Bucarest, piazza della rivoluzione |
Ho preso online tramite il mio fornitore un appuntamento con
la società di distribuzione locale, che gestisce rete e contatori, e il giorno
previsto si è presentato un addetto che ha chiuso il contatore e ha apposto un
sigillo. Tutto qui. Non è stato non dico smontato, ma nemmeno tappato nulla.
L’operazione mi ha ricordato me stesso quando conservo oggetti
che in cuor mio so non userò mai più. Lo faccio forse per illudermi di essere
eterno, di poter un giorno se mi va ricominciare abitudini o cicli che in
realtà si sono chiusi e appartengono a mondi ormai desueti. (Mi viene in mente
una canzone struggente dell’ultimo album di Joe Cocker, intitolata Younger, in
cui l’io narrante si propone quando sarà più giovane di fare un sacco di cose
che ha finora tralasciato).
A proposito: in casa ho perfino riutilizzato una parte delle
tubazioni del gas per farci passare filodiffusione per musica. Chi mai, anche
se vendessi casa, ristrutturandola penserebbe mai di ripristinare apparecchi a
gas mentre pressoché tutte le abitazioni vengono oggi progettate con
alimentazione energetica solo elettrica?
L’Europa va verso l’abbattimento del 90% delle emissioni CO2
nel 2040 rispetto al ’90, e a emissioni nette nulle nel 2050. E un’analisi
della Commissione europea prevede che nel 2050 useremo oltre il 70% in meno di
idrocarburi gassosi rispetto a oggi, anche considerando biogas e idrogeno.
In un podcast-intervista che linko sul blog Derrick Energia,
Jan Rosenow di Regulatory Assistance Project, una brillante società di
consulenza al settore pubblico con sede a Oxford, nota non per la prima volta
il rischio economico legato al fatto che migliaia di chilometri di reti ad alta
pressione di gas e milioni di chilometri di reti cittadine sono valutate negli
stati patrimoniali delle aziende che le gestiscono come cespiti in grado di
produrre reddito ancora a lungo mentre in realtà saranno inutili molto preso.
Non solo, in paesi come il nostro si investe ancora in nuove reti, fatte per
durare anche 80 anni. A metterci i soldi sono anche fondi pensione che
dovrebbero invece fuggire da infrastrutture che rischiano di non valere più
nulla molto prima di quando il loro attuale tasso di ammortamento preveda.
Il mio contatore elettronico seminuovo sul pianerottolo, che
verosimilmente non servirà mai più, ma forse è perfino ancora teleletto, è lì a
testimoniare tutto ciò.
Più tardi smetteremo di investire in, e più tardi gestiremo un
deprezzamento accelerato delle reti del gas, peggio sarà per chi si ritroverà
coi suoi capitali ivi impiegati quando saranno diventate completamente inutili,
dice Rosenow.
Conoscendo come funzionano le cose da noi, è molto probabile
che alla fine col cerino in mano resteranno i contribuenti, dopo che chi avrà
potuto avrà ceduto le quote a qualche fondo pubblico tipo CDP reti.
Link
Due interviste a Jan Rosenow di Regulatory Assistance Project:
- https://www.youtube.com/watch?v=7Kvd4bf0mLo
- https://gasoutlook.com/analysis/europe-needs-to-decommission-gas-infrastructure-as-demand-plummets/