Terza puntata di un ciclo dedicato agli
idrocarburi non convenzionali e in particolare allo shale gas (gas di scisti). Abbiamo visto che negli Stati Uniti la
produzione di gas non convenzionale è esplosa negli ultimi anni, portando a una
contrazione delle importazioni, con effetti notevoli sui mercati internazionali
non solo del gas, ma anche del carbone diventato più a buon mercato anche in
Europa, con conseguenze ambientali negative.
Gli USA diventeranno quindi un esportatore di gas?
Se nel caso del petrolio la legge americana limita le
esportazioni, per il gas non è così. Ciò che per ora vincola la possibilità USA
di esportare gas sono le infrastrutture.
Il gas naturale si sposta o via tubo o
via nave, liquefatto. Le navi per portare il gas USA in Asia o Europa ci sono,
ma servono anche terminali di liquefazione, mentre gli USA oggi sono attrezzati
con terminali di rigassificazione, cioè recettori, pensati per un Paese a cui
serve importare.
Sono già partiti però investimenti per terminali di
liquefazione. Quindi, se i giacimenti shale
continueranno la tendenza di aumento della produzione (cosa niente affatto
scontata come abbiamo visto anche l'ultima volta), è verosimile un futuro con
navi metaniere che partono cariche dagli USA.
Torniamo ora agli aspetti ambientali legati alla tecnica del
fracking, la fratturazione idraulica
che permette l'estrazione degli idrocarburi di scisti.
Forse il principale aspetto critico
riguarda il rischio di interazione dei liquidi del fracking – idrocarburo compreso – con le falde acquifere, cosa che
secondo i critici e secondo studi della Duke University potrebbe essere alla base di alcuni video piuttosto
impressionanti (cercare su youtube per credere) di massaie americane che
incendiano con un fiammifero l'acqua del rubinetto di casa.
Sul Financial Times
dello scorso 22 agosto, però, viene riportata l'opinione contraria di Susan
Brantley, geologa alla Pennsylvania State University, secondo cui alla base dei
fenomeni di rubinetti incendiari ci sarebbero sacche di non meglio specificato
gas "biogenetico".
Su posizioni intermedie uno studio del MIT del
2011, che ritiene gestibili ma rilevanti i rischi ambientali del fracking, in particolare riguardo allo
smaltimento improprio o alla dispersione dei fluidi di perforazione e
all'eccessivo consumo di acqua.
Ancora più controversi sono i riscontri della comunità
scientifica sui rischi sismici. Ma di questi parleremo martedì.
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