Come ricordano Marzio
Galeotti e Alessandro Lanza su Lavoce.info (link sotto), l’accordo
di Parigi di fine 2015, già ratificato da 147 paesi sui 197 rappresentati nella
Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) firmata a Rio de Janeiro
nel 1992, è uno degli strumenti che traducono in azione l’obiettivo della Convenzione,
cioè stabilizzare in tempo utile le concentrazioni di gas a effetto serra
nell’atmosfera a un livello sufficiente a escludere effetti pericolosi delle attività̀
umane sul sistema climatico.
Notano sempre Galeotti e
Lanza come Trump abbia scelto di recedere dall’ultimo patto operativo
(l’accordo di Parigi) ma non dalla Convenzione quadro. Come mai? Forse perché
uscire da una convenzione ratificata da un presidente repubblicano (Bush) e dal
senato sarebbe stato difficile, o forse per accontentare il proprio elettorato
senza in realtà avere effetti immediati, visto che l’uscita dall’accordo di
Parigi, per come disciplinata dallo stesso accordo, richiede una procedura
abbastanza lunga da prolungarsi fin verso la fine del mandato di Trump. Il
quale, almeno per ora, non ha messo gli USA in un territorio di formale
illegalità rispetto ai termini dei patti contratti, come io qui a Derrick invece
prefiguravo sulla base delle dichiarazioni americane in seno al G7 energia
qualche tempo fa.
In che modo possiamo
osservare se le economie mondiali si stanno o non stanno preparando a un futuro
a basse emissioni-serra? Guardando gli investimenti e le scelte delle aziende, che
sono solo in parte determinate da politiche vincolanti degli Stati, visto che
chi prende decisioni economiche di lungo termine deve farsi un’idea di come
sarà il futuro anche anticipando le decisioni politiche. E abbiamo visto a
Derrick che sono state anche le aziende, perfino del settore petrolifero come
Exxon, a chiedere ai politici segnali più coerenti verso la decarbonizzazione.
Negli USA del resto si
sta massicciamente investendo in infrastrutture per l’esportazione di gas
naturale allo stato liquido e forse non è molto credibile che il loro
presidente danneggi il settore del gas (veicolo nel medio termine di una
filiera energetica meno carboniosa) a vantaggio dell’industria del carbone.
Carbone per il quale la domanda mondiale è calata per due anni di seguito secondo l'outlook di BP, iniziando un trend che, per usare le parole di Sissi Bellomo del Sole 24 Ore, è difficilmente invertibile.
Carbone per il quale la domanda mondiale è calata per due anni di seguito secondo l'outlook di BP, iniziando un trend che, per usare le parole di Sissi Bellomo del Sole 24 Ore, è difficilmente invertibile.
Non serve quindi una
politica internazionale di indirizzo nel contenimento delle emissioni serra?
Certo che serve. Secondo Christian de Perthuis, che ne ha scritto su Les Echos
del 7 giugno 2017 (ringrazio la preziosa rassegna stampa di Aiget) la politica di
decarbonizzazione dev’essere rafforzata puntando sui sistemi di disincentivo
economico alle emissioni. E il principale di questi sistemi, l’europeo Emission
Trading Scheme, necessita secondo De Perthuis di essere rivitalizzato, come in
effetti prevede la proposta della Commissione UE contenuta nel cosiddetto
“quarto pacchetto” clima-energia, che nei prossimi mesi passerà al vaglio del
Consiglio e del Parlamento UE.
Ne potrebbero essere perfino
gli stati americani più sensibili in materia, come la California, scrive De
Perthuis, i futuri membri o emulatori.
La crisi del carbone statunitense
La crisi del carbone statunitense
Scrivevano Jon Camp e
Kris Maher il 20 giugno 2017 sul Wall Street Journal che negli Stati Uniti in 5 anni sono state chiuse 350 centrali elettriche a carbone, sostituite
perlopiù da altre a gas, la fonte ormai più diffusa negli Stati Uniti e che ha
scalzato il primato che era proprio del carbone come fonte di 1/3
dell’elettricità totale prodotta.
Ne derivano e deriveranno
problemi occupazionali non solo alle miniere degli Appalachi, ma alle comunità
di vari Stati dell’Est e centro Est come Ohio, Pennsylvania, New Jersey,
Tennessee, Michigan.
Come abbiamo visto sopra
e in altre puntate (link sotto), la causa di questo è l’accresciuta
competitività del gas naturale americano, resa possibile dagli enormi
investimenti in nuove tecnologie di estrazione. Ma anche da limitazioni di
emissioni inquinanti pericolose (regole indipendenti da quelle sui gas-serra) e
dalla migliore flessibilità delle centrali a gas per compensare l’intermittenza
delle rinnovabili.
Foto trovata da Giovanna Milner |
Ci sono organizzazioni
che negli USA chiedono alla politica di fermare questa tendenza, per salvare
l’occupazione della filiera del carbone (link sotto).
Ed è comprensibile e
inevitabile che ci siano, com’è successo altre volte in relazione a tanti
settori che venivano scalzati dal progresso tecnologico. Che ne è stato
dell’indotto delle macchine a vapore, dei calcolatori a schede perforate, della
fotografia chimica? Molte aziende sono fallite, altre si sono riconvertite, di
sicuro il tipo di competenze richieste ai loro lavoratori è almeno in parte
cambiato.
Per il mondo
dell’energia, l’innovazione di informatica e telecomunicazioni, degli apparecchi
di generazione e stoccaggio d’elettricità e delle tecniche – di cui a Derrick
già anni fa abbiamo parlato – su ricerca e coltivazione di idrocarburi stanno
portando e porteranno cambiamenti enormi. Non è credibile fermarli per
garantire continuità agli occupati del carbone.
Reddito minimo e innovazione?
Questo episodio, come
tanti altri, secondo me mostra come un paracadute al reddito di chi perde il
posto sia importante per aiutare l’innovazione.
Se un’innovazione rischia
di buttarmi sul lastrico perché dovrei appoggiarla?
Posso farlo solo se il
sistema di welfare mi riduce i danni e aiuta a riconvertirmi.
Se questo è vero, è uno
degli argomenti per sostenere che un reddito minimo garantito ben disegnato
aiuta ad accelerare l’innovazione e, quindi, a rendere la comunità nel
complesso più competitiva e ricca.
Link utili
- Una puntata di Derrick più aggiornata sullo stesso tema:
http://derrickenergia.blogspot.com/2018/11/trump-accordo-di-parigi-e-lindustria.html - Galeotti e Lanza su lavoce.info (9 giugno 2017): http://www.lavoce.info/archives/47311/trump-clima-promesse-elettorali-scelte-politiche/
- Enzo Di Giulio sugli esiti del G7 ambiente e sugli effetti della decisione americana: http://rienergia.staffettaonline.com/articolo/32853/G7+Ambiente+all'ombra+di+Trump,+anzi+dell'America/Di+Giulio&utm_source=email&utm_medium=Newseletter
- Alcune puntate di Derrick in cui si parla di decarbonizzazione:
http://derrickenergia.blogspot.it/search/label/Decarbonizzazione - La prima di una serie di puntate di Derrick sulle nuove tecniche di estrazione idrocarburi (fracking): http://derrickenergia.blogspot.it/2013/09/torno-dopo-lapausa-di-agosto-e-come.html
- Siti americani di movimenti in difesa del carbone: http://www.betterwithcoal.com/, http://www.pacoalalliance.com/
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