Vigne nei pressi di Biassa (SP) |
licenziato dal governo è una fotocopia dell’impostazione del governo Draghi.
Se è vero che lo sfruttamento del gas nazionale è stato in
parte limitato da un irrigidimento delle norme sulle concessioni, è più vero
che la riduzione della produzione si deve soprattutto al progressivo esaurimento
delle riserve. Meno ne rimangono, più si tratta di giacimenti costosi e
marginali spesso non competitivi con quelli dei grandi esportatori (come i
paesi del Golfo o gli USA) nemmeno tenendo conto dei minori costi di trasporto.
Il Governo ha parlato di un miliardo e mezzo addizionale
all’anno di metri cubi di produzione possibili su un consumo italiano di oltre
70, una quantità che non modificherebbe il prezzo di mercato e che arriverebbe
– per le nuove concessioni – in ritardo rispetto ai prossimi (pochi) inverni
critici a fronte di previsioni di consumo in calo evidente.
Riguardo al rapporto tra gas nazionale e sconti alle aziende
gasivore, si tratta di una connessione solo apparente. Infatti il decreto non
prevede alcuna relazione fisica tra nuova produzione e aziende beneficiarie,
bensì contratti finanziari che il Gestore dei Servizi Energetici stipulerebbe
con i nuovi concessionari e che impegnerebbero le parti a compensare il prezzo
della quantità di gas contrattualizzata rispetto al suo valore di mercato.
Funzionerà così: se il prezzo di mercato supera quello pattuito nel contratto,
il produttore (che il gas lo vende comunque sul mercato) paga la differenza al
GSE, mentre se il prezzo è più basso la riceve. Quindi il GSE si troverebbe in
mano un diritto/obbligo di pagare il gas una certa cifra prestabilita
indipendentemente dal suo valore sul mercato. Dopodiché farebbe simili
contratti (per la stessa quantità di gas sotteso) con i clienti aventi diritto,
rovesciando a loro lo stesso diritto/obbligo.
La norma non prevede maggiori oneri per il GSE (se non
l’impegno di occuparsi della cosa, immagino) e quindi nemmeno rischi in capo a
lui, voglio sperare. Se è così, i clienti gasivori che si impegnano nel lungo
termine a pagare il gas un prezzo minimo di almeno 50 €/MWh previsto nel
decreto si prendono un bel rischio, visto che la storia del mercato vede prezzi
in genere più bassi.
Se invece i clienti finali possono sfilarsi dal contratto
quando vedono prezzi di mercato più bassi e lasciare il cerino acceso in mano
al GSE, allora c'è un rischio di danno erariale per i contribuenti, che si
ritroverebbero a trasferire tanto più denaro ai concessionari della produzione di gas quanto più se ne abbassano i prezzi.
Se quindi l’idea del Governo è recuperare risorse per
abbassare le bollette (speriamo in modo selettivo), contratti come questi
avrebbero un effetto controproducente in uno scenario di normalizzazione dei
prezzi. Prolungherebbero infatti gli “extraprofitti” delle aziende del gas
anche molto dopo la crisi.
Piuttosto che questo, sarebbe una buona idea allineare
l’Italia agli altri paesi occidentali ed eliminare le franchigie che oggi
rendono le royalty in capo ai concessionari di gas in Italia molto più basse.
Che poi parlare di royalty eque suonerebbe anche meglio rispetto a “tassare gli extraprofitti”, no?
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