primo anno) il venditore la deve spiegare specificando a quale componente della bolletta (che per la maggior parte ammonta a oneri che non decide il fornitore) si applicano gli eventuali sconti rispetto al vecchio.

Infine: è vero che dal 2018 la tariffa di maggior tutela verrà meno? Così è previsto per metà del 2019 nella legge concorrenza, e molte delle modalità saranno stabilite nei decreti attuativi che Derrick seguirà.


Aziende energetiche autolesioniste?

Perché i fornitori di energia, se sono in grado di battere l’offerta standard di “tutela”, si rovinano la reputazione con queste tecniche di vendita spiacevoli se non scorrette? Una ragione probabilmente è che le società energetiche non riescono a controllare il fenomeno: i venditori lavorano per agenzie remunerate spesso in base al numero di nuovi contratti e quindi hanno incentivi a farne il più possibile senza badare troppo al come.
Allora la domanda potrebbe riformularsi in: perché le aziende energetiche non danno incentivi più intelligenti alle agenzie, magari basati sulla fedeltà o la soddisfazione dei clienti acquisiti? Forse è complicato, ma di sicuro sarebbe utile.

E invece sembra che i fornitori d’energia siano caduti in un circolo vizioso: si fanno concorrenza in un modo che da un lato sta allontanando e sfiduciando i clienti, dall’altro toglie guadagni per via della remunerazione che va ai mediatori.

Cambierà tutto questo?
Lo spero, e ho anche una nota positiva: proprio quando avevo già definito la puntata 305, mi ha chiamato un promoter di una grande azienda elettrica. Ero sul chi va là e pronto a coglierlo in fallo. E invece mi ha spiegato le caratteristiche di una determinata offerta commerciale, mi ha chiesto quanto io consumi per poter stimare i risparmi rispetto alla tariffa standard (io in realtà già sono sul mercato libero), e alla fine non ha tentato di estorcermi nulla: mi ha semplicemente invitato a siglare il contratto sul web.
L’avrà fatto solo perché mi ha sentito troppo scafato? Non lo so, spero di no. Di sicuro si tratta una telefonata commerciale utile e corretta, e che magari fa prendere clienti contenti d’essere presi.


Un paio di consigli

Difficilmente una tecnica di vendita così invasiva aiuta a capire. Allora forse è meglio non comprare da venditori che la adottano, di persona o al telefono, il che significa in particolare non dare mai il nostro codice cliente (“POD”) che troviamo in bolletta, la cui conoscenza facilita ai malintenzionati il cambio di fornitura contro la nostra volontà.

Questo non significa rinunciare ai vantaggi e ai risparmi del mercato.
Abbiamo visto a Derrick che i contratti alternativi a quello standard detto di “maggior tutela” possono essere convenienti. Basta sceglierli con attenzione, meglio se direttamente sul sito web dell’azienda fornitrice, in modo da risparmiare a quest’ultima i costi dei mediatori. Di che mediatori si tratta? I venditori al telefono o porta a porta, nei casi peggiori simili a quelli descritti sopra, ma anche siti web, per esempio comparatori di prezzo. Siti utilissimi (sempreché davvero “peschino” tra tutte le offerte e non solo tra quelle dei fornitori con cui hanno accordi vantaggiosi), ma che costano ai fornitori.

Scegliere sul sito del fornitore, invece, è come andare a comprare nello spaccio di un’azienda: la filiera commerciale si riduce a zero.


Un nuovo strumento di scelta facilitata: la "tutela simile"

l’Autorità per l’Energia ha recentemente introdotto una piattaforma, accessibile solo sul web, dal nome un po’ strano “Tutela simile” - che non a caso una conduttrice televisiva ha storpiato in tutela “smile” - e che permette a chi è nella tariffa standard (la tutela vera e propria) di scegliere tra offerte per l’elettricità di molti operatori, rimanendo nell’alveo di un contratto definito dalla stessa Autorità e uguale per tutte le offerte.
Lo spirito dello strumento – come ha detto lo stesso presidente dell’Autorità Bortoni - è quello di far provare ai clienti un’esperienza di scelta sul web in ambiente semplificato, in quanto senza la necessità di controllare tutte le condizioni contrattuali per capire se dietro a uno sconto si annida qualche clausola potenzialmente svantaggiosa. E allora cosa cambia tra l’offerta di un fornitore e l’altro? Il prezzo. O meglio: uno sconto, definito bonus: una sorta di franchigia gratuita che viene attribuita al cliente con la prima bolletta.

In pratica per sapere quale offerta è più economica basta vedere chi ha il bonus più alto, e le offerte sono già ordinate dalla più conveniente. 
A livello contrattuale le offerte sono tutte uguali. Cambia l’azienda, naturalmente, e uno può avere legittimamente le sue preferenze e decidere in base a queste di pagare di più.
Tecnicamente il contratto non viene stipulato sulla piattaforma stessa, che funge da luogo di prenotazione. Ma l’offerta è comunque vincolante per il fornitore.

C’è un limite massimo al numero di contratti che un fornitore può servire, e ognuno ne mette in vendita una determinata quota pari o inferiore a tale limite. Il numero di contratti ancora disponibili per la vendita da parte di ogni operatore è specificato sul sito, e guardando quanto lentamente il numero cala si deduce che nemmeno in un ambiente protetto i clienti domestici di energia sembrano granché disponibili ad acquisti sul web.
Un po’ strano. Anzi se una critica mi sento di fare a questo strumento è che è troppo deresponsabilizzante per i clienti, che invece per l’energia come per tutto hanno interesse a saper scegliere controllando le caratteristiche di ciò che comprano. Qui, nella “tutela simile”, la scelta è elementare: basta un clic sulla base del prezzo. Eppure i clic sono pochi.

Attenzione infine solo a una cosa: il contratto di “tutela simile” dura un anno non rinnovabile. Dopo, il cliente inerte continua a essere fornito dall’azienda che ha scelto, in un contesto di mercato in cui le tutele ci sono, ma non arrivano a costringere gli operatori a usare lo stesso contratto per tutti. Quindi anche per la “tutela simile” vale la solita accortezza: occhio a cosa succede al vostro contratto nel tempo. La passività a tempo indeterminato non conviene mai.


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Ringrazio Giuseppe Raffa