martedì 12 luglio 2022

"Tassonomia" UE delle attività sostenibili (Puntata 536 in onda il 12/7/22)

Noccioleti in provincia di Viterbo
La seconda settimana dell’energia di luglio 2022 è stata una conferma dei trend a cui ormai ci siamo abituati: prezzi del gas alle stelle, i governi di molti Paesi d’Europa che lanciano appelli o iniziative per il risparmio energetico, il nostro che finalmente inizia a pensarci – parole del ministro della transizione ecologica – e intanto rafforza i trasferimenti dal bilancio dello Stato per tenere le bollette (comunque altissime) più basse di quel che sarebbero in assenza di queste continue iniezioni di denaro. (A Draghi forse lo spread fa più paura visto da Francoforte che da Roma).

C’è stata però anche una novità nella settimana energetica: il voto al Parlamento Europeo sulla cosiddetta “tassonomia” con la cosiddetta “inclusione di gas e nucleare”.

Di cosa si tratta?

La “tassonomia” è una sorta di indicazione europea per ora rivolta agli investitori privati su quali attività siano considerabili coerenti o meno con le politiche del clima. Un’etichetta con criteri omogenei per guidare gli investimenti, un po’ come quelle sulle classi di consumo degli elettrodomestici, solo che qui un investimento o è sostenibile o no, senza sfumature.

Il voto del Parlamento UE ha dato via libera a una proposta della Commissione che considera, all’interno di alcune limitazioni e modificando l’impostazione iniziale, sostenibili anche investimenti nella filiera del nucleare - una fonte non rinnovabile ma senza emissioni dannose per il clima – e nel gas – una fonte fossile e quindi con emissioni dannose per il clima.

Perché dunque secondo i fautori dell’inclusione il gas può giovare al clima? Perché come sostituto di petrolio o carbone può accelerare la riduzione delle emissioni-serra in attesa di altre fonti che ne siano effettivamente prive.

Cosa forse vera in alcune economie, ma difficilmente applicabile all’Italia, che ha uno dei sistemi energetici già oggi più dipendenti dal gas al mondo (e ne stiamo pagando le conseguenze in termini di prezzi dell’energia), che ha già da tempo abbandonato l’uso dei prodotti petroliferi per la produzione di elettricità e che ricorre in misura limitata al carbone a fini energetici.

Non solo, il grosso delle nuove infrastrutture di gas in costruzione o previste in Italia (rigassificatori e reti da un lato, centrali termoelettriche dall’altro) gode di remunerazioni attraverso rispettivamente tariffe regolate e “capacity market”, due forme di rimborso sicuro in bolletta per gli investitori. Difficilmente quindi questi investimenti avrebbero patito ristrettezze di credito finanziario anche senza inclusione nella tassonomia.

In compenso, annacquare il segnale della tassonomia danneggia proprio quei settori in cui, rispetto al nostro mix di partenza già ricco di gas, dovremo investire per raggiungere gli obiettivi dello stesso Governo, cioè energie rinnovabili, efficienza, accumuli, reti elettriche “intelligenti”. I capitali necessari per questi settori, indiscutibilmente verdi, da oggi dovranno contendersi l’etichetta verde con quelli destinati al gas fossile.


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lunedì 27 giugno 2022

Difenditi così (Puntata 534 in onda il 28/6/22)

Potrebbe essere troppo tardi, ma finalmente un’iniziativa informativa congiunta dell’Autorità dell’energia e dell’Antitrust affronta espressamente il problema delle telefonate aggressive e spesso fraudolente di venditori di energia.

Nasce infatti un sito web chiamato in modo piuttosto diretto “Difenditi Così” (più farraginoso invece il testo della home page che non risparmia le solite “d” eufoniche in eccesso) pieno di informazioni utili e di link a strumenti importanti alcuni dei quali già da tempo attivi come il “trovaofferte” gestito dalla stessa Autorità con Acquirente Unico.

Leggere Difenditi Così (il cui link è naturalmente anche qui sotto) è utile anche per proteggersi dai venditori porta a porta, che nella mia esperienza sono spesso altrettanto scorretti dei telefonatori, come ho più volte testimoniato qui anche grazie all’aiuto degli ascoltatori.

Dicevo che potrebbe essere tardi rispetto alla credibilità della concorrenza al dettaglio nell’energia. Io sono il primo in effetti a sentirmi deluso da un mercato dove nel caso migliore riesco a scegliere un fornitore dal prezzo aggressivo ma ne vengo scaricato dopo un anno o se va bene due. Nel caso peggiore, mi vendono un prezzo e pago poi componenti aggiuntive inaspettate. Le telefonate e scampanellate moleste o apertamente truffaldine hanno fatto poi il resto.
Ma ci si è messo anche l’assetto del mercato (e qui è colpa del legislatore), che ancora conserva il monopolio delle ex municipalizzate elettriche nel fornire l’offerta standard di “Maggior tutela”, benché altre offerte di facile confrontabilità siano già previste da parte di tutti i fornitori. Un monopolio che ha anche portato, nel caso clamoroso di Enel e Acea, a una pesante condanna dell’antitrust di cui abbiamo già parlato qui a Derrick (link sotto).

Anche sotto questo aspetto però finalmente qualcosa sta cambiando. Con aste disegnate dall’Autorità per l’Energia i clienti-piccole imprese con potenze di consumo elettrico maggiori di 15 kW che avevano in precedenza diritto alla tariffa di tutela sono stati già spostati all’inizio del 2021 verso fornitori selezionati sulla base dell’economicità per il cliente. Stessa cosa che sta per avvenire per le microimprese con potenze minori (per cui la “tutela” finisce a inizio 2023). Per le forniture domestiche invece il passaggio sarà a inizio 2024.

Per i milioni di microimprese che devono lasciare la “tutela” quest’anno, l’Autorità ha già lavorato a un nuovo disegno delle aste, che prevede un processo di gara multisessione al ribasso con cui vari lotti di clienti sul mercato nazionale passeranno ai fornitori più competitivi (e con caratteristiche generali di affidabilità), con anche un limite antitrust sulle assegnazioni per evitare che pochissimi si spartiscano il mercato. A differenza dell’asta della prima tranche già passata al mercato, stavolta non si prevede un prezzo minimo di remunerazione dei fornitori, e quindi l’esito potrebbe rivelarsi ancora più conveniente per i clienti. Almeno per i quattro anni durante i quali i fornitori assegnatari devono mantenere le condizioni economiche esito dell’asta.

Quattro anni senza pensieri ma usufruendo di un prezzo competitivo non è male. Una sorta di concorrenza passiva in cui i clienti non devono fare nulla ma che permette lo stesso di giovarsi della competizione dei fornitori per contenderseli.

Vedremo come andranno le aste. E vedremo se la politica rispetterà i tempi previsti dalla legge per il passaggio anche dei clienti domestici, dopo che in passato ci sono stati più di un rinvio.


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domenica 12 giugno 2022

La fine dei pistoni (Puntata 532 in onda il 14/6/22)

Litio e sviluppo. Una foto di Marco Garofalo
(gentilmente concessa dall'autore, tratta da
"Energy Portraits" - Electa
di M. Garofalo e Matteo Leonardi)
Il voto al Parlamento Europeo sulla fine sostanziale della produzione di auto a motore endotermico nel 2035 ha riprodotto la solita dipartizione un po’ da tifo tra i fan della transizione e quelli della conservazione, spesso a base di slogan semplicistici.

Non fingo certo di essere super partes: per me la storia è costellata di esempi che mostrano come la resistenza al cambiamento sia tipicamente causa di successiva irrilevanza. Cito il caso arcinoto di Kodak, che avendo in azienda il brevetto del sensore della fotocamera digitale decise di tenerlo fuori dal mercato per proteggere le proprie quote nel business delle pellicole. (Qual è la quota di mercato di Kodak oggi?).

Ecco alcuni elementi sul tema dell’elettrificazione dei trasporti individuali spero utili a farsi un’idea:

  • L’Europa non è nuova all’uso di standard ambientali nel settore auto. Con la celebre sequenza di norme “Euro1-6” l’UE ha imposto (certo, dopo negoziati) regole che inizialmente sembravano inverosimili e che hanno invece dettato il passo dell’efficientamento dei motori a livello mondiale senza compromettere l’industria europea (in UE oggi si producono più auto che negli USA).
  • L’affermazione che l’auto elettrica non fa bene all’ambiente perché l’elettricità viene da combustibili fossili è sbagliata per due motivi: 1) già oggi in UE circa metà dell’elettricità è rinnovabile e i Paesi G7 (inclusa Italia) si sono appena impegnati a fare elettricità solo rinnovabile nel 2035, appunto. 2) anche se per assurdo facessimo tutta l’elettricità da carbone, delocalizzare le emissioni dannose fuori dai centri urbani sarebbe un enorme vantaggio sanitario. In Italia sono ancora oltre 50 mila all’anno i morti di inquinamento. Inoltre, l’efficienza dei motori auto è molto più bassa di quella degli impianti di generazione termoelettrica.
  • L'ansia sul futuro reimpiego delle risorse oggi dedicate ai motori endotermici dovrebbe essere sostituita dalla preoccupazione su come far decollare in fretta i settori che cresceranno, compresa tutta la filiera e le infrastrutture della ricarica. (Lo stesso segretario della Fiom de Palma dice che il problema del nostro settore auto è essersi mosso tardi, e non auspica affatto come soluzione un rallentamento degli obiettivi UE).
  • Qualsiasi transizione è resa costosa da politiche di mera salvaguardia dell’esistente. Come ha scritto Vanessa Ricciardi sul Domani, è un controsenso che il nostro governo dia ancora sussidi all’acquisto ad auto a motore tradizionale.

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