Rappresentazione dell'isola di La Digue con indicazione dei sentieri (linee tratteggiate) tratta dall'app "Maps 3D" |
Un’isola così piccola che
potrebbe fare a meno di veicoli a combustione, e in effetti ne ha molto pochi,
perlopiù camioncini e mezzi per lavori edilizi.
Le strade principali sono
strette piste in cemento, si diramano nell’unico centro abitato e si allontanano
da lì solo verso tre luoghi: un’aspra altura centrale, la spiaggia grande a Sud-Est
(Grand Anse in creolo), e mezzo periplo dell’isola a Nord, fino a un punto in
cui la pista in cemento lascia spazio a scogli che è possibile, per proseguire
il giro, costeggiare a piedi solo quando il mare è basso.
Se nelle due isole
principali i noleggi d’auto si contendono i turisti all’arrivo di traghetti e
aerei, qui ci sono quelli di bici. Quasi tutte un po’ massicce, datate e con le
catene arrugginite dalla salsedine. Alcune, per i turisti più sedentari, sono elettriche.
Tutte fanno su e giù per le vie principali tra gli stralli in corrispondenza
della Grand Anse, i ristoranti e le “villas” di residenza per turisti.
Casa-palafitta in costruzione sulle rocce |
Se l’urbanizzazione
procede a questo ritmo, La Digue sarà tra poco un residence senza interruzioni.
Ma oggi per trovare il cuore selvaggio dell'isola basta arrancare verso gli speroni
centrali di Belle Vue fino alla fine della strada, proseguire su una
carrareccia fino a una modesta fattoria da cui una giovane donna si è
affacciata per indicarmi, perplessa, il sentiero che attraverso la giungla scende fino a
Anse Coco. “Prosegui fino all’albero di cannella (cinnamon tree) e lì inizia” ha
detto.
Io che facevo fatica anche a distinguere una dall’altra le piante nel
groviglio della foresta, figuriamoci riconoscerle.
Un varco verso il mare dal sentiero nella giungla |
Ma il sentiero c’è. Madido e
a tratti cancellato dal fogliame e da nuova vegetazione, pieno di lucertole (o
gechi?) diafane e impressionanti come feti prematuri e sempre coperto da chiome
di varie altezze. Evita i massi granitici color caffelatte. A volte scende
lungo una valle, altre sta a mezza costa. Solo in un caso si apre a una
finestra sull’acqua celeste delle spiagge più in basso, alle quali infine
conduce con un tratto ancor più equatoriale di felci e alocasie giganti.
Non sarei mai riuscito a orientarmi senza il satellite e un’applicazione sul telefonino che uso in questi casi (foto in alto) e che non capirò mai dove prenda le informazioni sui sentieri di tutto il mondo, precise al metro. E tra liane, fogliame che nasconde interstizi tra rocce scivolose, steli di palma spinosi, anche solo pochi metri fuori strada possono essere complicati.
(Ringrazio Grazia Morea e Caterina Caravaggi per l’aiuto nell’identificazione della flora)
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