martedì 23 giugno 2020

Le infrastrutture (inutili?) che piacciono ai politici (Puntate 408-9 e 442 in onda il 10-17/9/19 e 23/6/20)

Puntata 408
Un tornante del versante umbro del vecchio valico di Fossato

Malgrado la lagna sulla carenza di infrastrutture viarie cui gran parte dei politici si attiene, il nostro territorio continua a vedere le conseguenze di nuove superstrade che abbandonano vecchi valichi e antichi borghi (in qualche caso accelerandone l’agonia) e facilitano i trasporti su ruota in particolare attraverso gli aspri e magnifici Appennini.

Io sono originario di Mondavio, un borgo nelle colline dell’entroterra pesarese (nord delle Marche), e facendo su e giù da Roma ho visto tante di queste trasformazioni. L’eroica antica via Flaminia, il cui tracciato originale ancora resiste in parti significative del percorso insieme a quello altrettanto affascinante della linea ferroviaria Roma-Falconara Marittima, è oggi attraversata da assi viari moderni, in alcuni casi evidentemente sovradimensionati, che si muovono da Ovest a Est. Un esempio, completato pochi anni fa, è la superstrada della valle di Col Fiorito (variante alla SS 77), che quasi interamente in gallerie modernissime e con un asfalto perfetto collega Foligno con il preesistente tratto di superstrada per Macerata e Civitanova Marche. Oggi del meraviglioso altopiano di Colfiorito, coi suoi colori, le norcinerie e purtroppo le solite casette post terremoto, l’automobilista di trasferimento non vede più nulla. Ha in compenso la soddisfazione di una strada davvero ben fatta, e sostanzialmente vuota nel tratto sotto al valico, che permette a chi se ne frega dei limiti di andare veloce a piacere (se occupate a 110 km/h la corsia di sorpasso, rischiate di essere tamponati violentemente). Credo che se calcolassimo quanto costa a passaggio un’infrastruttura del genere ci spaventeremmo e capiremmo che quantomeno dovrebbe esserci un pedaggio.

Sulla ciclabile Spoleto-Assisi
Poco a nord di Perugia, un’altra superstrada di concezione moderna prolunga quella proveniente da Ancona e Fabriano, evitando il sinuosissimo valico di Casacastalda, su cui in passato più di un mio benemerito passeggero è dovuto ricorrere al sacchetto per il mal d’auto. Per la verità proprio lì sotto, sulla nuova SS318, il principale tratto in galleria non ha visto la realizzazione della seconda canna, e quindi la superstrada diventa a carreggiata unica, peraltro senza che io abbia mai visto code. Cosa indica questo? Da un lato che il progetto era sovradimensionato, dall’altro che realizzandolo senza seconda galleria ne viene compromessa la portata rendendo poco utili anche i tratti a carreggiata doppia.

La stessa superstrada deve affrontare più a Est il suo valico più alto prima di Fabriano, dove una nuova coppia di tunnel di base ha al momento in cui scrivo lasciato chiuso un altro asse di gallerie del precedente tracciato. Si tratta di un’area estremamente aspra e boscosa tra il monte Cucco a Nord e i monti che sovrastano Fossato di Vico a Sud, un borgo umbro di confine i cui collegamenti stradali diretti con il versante marchigiano sono paradossalmente oggi complicati proprio dalla modernizzazione della SS318 che ha isolato il precedente tracciato.

Questo l’ho scoperto in bicicletta quando ho percorso pedalando i 300 km tra Roma e Mondavio evitando le strade principali. E proprio al confine tra Umbria e Marche, quando a Osteria del Gatto dovevo lasciare la valle della strada Flaminia per salire a Est verso Fabriano, ho scoperto che la nuova variante stradale non mi lasciava alcuna alternativa ciclabile all’antichissimo, abbandonato, meraviglioso “vecchio valico di Fossato”, le cui buche mettono a rischio gomme e sospensioni di un’auto comune e lo trasformano di fatto in un valico ciclabile fuori dal tempo, con i boschi che invadono i tornanti angusti e un’antica locanda quasi sul culmine, abbandonata da quando la prima versione della superstrada, oggi pure quella abbandonata, fu realizzata.

Le strade veloci piacciono ai politici, inclusi quelli locali che così promettono commesse. Ma investimenti del genere hanno conseguenze complesse sull’ambiente, sugli equilibri sociali locali e sulla sopravvivenza dei borghi, soprattutto se non si ragiona su come riqualificare il territorio occupato dai vecchi tracciati. E quando queste infrastrutture sono ingiustificate in termini di traffico, diventano anche un pessimo affare per chi paga le tasse.


Aggiornamento: puntata 442


Nel giugno 2020 il tratto marchigiano del vecchio valico di Fossato
è chiuso al traffico. (Copyright Derrick)
Sono tornato in bici il 14/6/2020 sul vecchio valico di Fossato e a differenza del mio ultimo passaggio nell’agosto 2019 (descritto sopra), al culmine ho trovato transenne a impedire l'accesso al lato marchigiano chiuso al traffico.

[AGGIORNAMENTI: A metà settembre 2020 un ulteriore sopralluogo alla base della salita nel tratto marchigiano mostrava che il tratto è sempre chiuso al traffico veicoli (senza che siano specificate eccezioni) ma senza barriere che impediscano fisicamente il passaggio. Non ho ulteriormente verificato la situazione a monte. Il 30 ottobre 2021 i segnali di divieto erano spariti, qualche buca nel lato marchigiano riempita e un tornante franato era stato protetto da una barriera temporanea. Il valico e i due suoi versanti risultavano quindi aperti anche alle auto. Sempre nella stessa data notavo che un tratto della superstrada dismessa a monte dell'intersezione della strada del vecchio valico (lato umbro) era stato ricoperto di terreno e piantumato: una notizia finalmente molto buona perché mostra almeno in questo caso un'azione di restituzione al territorio di un'infrastruttura abbandonata. Chi ha fatto sopralluoghi più recenti per favore mi scriva!]

La Quadrilatero che passa sotto, ormai quasi conclusa, costerà complessivamente almeno 2,2 miliardi di Euro, mentre i soldi per rendere sicuri in bici i pochi chilometri del versante marchigiano del passo di Fossato evidentemente non ci sono.

Certo, sono fondi diversi di amministrazioni diverse, ma l’assurdità complessiva a me sembra evidente. Qual è la coerenza tra una visione sostenibile e diffusa dello sviluppo da un lato e scelte infrastrutturali dall'altro che mirano solo al collegamento veloce tra gli hub urbani abbandonando i borghi e rendendo difficile la fruizione delle bellezze locali?

Invito gli amministratori coinvolti a farsi vivi qui a Derrick per dire la loro o anche solo correggermi se necessario. Sarebbero benvenuti.

Puntata 409

Grazie agli ascoltatori/lettori che hanno commentato la puntata 408.
Tra chi ha scritto c’è David Greco che in un commento su Twitter dice che anche la superstrada sarda 131 è sovradimensionata, mentre Antonio Iacono segnala alla mail derrick.energia@gmail.com che il raddoppio della Catania-Ragusa è a suo avviso ingiustificato in termini di traffico.

Ci sono città come Catanzaro e Isernia, piuttosto piccole ma accidentate per la loro altitudine, che hanno reti di svincoli rampanti degni di Los Angeles.
Da Matera verso Nord-Ovest si possono percorrere superstrade letteralmente vuote come la 655, che nel bellissimo e desolato scenario lucano tra pianori e gravine in stile New Mexico costeggia a un certo punto il grande lago di Serra del Corvo. Sulla 655 si vola, ma se provate a uscirne allo svincolo di Fontana Vetere per raggiungere le rive del lago vi trovate (ai tempi in cui scrivo) in una provinciale letteralmente intransitabile a causa delle buche e con i cartelli completamente sbiaditi.

Non pretendo di avere una percezione esaustiva delle nostre infrastrutture stradali, ma che manchino assi viari veloci in Italia a me sembra in generale molto difficile da sostenere. Se mai manca manutenzione delle strade meno recenti e di quelle locali. Del resto, se se ne fanno di nuove mantenendo (come spesso è inevitabile) anche i vecchi tracciati è evidente che l’onerosità della manutenzione aumenta.

Il presidente del Consiglio Conte aprendo l’edizione 2019 della fiera del Levante di Bari ha fatto il classico discorso sulla carenza di infrastrutture nel Sud, citando per fortuna anche l’istruzione tra le cose che servono. Ha richiamato poi l’alta velocità ferroviaria, che secondo lui bisogna assolutamente portare a Bari.
Forse sono io che non mi sono accorto che siamo tornati indietro di un secolo, al futurismo e alla sua smania di velocità. Ma davvero nell’era delle autostrade telematiche, in un Paese con emergenza analfabetismo, giustizia, burocrazia, legalità, ambiente, pensiamo che l’elemento critico per sbloccare lo sviluppo sia allocare miliardi e territorio per risparmiare un quarto d’ora di treno o di auto per andare in un capoluogo?
Se si realizzasse una linea ad alta velocità Salerno-Bari facendola pagare ai viaggiatori e non con le tasse, ci sarebbe una sollevazione dei passeggeri. E tanti centri lungo il percorso perderebbero connessione.

Chiudo passando all’altro estremo: quello della lentezza. Che non credo affatto sia un valore di per sé. Ma sperimentarla ogni tanto in modo radicale può essere illuminante: si scopre una dimensione del nostro mondo che normalmente è risucchiata fuori dal finestrino, così come osservando al microscopio si vede un mondo diverso, che pure è parte di noi. Lo sa chi ha provato una lunga marcia a piedi. Come il pellegrinaggio a Santiago de Compostela, oggi boom turistico tanto che c’è un’economia di servizi per i pellegrini lungo il percorso, o la via francigena su cui s’incontrano un sacco di camminatori anche stranieri. O il “2° Cammino internazionale dell'Antica Trasversale Sicula”, che mi segnala il già citato Antonio Iacono, in partenza il 4 ottobre [2019]. Link qui sotto.

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