lunedì 30 luglio 2018

Dagli yacht alle pale eoliche: un caso di riconversione green a Fano (Puntata 366 in onda il 31/07/18)


Un semistampo di pala eolica in lavorazione
nello stabilimento Eta Blades
Oggi a Derrick torniamo sul macrotema della transizione energetica verso tecnologie coerenti con gli obiettivi ambientali del trattato di Parigi. Come abbiamo visto, il piano energetico nazionale è necessariamente molto ambizioso in materia e il Governo in carica afferma di essere determinato a mantenere se non incrementare i programmi. È normale quindi essere abituati a pensare alle fonti rinnovabili come nuovi impianti su nuovi siti. Eppure l’industria delle rinnovabili ha già messo in piedi, in Italia e in Europa, un parco cospicuo di cui una parte rilevante è già in una fase matura del proprio ciclo di vita. Prendiamo l’eolico: dei circa 140 GW installati in Europa, 35 hanno superato la metà della vita tecnica utile. In Italia il rapporto è circa di 2,5 su 9, cosicché la maggioranza degli impianti europei sarà vecchia già prima del 2020.

Pala eolica Eta in lavorazione
Non c’è quindi solo la sfida di fare nuovi impianti, ma anche quella di intervenire su quelli esistenti, i cui costi di manutenzione aumentano con l’obsolescenza, mentre per alcune componenti si degradano anche le prestazioni. Questo vale in particolare per le pale dei rotori eolici, su cui inoltre la tecnologia e le conoscenze si sono negli anni evoluti permettendo oggi produzioni più performanti.

Di cosa è fatta una pala eolica moderna? Fibra di vetro, di carbonio per conferire più rigidità, talvolta balsa, resine di vario tipo e vernici di protezione. Il design deriva da analisi di tipo strutturale (per esempio le deformazioni elastiche devono essere compatibili con le distanze dalla torre di sostegno e con il bilanciamento del rotore) e aerodinamico, per sfruttare al massimo il vento e limitare turbolenze indesiderate.
Una pala piccola, per impianti in Italia classificati come “mini eolico”, può essere lunga attorno a 15 metri, mentre i generatori grandi hanno pale lunghe il triplo.

C’è un’altra industria abituata a dimensioni, materiali e tecnologie simili: è quella delle barche da diporto.
Nella zona vicina alla costa marchigiana delle valli del Metauro e Cesano, in provincia di Pesaro, si è insediato nei decenni scorsi un vasto distretto della produzione di yacht con aziende come Ferretti, Wally, Moschini. Un settore che ha poi subito una crisi che ha lasciato inutilizzati parte delle competenze e degli stabilimenti.
Stabilimenti come quello oggi occupato da Eta Blades a Bellocchi, nella zona industriale di Fano, dove sono stato invitato per una visita.

Pale eoliche in lavorazione nello stabilimento di Fano
Eta oggi è leader italiano nella produzione di pale di sostituzione per impianti eolici esistenti.
Un settore che, come quello degli yacht, ha un curioso mix di competenze artigianali specializzate e di tecnologia. Dal disegno di una pala compatibile con un rotore esistente, ma più performante, si arriva con macchine a controllo numerico alla realizzazione di due semistampi su cui poi strati di materiali diversi si uniscono a resine con procedimenti brevettati.

Grazie dunque per questa puntata ad Alida Speciale, responsabile marketing, e Carlo Durante, socio fondatore di Eta Blades. (Anzi, invito gli ascoltatori di Derrick imprenditori o manager di attività innovative e rilevanti rispetto ai nostri temi a imitare l’iniziativa di Eta Blades e farsi vivi).


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sabato 21 luglio 2018

Scelta del fornitore energia, la concorrenza tra gli strumenti d'ausilio (Puntata 365 in onda il 24/7/2018)

Quanti ascoltatori di Derrick hanno ricevuto telefonate da venditori di energia che paventano la fine delle tariffe “di tutela” a metà 2019? Ne abbiamo già parlato varie volte (link sotto).

Nel nuovo rapporto dell’Autorità Energia con dati 2017 si legge che ancora 18 milioni di clienti domestici dell’elettricità acquistano alle condizioni standard ("maggior tutela") che dovrebbero cessare tra un anno secondo la legge concorrenza, e quindi aiutare i consumatori d’energia fino a ora inerti a scegliere un nuovo fornitore sul mercato è e sarà utile nei prossimi mesi.

Sappiamo che già la stessa Autorità per l’energia ha da anni uno strumento online all’uopo, e da poche settimane ce n’è uno nuovo di Acquirente Unico – un’azienda pubblica che svolge alcune attività in parte legate alla fornitura della tariffa di "maggior tutela" – che si chiama Portale Offerte luce e gas (link sotto) e che permette oggi il confronto tra tutte le offerte di mercato di una tipologia semplificata (detta “Placet” dall’Autorità) e che tra qualche mese è previsto le confronti tutte.
(L’ho provato, è facile da usare e per casa mia a Roma le offerte più economiche sono di piccole s.r.l. che non avevo mai sentito. Auguriamoci che abbiamo la struttura commerciale per reggere un eventuale successo del portale).

Ci sono anche siti non istituzionali che fanno un lavoro di confronto offerte energia? Certamente. E tipicamente lo fanno con un linguaggio e uno stile più tipico di aziende con cultura commerciale.
Istituzionali o no, questi motori di ricerca però, se da un lato utili, comportano anche il rischio di non considerare aspetti importanti che solo un cliente, con i suoi gusti e le sue sensibilità, può tenere correttamente in conto. E anche il rischio di indurre i fornitori a fare offerte concepite per risultare vincenti in questi motori di ricerca, magari a scapito di altri aspetti della fornitura. D’altra parte, se mercato è libertà, a maggior ragione include la libertà di usare o non usare questi strumenti e di considerare i loro parametri rilevanti o meno. L’importante è la trasparenza riguardo alle clausole contrattuali e riguardo ai criteri di confronto.

Un serbatoio di gas naturale in stato liquido
(ringrazio per il permesso all'uso della foto
il gruppo Dolomiti Energia)
Pensavo però che in questi tempi di negazionismo scientifico e anche economico (molto efficace l’espressione usata da Boeri) il passo tra sistemi pubblici di aiuto alla scelta del fornitore e paternalismo di istituzioni che si allargano anche dove non compete loro è pericolosamente breve.
E ringrazio Antonio Sileo di avermi segnalato il caso delle Marche, il cui consiglio regionale ha approvato addirittura all’unanimità il 17 luglio 2018 una norma presentata già nel 2016 e che istituisce un’agenzia (con un nome-acronimo da partecipazioni Statali anni Sessanta: URAE) destinata a “individuare con criteri d’acquisto trasparenti il venditore con la migliore offerta sotto il profilo economico, di trasparenza e qualità del servizio”. Nientepopodimeno. Nemmeno sfiorata, l’unanimità dei consiglieri regionali delle Marche, dal dubbio che per esempio la qualità del servizio e il prezzo potrebbero essere leve concorrenti, e che il giusto mix dipenda da cosa vuole il singolo consumatore. Tutt'altro: l’URAE deciderà il “migliore fornitore” per tutti. E visto l’andazzo va ringraziato di non obbligare i cittadini a servirsene.

Forse sta iniziando una stagione in cui la sola concorrenza che piace ai legislatori è quella tra strumenti di controllo dell’economia?


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martedì 17 luglio 2018

Energia e ambiente del Governo del Cambiamento: aggiornamento (Puntata 364 in onda il 17/7/18)

Il santuario di Lourdes
fotografato da Derrick nel 2017

Qui a Derrick abbiamo già analizzato le proposte su energia e ambiente del programma del “governo del cambiamento” (link sotto), e qui invece facciamo un’analisi delle dichiarazioni degli uomini di Governo collegate a questi temi, in attesa che arrivino atti formali in materia.
La seconda settimana di luglio 2018 è stata ricca di occasioni in questo senso, soprattutto per un’audizione del ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro alle commissioni riunite Industria e Lavoro in Senato. Vediamo quali riferimenti ha fatto Di Maio in quest’occasione ai temi energia e ambiente:
“Sì alla neutralità tecnologica nelle politiche energetiche”
Punto rilevante anche in vista dell’attesissimo nuovo decreto sulle fonti rinnovabili, i cui investimenti privati sono crollati dal 2014 e cioè da quando gli incentivi nel sistema delle bollette per i nuovi investimenti si sono ridotti (del resto difficilmente potevano rimanere ai valori stellari della precedente fase “d’oro”).

“Prima le politiche a costo zero”
Affermazione da un lato condivisibile, dall’altro preoccupante: qualsiasi politica che introduce nuove regole o distorsioni ha effetti distributivi, e se impone restrizioni o obblighi costa in ogni caso al cliente finale anche se non introduce sussidi espliciti pagati con tasse e bollette.

“Usiamo anzitutto le partecipate dell'energia per realizzare le politiche energetiche e ambientali”.
Qui Di Maio sembra pensare a una gestione esplicitamente politica delle aziende partecipate dell’energia, che si poteva fare quando si trattava di enti pubblici monopolisti, mentre oggi in mercati liberalizzati le politiche pubbliche dovrebbero arrivare attraverso regole che valgono per tutti i competitori. Altrimenti si generano opacità e incertezza sia per le altre aziende del settore sia per gli stessi azionisti privati e conferitori di capitale delle partecipate, che non sanno più se la governance è industriale o politica.

Di Maio come in altri casi ha lodato la tecnologia “vehicle to grid”, che sta sviluppando Enel e che prevede l’uso degli accumulatori di auto elettriche come supporto alla rete quando le auto vi sono collegate. (Qui il ministro sembra dimenticare la sua stessa affermazione sulla neutralità tecnologica, e contraddice anche una sua stessa frase in cui ha citato l’auto elettrica come esempio di applicazione di cui non ci si dovrebbe innamorare).

Forse invece dell'auto elettrica faremmo bene a innamorarcene un po’: se andiamo a vedere i dati di penetrazione e politiche in Italia rispetto al resto del mondo sviluppato, per esempio nell’ottima rivista “Onda verde” dell’ACI (link sotto), scopriamo quanto da noi la mobilità elettrica sia enormemente indietro in termini di diffusione di auto e di colonnine di ricarica. Siamo, per esempio, più di un ordine di grandezza indietro rispetto alla Francia e con una dinamica che tarda ad avviarsi.

Rispetto alla Strategia Energetica Nazionale si può fare di più, ha dichiarato Di Maio. Ma purtroppo non si è più riferito alla strategia energetica del M5S, per molti versi ambiziosa e analizzata in passato qui su Derrick (link sotto).
Infine, trovo positivo l’accenno di Di Maio alla necessità di disincentivi alle aziende che inquinano. Proprio il superamento degli incentivi dannosi all’ambiente faceva parte del programma elettorale pentastellato ma, aimé, non di quello del Governo.


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