Il 10 aprile scorso Staffetta Quotidiana ha pubblicato, nell’ambito
della discussione sul prezzo finale dell’energia e su dove trovare risorse per
ridurlo, un articolo di Federico Pontoni e Antonio Sileo dell’Istituto di Economia
delle Fonti di Energia dell’università Bocconi, che parla di rendite
idroelettiche.
Cos’è la rendita idroelettrica?
L’Italia è storicamente un fortissimo produttore di
elettricità dall’acqua, circa 44 TWh su 328 consumati nel 2012, soprattutto grazie
ai grandi bacini alpini costruiti nella prima metà del Novecento, mentre il
nuovo potenziale sfruttabile è ormai minimo. L’idroelettrico è insomma la
frazione più tradizionale e matura della produzione da fonti rinnovabili, ed è
in buona parte (salvo i lavori di ammodernamento) già stato economicamente
ammortizzato. Costi fissi quindi ormai bassi, e variabili anch’essi minimi, con
la conseguenza che la gestione di questi impianti produce margini molto elevati
sui costi totali, in particolare in Italia dove i prezzi all’ingrosso dell’elettricità
sono ancora (anche se recentemente in modo meno elevato) più alti di quelli dei
principali mercati europei.
Un working paper del 2013 del Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell’Università
di Udine, dello stesso Pontoni con Antonio Massarutto, analizza le centrali
idro della provincia di Sondrio, una quota significativa di quelle nazionali, e
inferisce un margine unitario nazionale sui costi totali tra i 40 e i 70 €/MWh circa
nel periodo considerato (che però, lo ripeto, esprimeva prezzi dell’energia
maggiori di quelli attuali), per un totale, scrivono Pontoni e Sileo su
Staffetta, tra 1,4 e 2,3 miliardi di Euro all’anno.
La derivazione di acque per la produzione idroelettrica italiana
avviene in regime di concessione pubblica, il cui rinnovo è gestito dalle Regioni.
E una quota importante delle concessioni sta per scadere. La legge ora prevede gare
per l’assegnazione con pagamento di una quota fissa e anche cessione di una quota dei
ricavi. Ma gli autori del paper propongono un sistema più sofisticato di
estrazione della rendita, legato all’effettivo margine sui costi medi. Secondo Pontoni
e Sileo questo permetterebbe allo Stato di trattenere – e usare per abbassare
le bollette - più di quanto oggi riesce, che è meno della metà dei margini
effettivi.
Il tema è interessante. Infatti non è razionale da parte
dello Stato lasciare in mano ai concessionari delle derivazioni idro margini elevati
su investimenti ammortizzati. Se mai si può discutere se anche solo con aste
più efficaci per il rinnovo si potrebbe di per sé ottenere un effetto simile.
Una questione comunque calda, in cui le Autorità di vigilanza dovranno essere
più che occhiute, vista l’attuale forte concentrazione di questi interessi in capo
a pochi operatori, tra cui l’Enel controllata dallo Stato e alcune utility controllate
da enti locali del nord.
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