Vista dell'altopiano nei pressi di Campo Catino |
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Tempo fa per la serie “Le camminate impossibili” ho parlato della stazione di Giuncano, in val Serra, a nord di Terni. Una valle e isolata senza una strada importante che la valichi ma attraversata dalla ferrovia Roma-Ancona, ferrovia che a Giuncano raggiunge uno dei suoi punti più alti prima di entrare nel tunnel di valico che verso Nord la avvicina a Boiano non lontano da Spoleto. Un paradiso per i ciclisti o per chi voglia stare in giro senza essere in un corridoio di passaggio di automobili o folle.
Peccato che Giuncano e i borghi limitrofi (segnalo da
visitare per esempio Macerino) siano talmente spopolati da aver portato alla
soppressione della fermata di tutti i treni a Giuncano. La stazione serve
ancora come punto di intersezione tra treni e come base per macchine
ferroviarie rincalzatrici e d’altro tipo, ma non fa più servizio viaggiatori.
La scorsa domenica facevo un altro dei miei giri in bici sul
versante abruzzese dei monti Simbruini, che insieme al territorio laziale
dell’omonimo parco regionale è una delle più belle aree di natura vicine a Roma
per chi vuole camminare o andare in bici tra faggete e pascoli di mucche e
cavalli.
Ho fatto l’errore di arrivare da Roma a Carsoli in auto e mi
sono riproposto di non ricascarci in futuro, visti i prezzi ormai folli
dell’autostrada dei Parchi (che da sola costa più del treno senza tenere conto
del carburante) e le code alla barriera Roma est la sera al rientro. Poi finalmente
inforcata la bici ho fatto la vecchia Tiburtina fino al valico di Monte Bove,
in una valle lussureggiante il cui unico insediamento è il borgo di Colli di
monte Bove. La strada sale dolcemente da 500 metri d’altitudine fino ai circa
1100 del valico senza alcuno strappo. Strada per fortuna ormai frequentata solo
da chi lo fa per diporto e dai pochissimi residenti rimasti, mentre autostrada
e nuova Tiburtina seguono un percorso più a Nord. Prima di Colli la strada s’incrocia
con il tracciato ferroviario Roma-Pescara, credo di fine ‘800, bellissimo per i
panorami che attraversa e per l’eroicità con cui in quei tempi si cercava di
minimizzare i tratti in tunnel. E proprio sotto al paese (parecchio sotto in
verità) c’è l’omonima stazione di Colli di Monte Bove poco prima dell’inizio
della galleria di valico da cui i convogli riemergono a Sante Marie, nei pressi
di Tagliacozzo, fermata successiva.
A Colli di Monte bove si fermano ancora – mentre scrivo (nel
giugno 2024) – solo un paio di treni al giorno in ciascuna direzione.
È razionale sul piano dell’interesse attuale dei viaggiatori
isolare le stazioni di paesi spopolati? Probabilmente sì: il minuto perso per
la sosta, moltiplicato per tutti i passeggeri, forse vale di più della perdita
di un servizio per poche decine di utenti potenziali dell’area isolata.
Ma le ferrovie che oggi chiamiamo regionali, coi percorsi
tortuosi che in parte hanno unito l’Italia, hanno anche un valore simbolico e
sociale nel connettere i borghi remoti che hanno la fortuna di stare sul loro
tracciato. Forse dovremmo considerarlo.
Lunga vita alle ferrovie regionali d’Italia. E che ci
costringano a perdere qualche minuto a osservare le pensiline di piccole
stazioni remote, e perfino a varcarne i marciapiedi.
Derrick sarà felice di dare visibilità a segnalazioni su casi di fermate ferroviarie a rischio o certezza d’isolamento. Qui sul blog le istruzioni per contattarmi.
Tutte le puntate sulle "camminate impossibili": https://derrickenergia.blogspot.com/p/le-camminate-impossibili.html.
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