martedì 22 ottobre 2013

D178 - Io liberale progressista e no TAV

Scrivo questo testo mentre a Roma si svolge una puntata del rito delle manifestazioni di strada contro la crisi, qualunque cosa voglia dire, con infiltrazioni di violenti, vandalismi eccetera.
Tra chi protesta ci sono anche i no TAV, che nel gergo d’oggi vuol dire contrari alla nuova linea ferroviaria veloce Torino-Lione, progetto di cui Derrick si è occupato analizzando alcuni studi disponibili a partire da quelli ufficiali.
Un’infrastruttura che costerà ai cittadini italiani, se va tutto secondo i piani (cosa che nelle grandi opere di norma non succede), 3 miliardi di Euro al netto dei contributi UE.

Qualche giorno fa, su Formiche, è apparso un “manifesto per un’Italia moderna” a prime firme Chicco Testa e Claudio Velardi, e poi altre di persone che trovo stimabili e competenti e con alcune delle quali ho il piacere di collaborare professionalmente.
Il manifesto afferma che c’è una sostanziale differenza tra chi tra gli oppositori alla TAV usa mezzi illegali, e chi invece appoggia la realizzazione di un’opera approvata dal Parlamento. E fin qui stracondivido.
Prosegue poi con due concetti forti:
1) la TAV è da fare perché la decisione è stata presa e perché ci sono fondi europei in arrivo per farla.
2) la contrapposizione tra contrari e favorevoli è assimilabile a quella tra un “Paese senza ambizioni e uno che invece non abbassa le braccia”.

E qui gli estensori si prestano a facili critiche. Ecco perché:
L’affermazione 1), e cioè che su una decisione non si deve tornare, è errata perché irrazionale. Nelle decisioni di investimento infatti è fondamentale non farsi influenzare dai cosiddetti costi sommersi (sunk cost nell’economia industriale). In altri termini: anche se ha già speso dei soldi in un senso, l’investitore accorto cambia direzione se acquisisce nuove informazioni tali da ritenere non economico proseguire nell’investimento. E l’investimento nella TAV è stato deciso, come anche dalle documentazioni citate in questo blog è facile scoprire, sulla base di ipotesi in parte superate, in almeno un caso errate, e di una valutazione costi-benefici dall’esito dichiaratamente dubbio.

L’affermazione 2), cioè che i no TAV sono di per sé immobilisti e retrogradi e i pro TAV invece progressisti, a me sembra, e lo dico con amicizia verso i firmatari, una colossale boiata.
Si potrebbe se mai più correttamente riformularla così: i pro TAV a priori vedono nell’infrastruttura un simbolo di progresso, gli anti TAV a priori no. Ora, se a fine Settecento la macchina a vapore era uno strumento di progresso ed emancipazione, e nel dopoguerra lo sono state le autostrade o la produzione di massa di auto ed elettrodomestici, la velocizzazione di una linea perlopiù merci che già oggi non ha problemi di capienza è quantomeno dubbio che sia uno strumento di progresso.

Se la nostra è l’era della rivoluzione dell’informazione e della conoscenza, è anche quella dove lo spostamento fisico veloce sta diventando meno, e non più importante per l’emancipazione e il benessere. Tant’è che, mostrano studi disponibili in materia, la gente perlopiù non è disponibile a pagare, per muoversi molto in fretta, il molto che costa. Non è un caso che il Concorde sia stato pensato negli anni Sessanta e che nessun costruttore stia investendo seriamente per rifarlo oggi malgrado l’evoluzione tecnologica. E ancor meno c’è in Italia aumento di domanda di trasporto veloce di merci adatte al treno.

Ma al di là di cos’è il progresso per ognuno di noi, ai firmatari dell’appello io rimprovero soprattutto di eludere il discorso sulla bontà dell’investimento. Il dibattito pro o anti TAV, una volta deideologizzato, dovrebbe restare un mero calcolo economico, per quanto complesso. Il cui esito dipende dalla disponibilità a pagare (esplicita e implicita) di chi quei treni li userà e dai costi interni ed esterni. E quando un ragazzotto della manifestazione, pieno di fuffa ideologica da quattro soldi, mi dice che questi tre miliardi, per la nostra sicurezza e il nostro progresso, sarebbero meglio spesi nel welfare, beh: dai dati che ho visto io, è probabile che abbia ragione.

6 commenti:

  1. Sul punto 2) aggiungerei che un'argomentazione del genere ricorda molto l'ingenua esaltazione del "progresso" del "Ballo Excelsior", che ebbe grande successo a fine '800 e fino ai primi anni del '900. Poi ci furono due guerre mondiali.

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  2. Giuseppe che cos'è il Ballo Excelsior? Grazie

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  3. Vorrei rivolgerti alcune domande:
    a) L’ipotesi che l’economia europea torni a marciare ai ritmi degli anni ’90 è plausibile?
    b) L’ipotesi che il contributo dei Paesi dell’est dell’Unione possa in questa ripresa essere determinante è peregrina?
    c) L’ipotesi che il ruolo dell’Italia possa anch’esso essere importante è auspicabile?
    d) Se le ipotesi precedenti si verificassero, l’ipotesi che il traffico Italia-Francia torni ai livelli del ’95 entro i prossimi dieci anni è del tutto irrealistica?
    e) Se l’ipotesi d) ha qualche probabilità, un bilanciamento tra gomma e rotaia più simile a quello riscontrabile tra Italia e Svizzera non sarebbe preferibile?
    f) Date le ipotesi d) ed e) la TAV sarebbe sempre uno sproposito?

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  4. Ciao Roberto, mi sembra che il traffico di merci pesanti sia in calo già da prima della crisi, tu giustamente ti riferisci a dati anni '90. Difficilmente riprenderà come prima, a mio parere, perché la nostra economia non solo si è compressa, ma sta cambiando in una direzione di, lo dico in modo molto grossolano e parziale, di smaterializzazione. Si vede anche in tutti i consumi di energia (combustibili e elettricità). Detto questo, secondo me spendere 3 miliardi per fare una cosa che forse serve tra chissà quanto se s'inverte un trend peraltro consolidatissimo è un atto di irresaponsabilità. Perché è una scommessa, coi soldi di tutti, contro ogni evidenza attuale. Nessuno sa come sarà il mondo tra 30 anni, ma scommettere alla cieca e contro il plausibile... I francesi, più pragmatici di noi, come saprai hanno di fatto deciso di non fare la loro parte. Avremo dunque un'infrastruttura inutile, con un impatto profondo sul territorio, e per giunta monca perché incompiuta. Perché? Per la retorica delle infrastrutture con le ruspe, che nell'immaginario politico e popolare maggioritario sono progresso più di welfare, giustizia, istruzione, superamento del digital divide ecc. Cose, queste, che di sicuro sono invece urgenti e critiche per progresso e sviluppo. Ciao

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  5. Teniamo anche presente che sulle attuali linee AV non viaggiano le merci, perché le merci non hanno bisogno dell'alta velocità. Inoltre il notevole peso delle carrozze merci merci rispetto a quello delle persone usurerebbe l'eventuale linea AV che è molto più delicata di una normale linea. Io in genere faccio l'esempio del Ducato e della Ferrari: le merci viaggiano sul primo, e nessuno si sognerebbe di farle viaggiare sull'auto sportiva. C'è un ulteriore aspetto su cui si riflette poco: il passaggio del traffico merci dalla gomma al ferro è molto difficile perché nel trasporto attuale conta molto la capillarità spaziale delle stazioni di carico e scarico, e anche quella temporale: due aspetti che il trasporto su ferro fa fatica a conciliare, infatti solo determinate merci viaggiano su ferro.

    PS. Non so se Aldo Loris Rossi parla ancora di corridoi e di assi di sviluppo, che mi sembrano concetti risalenti alla Roma imperiale, al Rinascimento, ma che nell'ottocento forse erano già superati, figuriamoci oggi, totalmente senza senso.

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  6. Temo che ALR, che peraltro mi piace per molti versi, ne parli ancora.

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