Lo scorso sabato 26
ottobre 2019 il presidente del consiglio Conte in un intervento pubblico ad
Ancona ha di nuovo insistito sul fatto che i segnali economici in favore
dell’ambiente che il Governo intende dare non saranno punitivi per nessuno
(addirittura Conte ha usato il termine “criminalizzanti”) e che il Governo
vuole piuttosto usare incentivi per i comportamenti virtuosi, come l’accettare
carte di pagamento da parte dei negozi. Incentivi e non disincentivi come nuove
tasse, nelle parole di Conte.
Due obiettivi dichiarati
della manovra mandata in bozza a Bruxelles sono la sostenibilità ambientale e
la lotta all’evasione fiscale.
Sulla sostenibilità
ambientale, si tratta di cambiare il fisco in modo da recuperare il costo
sociale di attività legittime ma dannose, come per esempio usare un grosso
motore a combustione in un centro storico anziché il bus o la bici o un mezzo
elettrico meglio se condiviso. Ne abbiamo parlato tante volte qui e abbiamo
visto che quest’impostazione è generalmente ben vista anche dagli economisti.
Quello che invece ha poco senso è la contrapposizione di cui sopra: quella di
una politica di sussidi a chi fa la cosa “giusta”, considerata alternativa a una
che preveda disincentivi fiscali a chi non la fa.
Michele Governatori su una microcar elettrica a Roma |
Certo la parola
“incentivi” (o “sussidi”) è intrinsecamente più bella, perché accede a una
sfera semantica positiva, rispetto alla parola “tassa”, che nella comunicazione
politica mainstream è il male assoluto, e d’accordo che nell’era populista la
percezione conta più della realtà. Ma per un Governo responsabile che miri alla
stabilità del bilancio la differenza tra le due politiche è solo apparente.
Infatti un nuovo incentivo viene pagato per forza con nuove tasse o meno
servizi, mentre un disincentivo apre lo spazio a minori tasse o più servizi per
gli altri. In entrambi i casi si spostano risorse: qualcuno ci guadagna e
qualcuno ci perde. Anche nella presunta politica dei soli incentivi, chi non li
riceve li paga, e quindi il disincentivo – anche se mai dichiarato – se lo
becca eccome.
Passando alla lotta
all’evasione, invece, mi sembra che la sensatezza di una politica degli
incentivi si perda a prescindere di questi distinguo. Qui il comportamento da
limitare (l’infedeltà fiscale) non è affatto legittimo: è un reato (grave e
odioso, aggiungerei). Se offro incentivi fiscali a chi usa sistemi di
pagamento tracciabili, difficilmente faccio cambiare abitudini agli evasori, perché
per farlo dovrei dare loro incentivi superiori o perlomeno vicini al vantaggio
dell’evasione, cosa che annullerebbe il recupero fiscale.
Io credo che il rispetto
delle leggi, anche fiscali, sia una sfera in cui lo Stato legittimamente può,
anzi in termini di equità deve, usare strumenti impositivi (benché ragionevoli
e proporzionati) anziché segnali economici.
Il che non vuol dire inasprimento
di pene che già esistano (perché quando le pene sono sproporzionate finiscono da
un lato per non essere comminate nei fatti, dall’altro per dare un potere
discrezionale enorme alla magistratura, che da noi ha l’obbligo solo teorico
dell’azione penale). Piuttosto, imposizione di comportamenti che rendono
l’evasione difficile, come l’uso di sistemi tracciabili di pagamento o del
wistleblowing (cioè meccanismi di segnalazione da parte dei cittadini, usati in
altri Paesi ma da noi generalmente considerati, un po’ mafiosamente, peccato).
Link utili:
- Altre puntate di Derrick che toccano il tema spesa pubblica:
http://derrickenergia.blogspot.com/search/label/Spesa%20pubblica
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