Gasdotti ucraini (da ICIS) |
meno di 3 miliardi di metri cubi all’anno rispetto ai circa 30 di partenza. Sono come sappiamo anche calati molto i consumi in Italia ed Europa (il continente li ha ridotti di circa un terzo in due anni, un numero stratosferico di cui sarà interessante vedere qual è la quota strutturale).
Molto più gas arriva via nave in porti anche appena
costruiti, altro dal gasdotto TAP concluso giusto in tempo per la crisi, ma il
corridoio del gas russo che transita in Ucraina è ancora commercialmente aperto
e regolato da un accordo tra società dei due paesi in scadenza alla fine del
2024.
La Commissione e il Consiglio Europeo si sono già espressi
nel senso di un non rinnovo dell’accordo, che impedirebbe almeno in prima
istanza ai venditori russi di arrivare con il proprio gas nei Paesi dell’Unione
Europea.
Un interessante e dettagliato articolo di Aura Sabadus di
ICIS del 18 marzo elenca alcuni degli effetti che avrebbe il non rinnovo dell’accordo
di passaggio.
L’Ucraina perderebbe introiti per quasi lo 0,5% del suo
prodotto interno lordo dall’accordo, ma non è detto che non possa recuperarli
se alcuni paesi UE vorranno ancora importare del gas via tubo dalla Russia, che
non è al momento stato oggetto di un embargo. L’operatore della rete del gas
ucraina potrebbe infatti vendere agli importatori, anziché al fornitore russo,
il servizio di trasporto sul proprio territorio, il che significherebbe il
venir meno del rapporto commerciale tra aziende dei due paesi in conflitto.
Ma cosa sarebbe delle forniture all’Ucraina stessa? Potrebbe
il suo sistema di gasdotti funzionare in direzione opposta a quella attuale,
importando gas dai giacimenti o dai porti del mare del Nord o addirittura da
paesi mediterranei aspiranti esportatori come Italia, Spagna e Grecia? (Dell’affollamento
degli aspiranti esportatori abbiamo già parlato e visto quanto esso riduca la
credibilità del successo dei singoli contendenti, perdipiù in un contesto di
consumi calati così tanto in modo generalizzato).
La risposta che dà la giornalista è sì: la rete ucraina del
gas è stata originariamente concepita proprio per portare il gas da occidente
quando evidentemente la produzione o il trasporto dalla Siberia non si erano
ancora sviluppati o non sufficientemente.
Dunque tutto bene per la sicurezza di fornitura? Si direbbe
di sì, anche troppo: essendo i transiti dalla Russia già scesi così tanto senza
razionamenti e con prezzi normalizzatisi e con l’arrivo di ulteriori siti europei di
attracco di navi metaniere che complessivamente secondo la IEEFA avranno una
capacità superiore a tutti i consumi continentali – anche quelli importati via
tubo - già prima del ’29.
Ma non tutti gli importatori potrebbero essere disponibili a perdere
il valore d’opzione dell’import russo. Per esempio non la Slovacchia, che
secondo Sabadus ha contratti ancora con molti anni davanti in cui si è impegnata
a pagare determinate quantità di gas anche se non dovessero essere consumate.
In situazioni del genere, verosimilmente sarebbero arbitrati internazionali a
stabilire se la mancata possibilità di trasferire il gas, esito di una
decisione anche europea, sia o meno considerabile un motivo valido di forza
maggiore per non pagare quanto pattuito da parte dell’importatore.
Insomma: non abbiamo avuto il coraggio di chiudere i
rubinetti russi quando ancora ne dipendevamo molto. Lo faremo almeno
ora che ci siamo emancipati? Basterà per farlo il non rinnovo dell’accordo di
transito – se confermato – o invece gli importatori vorranno e potranno tenere
il corridoio aperto?
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