martedì 28 ottobre 2025

Pasticcio al carbone (Puntata 692 in onda il 28/10/25)

Illustrazione di Paolo Ghelfi
(riutilizzata, perché l'autore
batte la fiacca ultimamente)
Questa puntata si può ascoltare qui.

Torniamo sulla retromarcia del Governo sulla chiusura degli impianti di produzione elettrica a carbone che sarebbe invece prevista alla fine di quest’anno in Italia dalla strategia energetica e dal piano per il clima.

Il ministro Pichetto ha addirittura dichiarato al recente convegno di AIGET (associazione grossisti e trader di energia) che non darà mai l’ordine di chiudere le poche restanti centrali, riferendosi al fatto che il Governo deve autorizzare le disconnessioni di impianti elettrici rilevanti, sentito il parere di Terna, il gestore della rete di trasmissione nazionale.

Il ministro ha anche ammesso che c’è in corso una negoziazione tra Enel (che gestisce tre delle centrali ancora operative) su quanto l’azienda dovrebbe essere remunerata per lasciare gli impianti disponibili in “riserva fredda”. Termine che è curioso come venga ripetuto pur non essendo definito nell’ordinamento italiano. Ci sono paesi che in effetti approvvigionano capacità elettrica di lungo termine come “riserva strategica” ma non è il nostro caso, in cui gli strumenti per garantire che il mercato fornisca capacità di sicurezza includono invece un sistema di remunerazione dei costi fissi chiamato capacity market e un mercato in cui nel breve periodo Terna si approvvigiona della potenza di riserva che permette di gestire le deviazioni dall’equilibrio previsto tra domanda e offerta elettrica.

E i riflettori sono ora inevitabilmente accesi su Terna, che non dichiara nei suoi rapporti che le centrali continentali a carbone (per quelle sarde è invece già previsto un ritardo di un paio d’anni) debbano restare in condizioni funzionali e che, salvo clamorose smentite, non ha motivo di dirlo.
Infatti le ragioni per cui il Governo vuole una riserva a carbone non hanno a che fare con la sicurezza del sistema elettrico, bensì con una fiducia evidentemente ora incerta sulla competitività futura delle forniture internazionali di gas. Sfiducia un po’ intempestiva dopo che l’intera strategia di conversione energetica è stata accompagnata da parte del Governo dal mantra del gas come backup alle rinnovabili, strategia che ha implicato investimenti notevolissimi in porti di rigassificazione e tubi.

Enel dal canto suo prima della riapertura della questione aveva dichiarato pubblicamente di aver chiesto il permesso alla dismissione degli impianti a carbone come da programma, cosa che a norme attuali le conviene visto che in condizioni normali di mercato tali centrali non sono competitive e infatti sono già spente di fatto da tempo, e pesano con i loro costi fissi.

Ora, pur nella nuova era di dirigismo arbitrario dei Governi, non solo il nostro, anche in contrasto al legittimo affidamento degli operatori di mercato e, direi, dei cittadini, le istituzioni dovranno pur comunque riempire di un contenuto giuridico e regolatorio la definizione di “riserva fredda” per quantificare e giustificare i soldi di fatto pubblici che andranno ai gestori degli impianti coinvolti. E anche per chiarire quanto emergenziale sarebbe l’uso di questa riserva, visto che accendere effettivamente gli impianti prevederebbe senz’altro la violazione di norme ambientali su inquinamento (su cui già siamo in mora con Bruxelles) e sul clima. Su quest’ultimo punto il commissario UE competente, Hoekstra, si è detto in attesa di elementi.

La mia impressione è che il ministro Pichetto stia preparandosi la strada a qualche mal di testa. Derrick farà il possibile per contribuirvi.


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