domenica 11 marzo 2018

La guerra commerciale di Trump (Puntata 349 in radio il 13/3/18)


Inizio questa puntata di Derrick con una nota autoapologetica: questa rubrica di Radio Radicale riceverà il 22 marzo 2018 a Roma il premio giornalistico Energia del vento per la sezione radio da parte dell’Anev, associazione di produttori eolici, insieme per le altre sezioni ad Antonio Cianciullo di La Repubblica, Romina Maurizi di Quotidianoenergia, Tiziana Petrini e Simone Socionovo di greentg.it, Luca Aterini di greenreport.it.
Grazie all’Anev per questo graditissimo riconoscimento.

Oggi parliamo, sulla base di una mia piccola rassegna stampa nazionale e internazionale, della decisione di Trump di introdurre un dazio del 25% sulle importazioni di acciaio negli USA e del 10% su quelle d’alluminio. Decisione motivata – com’è d’uso in questi casi – dalla necessità di proteggere la sicurezza nazionale e l’economia interna da concorrenza sleale (entrambe definizioni abbastanza generiche da poter essere sempre invocate).
All’annuncio sono seguite le dimissioni di Gary Cohn, direttore del consiglio nazionale per l’economia e importante componente dello staff della Casa Bianca, ex banchiere di Goldman Sachs.

Gli interessi di chi fa questa decisione? Di sicuro, almeno nel breve periodo, quelli dei produttori locali di acciaio e alluminio tra cui US Steel, che si prepara a riaprire un altoforno a Granite City, un sobborgo di St.Louis ma nel territorio dell’Illinois, altoforno chiuso nel 2015 con conseguente dimezzamento dell’organico che a regime contava nell’area circa 1500 addetti.
Ma se si escludono i produttori americani di acciaio e alluminio, le reazioni anche statunitensi alla decisione sembrano perlopiù negative. Una delle principali associazioni industriali locali, l’US chamber of commerce, ha dichiarato preoccupazione per l’inizio di una guerra commerciale. Secondo Trade Partnership Worldwide (uno studio di analisi economica americano), a fronte di meno di 34mila posti di lavoro potenzialmente creati negli US, se ne perderanno quasi 180mila nello stesso paese a causa della minore competitività delle aziende che usano acciaio e alluminio come prodotti intermedi. Altra conseguenza è che i consumatori finali dei beni più diversi prodotti negli USA dovranno pagare una tassa in maggiori prezzi dei prodotti. In effetti perfino tra i cittadini ci sarebbe una maggioranza di oppositori alla misura secondo un sondaggio della Quinnipiac University, un ateneo del New England.
Si vede poi un approccio piuttosto dirigistico e potenzialmente arbitrario nel modo in cui l’amministrazione gestirà le esenzioni ai dazi, per le quali è possibile presentare richieste alla casa bianca.
Un'immagine del sito di Portovesme da sardiniapost.it
Il direttore del WTO (organizzazione mondiale per il libero commercio) ha ricordato che con “occhio per occhio” si diventa tutti ciechi, e che una guerra commerciale globale avrebbe complessivamente un effetto recessivo. Ma è proprio il WTO a essere indebolito dal rifiuto degli USA di votare nuovi membri della sua commissione di soluzione delle controversie, senza il funzionamento della quale l’organismo è scarsamente efficace.
Infine una curiosità. Proprio l’americana Alcoa, in Sardegna, ha prodotto alluminio a fronte di aiuti pubblici nelle bollette elettriche per circa 2 miliardi complessivi, alla fine dei quali ha abbandonato il sito. L’accertamento di parte dei sussidi è costato all’Italia una procedura d’infrazione europea (informazioni dettagliate da vecchie puntate di Derrick al link sotto).


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