Inizio questa puntata di Derrick con una nota autoapologetica: questa rubrica di Radio
Radicale riceverà il 22 marzo 2018 a Roma il premio giornalistico Energia del
vento per la sezione radio da parte dell’Anev, associazione di produttori
eolici, insieme per le altre sezioni ad Antonio Cianciullo di La Repubblica,
Romina Maurizi di Quotidianoenergia, Tiziana Petrini e Simone Socionovo di
greentg.it, Luca Aterini di greenreport.it.
Grazie all’Anev per
questo graditissimo riconoscimento.
Oggi parliamo, sulla base
di una mia piccola rassegna stampa nazionale e internazionale, della decisione
di Trump di introdurre un dazio del 25% sulle importazioni di acciaio negli USA
e del 10% su quelle d’alluminio. Decisione motivata – com’è d’uso in questi
casi – dalla necessità di proteggere la sicurezza nazionale e l’economia
interna da concorrenza sleale (entrambe definizioni abbastanza generiche da
poter essere sempre invocate).
All’annuncio sono seguite
le dimissioni di Gary Cohn, direttore del consiglio nazionale per l’economia e
importante componente dello staff della Casa Bianca, ex banchiere di Goldman
Sachs.
Gli interessi di chi fa
questa decisione? Di sicuro, almeno nel breve periodo, quelli dei produttori locali
di acciaio e alluminio tra cui US Steel, che si prepara a riaprire un altoforno
a Granite City, un sobborgo di St.Louis ma nel territorio dell’Illinois, altoforno
chiuso nel 2015 con conseguente dimezzamento dell’organico che a regime contava
nell’area circa 1500 addetti.
Ma se si escludono i produttori
americani di acciaio e alluminio, le reazioni anche statunitensi alla decisione
sembrano perlopiù negative. Una delle principali associazioni industriali locali,
l’US chamber of commerce, ha dichiarato preoccupazione per l’inizio di una
guerra commerciale. Secondo Trade Partnership Worldwide (uno studio di analisi
economica americano), a fronte di meno di 34mila posti di lavoro potenzialmente
creati negli US, se ne perderanno quasi 180mila nello stesso paese a causa
della minore competitività delle aziende che usano acciaio e alluminio come
prodotti intermedi. Altra conseguenza è che i consumatori finali dei beni più
diversi prodotti negli USA dovranno pagare una tassa in maggiori prezzi dei
prodotti. In effetti perfino tra i cittadini ci sarebbe una maggioranza di
oppositori alla misura secondo un sondaggio della Quinnipiac University, un
ateneo del New England.
Si vede poi un approccio
piuttosto dirigistico e potenzialmente arbitrario nel modo in cui l’amministrazione
gestirà le esenzioni ai dazi, per le quali è possibile presentare richieste
alla casa bianca.
Un'immagine del sito di Portovesme da sardiniapost.it |
Il direttore del WTO (organizzazione
mondiale per il libero commercio) ha ricordato che con “occhio per occhio” si
diventa tutti ciechi, e che una guerra commerciale globale avrebbe complessivamente
un effetto recessivo. Ma è proprio il WTO a essere indebolito dal rifiuto degli
USA di votare nuovi membri della sua commissione di soluzione delle
controversie, senza il funzionamento della quale l’organismo è scarsamente
efficace.
Infine una curiosità.
Proprio l’americana Alcoa, in Sardegna, ha prodotto alluminio a fronte di aiuti
pubblici nelle bollette elettriche per circa 2 miliardi complessivi, alla fine
dei quali ha abbandonato il sito. L’accertamento di parte dei sussidi è costato
all’Italia una procedura d’infrazione europea (informazioni dettagliate da vecchie puntate di Derrick al link sotto).
Link utili
- Premio giornalistico "Energia del vento": http://www.anev.org/2018/03/08/premio-giornalistico-anev-2017-lanev-annuncia-vincitori-riceveranno-premio-22-marzo-2018/
- Le puntate di Derrick sul caso dei sussidi all'americana Alcoa in Sardegna: https://derrickenergia.blogspot.it/search?q=alcoa
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