Il tema
sussidi ai consumi energetici ha occupato molte delle puntate recenti, e andrà
così anche in questa. Ricorderete che in Italia esistono meccanismi nelle bollette
che sussidiano i clienti industriali molto grandi e quelli con un rapporto tra costi
energetici e fatturato alto. Quest’ultimo meccanismo è stato introdotto su
prima iniziativa dell’ex ministro dello sviluppo economico Passera anche con l’obiettivo
di superare una discriminazione a favore dei consumatori industriali di grandi
dimensioni rispetto agli altri. Il guaio è che di discriminazioni se ne sono introdotte
altre, visto che l’attuazione dell’articolo 39 del decreto
che introduce il nuovo sconto prevede che il vantaggio ci sia solo per le
aziende manifatturiere.
Bene, in
risposta a questa discriminazione ci sono due fatti, uno positivo e uno
negativo. Quello positivo è che un gruppo di aziende delle telecomunicazioni
(anche loro voraci di energia) ha fatto ricorso contro la restrizione degli
sconti ai manifatturieri, cosa di cui ha dato conto tra gli altri Gionata
Picchio sul Fatto Quotidiano del 19 gennaio scorso (l’articolo al momento in
cui scrivo è riportato qui).
I
ricorrenti pare abbiano rinunciato a chiedere la sospensione della norma in
cambio di una celere udienza di merito presso il giudice amministrativo, alla
quale potrebbe seguire la decisione di bocciare il provvedimento nella sola parte
in cui restringe i beneficiari. Il risultato finale, se fosse così, è che
sarebbero più degli 800 milioni all’anno previsti ora i costi per sussidiare
gli energivori da parte dei non energivori. L’obiettivo dei ricorrenti quindi
sembra non una bocciatura dei sussidi, ma una sua estensione, e questo è il
fatto negativo.
Dopodiché,
prevedo, si arrabbieranno (giustamente) altre categorie discriminate: i clienti
energivori allacciati in bassa tensione, anch’essi oggi esclusi dalle norme
attuative, e infine i clienti non energivori, che potrebbero chiedere come mai
il fatto di consumare poco debba comportare di sussidiare chi consuma molto.
La
soluzione c’è: è l’abolizione dei sussidi al consumo tout court. Con meno distorsioni,
per giunta ingiuste, come minimo funziona meglio il mercato rispetto a uno in
cui si sussidiano un po’ tutti.
Peccato non l’abbia proposto Matteo Renzi nel
suo job act, ma è stato forse mal consigliato. Il consiglio che gli darei io è
di togliere tutti i sussidi al consumo di energia, e anche quelli alla
produzione, sostituendo gli aiuti alle rinnovabili con una carbon tax che le
renda comunque abbastanza convenienti (e quindi remunerative) da soddisfare gli
obiettivi europei, obiettivi peraltro più o meno già raggiunti dall’Italia per
quanto riguarda il 2020. Si risparmierebbero una quindicina di miliardi e anche
tenendo conto della carbon tax sarebbe un vantaggio per i consumatori.
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