domenica 20 giugno 2021

Blackout e investimenti (Puntata 489 in onda il 22/6/21)

Pali della luce a Nara
(copyright Derrick)
Recentemente a Milano, con i primi caldi estivi di fine primavera, si è verificata una serie di blackout anche piuttosto lunghi, probabilmente dovuti alla minore efficienza dei consumi per raffrescamento in un contesto in cui molte persone lavorano da casa anziché in uffici con impianti centralizzati.

Questo si verifica all’alba di una lunga stagione in cui per raggiungere gli obiettivi di transizione ecologica i consumi di energia dovranno necessariamente avvenire sempre più in forma di elettricità, con il vantaggio da un lato di non produrre emissioni dannose nel luogo di consumo (e per quote sempre maggiori nemmeno in quello di produzione), dall’altro di facilitare l’uso di fonti rinnovabili. All’alba, in altri termini, di un’era in cui le reti elettriche saranno stressate ben più di quanto possa fare oggi il caldo di una normale giornata pre-estiva.

Il sindaco Sala, in relazione ai blackout, ha dichiarato la necessità di investimenti da parte del gruppo A2A, la ex municipalizzata dell’energia tutt’ora controllata dalle amministrazioni locali di Milano e Brescia, la quale possiede interamente Unareti, il gestore delle reti elettriche locali.

Quasi inevitabilmente le affermazioni di Sala stimolano una domanda: cos’ha impedito fino a oggi a Unareti di fare tutti gli investimenti necessari perché accendere i condizionatori non metta fuori uso più volte la città? Mancanza di fondi proprio no, visto che l’azienda, che svolge in regime di monopolio regolato la gestione della rete, riceve in tariffa quanto basta secondo l’Autorità per l’energia per mantenere e sviluppare la rete stessa, tanto che l’ultimo conto economico della stessa Unareti presenta un risultato netto di 100 milioni, poco meno del 5% dell’intero capitale investito, una remunerazione ottima per un’azienda che in quanto monopolista regolato non corre rischi di mercato.

A Sala andrebbe forse anche chiesto se non sia avvenuto e stia avvenendo che l’azienda energetica di Milano, così come altre ex municipalizzate in giro per l’Italia, sia in effetti usata dall’amministrazione come fonte di cassa più che come veicolo di potenziamento dell’infrastruttura che presidia, mostrando, se così fosse, quanto è incongrua l’affermazione (che pure è evergreen) secondo cui se un servizio è di particolare interesse pubblico allora sia meglio un operatore di proprietà pubblica per garantirne una disponibilità soddisfacente.

A Derrick già abbiamo notato come, basandosi sui dati dell’Autorità di settore, la tendenza di miglioramento dell’affidabilità delle reti locali dell’elettricità, che è stata uno dei successi innegabili della liberalizzazione, si sia da qualche tempo invertita. Tornare a un percorso di miglioramento è fondamentale, visti i cambiamenti che ci aspettano e che accennavamo all’inizio. Le tariffe pagate in bolletta dovrebbero già oggi bastare a tutti gli investimenti nelle reti, che in più potranno contare su oltre 4 miliardi dal PNRR. Che altro serve?


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martedì 18 maggio 2021

La bussola dell'inquinamento cittadino (Puntata 485 in onda il 18/5/21)

Da "The Economist", 8/5/2021

Questa è Derrick e questo è il 193esimo giorno dal decreto del 6/11/2020 che chiuse le scuole per la seconda volta senza che quelle superiori, anche nelle regioni più fortunate d’Italia, abbiano da allora mai più riaperto a pieno regime.

Torniamo a parlare a Derrick di qualità dell’aria nelle città, ma lo facciamo prendendola stavolta da lontano. Un articolo dell’Economist della seconda settimana di maggio 2021 mi ha molto colpito, tanto che per un po’ sono rimasto lì a guardarne i grafici esplicativi senza capire dove volessero arrivare.

Questi grafici, che riporto sul blog Derrickenergia.it insieme al link all’articolo (a pagamento e non sono autorizzato ovviamente a riprodurlo), sono a forma di cerchio il cui centro rappresenta il centro di una città. Quale città? Tutte le principali città della Gran Bretagna che sono state analizzate in questo studio recentemente pubblicato nel journal della University of Chicago a firma di tre accademici: Heblich, Trew e Zylberberg.

I tre studiosi hanno confrontato la localizzazione della popolazione residente a più basso reddito delle città considerate con la qualità dell’aria nei singoli quartieri. Per i periodi antecedenti alla disponibilità di rilevazioni, gli studiosi hanno usato modelli di dispersione degli inquinanti a partire dagli opifici con emissioni dannosi registrati nella documentazione disponibile. Lo studio ha coperto un periodo che inizia alla fine del XVIII secolo, cioè con la prima rivoluzione industriale, quando la Gran Bretagna, si può forse dire, ha inventato lo smog.

Ebbene, cosa emerge dallo studio? Che i poveri abitavano e abitano tutt’ora nelle zone più inquinate della città, che sono anche quelle con i prezzi delle case sensibilmente inferiori. Questo in parte si spiega con la prossimità agli opifici ma, secondo gli autori, significativamente di più con quella che potremmo chiamare gentrificazione della salubrità: le zone più inquinate esprimono proprio per questo prezzi delle case più bassi e sono alla portata dei redditi inferiori.

C’è una costante, a prima vista curiosa, che gli autori notano e che avvalora le loro conclusioni: nelle città dell’isola le zone inquinate sono perlopiù a Est e Nordest dei centri urbani (mentre gli opifici sono o erano distribuiti in modo omogeneo nella cintura cittadina). Perché? A causa dei venti prevalenti nella regione considerata (e non, per esempio, delle esalazioni dei fiumi, perché non sempre come avviene a Londra il fiume cittadino fluisce verso Est).

E guarda caso statisticamente più spesso a Est e Nordest sono i quartieri più poveri. E c’è di più: questo trend non si è affatto invertito, almeno non ancora, con la deindustrializzazione almeno parziale.

Si direbbe una conferma (e non ce ne sarebbe bisogno) dell’efficacia dei cosiddetti “prezzi edonici”, una tecnica con cui gli economisti ambientali misurano la disponibilità a pagare un bene ambientale (in questo caso l’aria più pulita) con i prezzi di altri beni che permettono di fruirne (in questo caso le case in determinati quartieri).

Continueremo il tema, ma spostandoci in Italia, nella prossima puntata.


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domenica 9 maggio 2021

Il ritardo dell'intelligenza artificiale (Puntata 484 in onda l'11/5/21)

Finestra a Regensburg
(Copyright Derrick)

Questa è Derrick e questo è il 186esimo giorno dal decreto del 6/11/2020 che chiuse le scuole per la seconda volta senza che le superiori, anche nelle regioni più fortunate d’Italia, abbiano da allora mai più riaperto a pieno regime. Il Governo tre settimane fa ha annunciato la riapertura, ha fatto un decreto in cui invece lascia la decisione alle Regioni che in qualche caso (per esempio in Lombardia) hanno sensibilmente aumentato i giorni in presenza, in altri come nel Lazio no. In generale, la riapertura completa sembra essere l’ultima delle aspirazioni di governo centrale (annunci a parte), regioni, e maggioranza dell’opinione pubblica. Lo stesso Enrico Letta in un tweet del 5 maggio 2021 si preoccupa delle aperture turistiche estive senza menzionare le scuole superiori part time.

Oggi parliamo non per la prima volta qui della cosiddetta intelligenza artificiale. Dopo 484 puntate, sarà pur capitato qualche volta a Derrick di imbroccare una previsione? Una di queste forse è proprio lo scetticismo sull’imminenza dell’arrivo dell’intelligenza artificiale.

Di questi giorni è la notizia che anche Uber ha gettato la spugna sullo sviluppo della sua piattaforma di guida autonoma e venduto il relativo ramo d’azienda. E in generale nelle auto anche più moderne non si sta assistendo all’introduzione della guida autonoma completa che invece molti avevano previsto già per lo scorso decennio. Ciò che si trova nelle auto anche di fascia media è quanto è disponibile già da diversi anni su quelle più costose: sistemi di assistenza alla guida in grado di compiere solo specifiche funzioni come tenere la corsia e la distanza (sterzando e frenando opportunamente) o parcheggiare una volta che l’auto sia in prossimità di uno spazio adatto.

Mi pare del resto che anche i più ottimisti sull’intelligenza artificiale ultimamente ammettano che l’automazione per ora può sostituire l’uomo in attività estremamente circoscritte e specializzate, ma non dove è necessario usare la capacità umana di vedere analogie tra ambiti diversi. Tant’è che l’insistenza con l’antropomorfismo dei robot comincia a dare un po' l'idea di fantascienza di modernariato (ma ricorderete che fino a pochi anni fa l’Istituto Italiano di Tecnologia aveva come prototipo di punta un robottino bianco antropomorfo).

Il famoso test di Turing, detto in modo molto semplificato, definisce intelligenza artificiale quella che sia indistinguibile rispetto a quella umana da un umano. Ecco: il fatto che comunemente nell’accesso a siti web ci venga richiesto di riconoscere banali immagini per dimostrare di non essere robot è appunto un test di Turing inverso detto test Captcha.

­Cosa ci indica la diffusione di questo test? Che l’intelligenza artificiale comunemente disponibile non sa riconoscere un semaforo, una casa o altre immagini estremamente banali quando sono confuse con altre e non invece isolate e stilizzate. Che è anche il motivo per cui la guida autonoma di veicoli funziona bene solo in contesti molto infrastrutturati in termini di mappatura dell’area e di connettività, e riesce a fare alcune cose ma non tutte.

Ringrazio per questa puntata Antonio Sileo direttore dell'Osservatorio sull'innovazione energetica I-Com il cui rapporto 2020 si è anche occupato di monitoraggio dello sviluppo di tecnologie di guida autonoma: https://www.i-com.it/wp-content/uploads/2020/07/la-ripresa-sostenibile-l-innovazione-energetica-chiave-dello-sviluppo-report-i-com.pdf 

Un'altra recente puntata di Derrick sulla guida autonoma è qui: http://derrickenergia.blogspot.com/2021/02/i-trasporti-locali-del-futuro-puntata.html