Il caso del gas in Europa non è l’unico in cui a un mondo
più frammentato, insicuro e meno globalizzato si risponde con nuove
infrastrutture locali. Se qui le infrastrutture aprono comunque a nuovi mercati
internazionali o ne ampliano di esistenti, in altri esempi l’approccio è
apertamente protezionista. Si pensi alla creazione in occidente di capacità di
produzione o raffinazione di terre rare o di batterie per emanciparsi dalla
Cina: potrebbe condurre
a un eccesso di capacità mondiale nei settori interessati come è già avvenuto
molto repentinamente nel caso del litio, il cui prezzo nel 2023 è sceso
violentemente a fronte degli investimenti per renderlo disponibile in varie
parti del mondo. Sceso fino a livelli non in grado di remunerare alcuni dei
nuovi impianti.
Aiutare la capacità produttiva interna a un paese
importatore per emanciparsi dalla dipendenza dall’estero costa al consumatore
locale se fatta con tariffe protezionistiche, o al contribuente, sempre locale,
se fatta con sussidi.
Cosa succede se poi il mondo, per fortuna, torna a essere un
luogo aperto ai commerci liberi ed efficienti? Un mondo in cui, per esempio, le
sanzioni verso paesi ostili vengano eliminate grazie alla fine delle ostilità.
Cosa succederebbe ai mercati del gas se il regime di Mosca
venisse superato da un’evoluzione democratica e la Russia si riavvicinasse
all’Occidente? Verosimilmente i flussi di gas dalla Siberia verso l’Europa
riprenderebbero, almeno se parliamo di un futuro abbastanza prossimo da vedere
ancora l’uso del gas in Europa, ed essendo il gas via tubo generalmente più
competitivo di quello via nave sarebbero guai per la remunerazione degl’investimenti
in capacità di trasporto marittima, e perfino probabilmente per quelli in campi
di coltivazione di gas remoti (come quelli nel mar dei Caraibi o nell’Africa
subsahariana) connessi solo via nave e di colpo non più necessari a rifornire
l’Eurasia.
Cosa succederà se si normalizzeranno i rapporti tra Cina e Stati Uniti riguardo all’import ed export di terre rare o di prodotti tecnologici? Anche su questi la capacità produttiva negli USA ora sussidiata dall’Inflation Reduction Act potrebbe di colpo rivelarsi sovrabbondante, con gioia almeno temporanea dei clienti che vedrebbero crollare i prezzi e dolori di chi ha investito in capacità produttiva autarchica, compresi i contribuenti.
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