venerdì 2 dicembre 2022

Il prezzo marginale (Puntata 552 in onda il 29/11/22)

Il più alto influenza tutti
(Foto di Perla Lisset Medina)
Quando un mercato esprime prezzi molto alti di solito si aprono quesiti o polemiche che finiscono per
investire aspetti anche esistenziali dei mercati stessi. La tentazione, forse un po’ inevitabilmente, è sempre la stessa: pensare che addomesticare un prezzo con una sospensione del mercato renda più economico l’approvvigionamento di una risorsa scarsa.

Una domanda che più volte è arrivata a Derrick è: perché sulla borsa elettrica tutta l’energia acquisisce il prezzo della sola ultima unità scambiata, cioè quello che gli economisti chiamano prezzo marginale?

Il ragionamento che spinge alla domanda è che non ha senso remunerare tutto al prezzo più alto tra quelli richiesti dai fornitori, perché questo dà una remunerazione non richiesta a quelli che avevano offerto di vendere a meno. Stessa cosa che avviene anche nelle aste del debito pubblico: il rendimento che viene stabilito è quello del prestatore più esoso necessario a piazzare tutti i titoli.

Come mai?

Una prima risposta è leggermente impropria ma credo comunque utile: immaginiamo non un’asta – com’è quella della borsa elettrica o quella dei titoli di Stato – bensì un banale mercato rionale, per esempio delle uova. Ipotizziamo che le uova siano tutte uguali e che ci siano vari fornitori potenzialmente disposti a venderle a prezzi diversi che corrispondono ai loro costi. È credibile che effettivamente il prezzo a cui vendono sia diverso all’interno dello stesso mercato?

No. Perché se così fosse i venditori a prezzo più basso che vedono un concorrente riuscire a vendere a più proporrebbero essi stessi un prezzo modificato in modo da essere solo leggermente più basso del concorrente esoso. E così via. Inevitabilmente il prezzo finisce per essere pari al valore da cui il venditore più esoso – ma necessario a soddisfare la domanda – non può scendere, magari perché corrisponde ai suoi costi di produzione relativamente alti.

Uno potrebbe ribattere che però un’asta come quella della borsa elettrica o dei titoli di Stato è diversa dal mercato rionale, perché i vari fornitori nell’asta non si vedono l’un l’altro e non possono fare arbitraggio. È vero. Ma mettiamoci di nuovo nei loro panni: Offrirebbero sempre il loro miglior prezzo – basato sui propri costi – se sapessero che poi gli viene pagato quello, e non il prezzo più alto offerto del fornitore meno efficiente? No: con le nuove regole farebbero offerte più elevate, attraverso un processo di tentativi e osservazioni in modo da apprendere qual è il massimo che possono ragionevolmente ottenere, che di nuovo tenderà a essere legato al prezzo del competitore meno efficiente ma necessario a servire la domanda.

Provo a prevenire anche la prossima obiezione:

Quand’anche il mercato a pronti, quello che nel caso della borsa elettrica si svolge per ogni ora con un'asta il giorno prima, debba funzionare in modo che tutti paghino lo stesso prezzo del fornitore necessario meno efficiente, chi impedisce che chi ha costi più bassi si accordi per periodi più lunghi a un prezzo svincolato da quello marginale? Nessuno. E infatti una buona parte dell’energia viene scambiata con accordi bilaterali che non necessariamente considerano il prezzo a pronti. Ma il mercato a pronti influenzerà il prezzo degli accordi, perché le parti hanno l’alternativa di usare quel mercato rispetto a siglare un contratto fuori dal mercato.

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