domenica 28 febbraio 2021

Digitalizzazione: PA batte privati? (Puntata 475 in onda il 2/3/21)

Scheda madre di un laptop
Nella mia esperienza, non è vero che la nostra pubblica amministrazione sia messa molto male in termini di disponibilità di interfacce digitali per il cittadino. Perlomeno non è messa male rispetto alla maggior parte delle aziende private. Recentemente ho gestito completamente a distanza per esempio transazioni con l’INPS, e da forse 15 anni faccio la denuncia dei redditi online, e finalmente con piacevole sorpresa ho fatto un certificato del comune di Roma online. (Ma è impossibile, chissà perché, la prima scelta del medico presso il sito della regione Lazio dopo un cambio di residenza: si può solo cambiare medico).

Pessima esperienza invece con alcune banche e con le Poste a seguito di una successione di cui io sono co-erede: procedure bizantine, lentissime, richieste a mio avviso vessatorie di bolli inutili, in cui sembra quasi che il mondo impiegatizio privato punti a darsi importanza inventando complicazioni burocratiche che le norme e l’evoluzione del settore pubblico stanno tentando con un successo almeno parziale di ridurre.

Sempre tornando al settore pubblico, il sito di Agenzia delle Entrate gestisce in modo completo tutta la fatturazione elettronica attiva e passiva, fornendo anche un archivio gratuito delle fatture, che vengono dispacciate dal sistema stesso. Forse un po’ farraginosa la navigazione finché non s’imparano gli schemi, e decisamente superate le interfacce grafiche delle app da scaricare, ma sempre meglio dello stile confuso, informale e giovanilista che sembra il faro di buona parte delle interfacce web private (a me, al secondo punto esclamativo passa la voglia di comprare qualunque cosa) se si escludono i giganti del web o aziende con esperienza online ultraventennale come Fineco.

Un anacronismo a mio avviso nel sistema delle fatture elettroniche AdE però c’è, ed è la necessità di firma digitale “qualificata” per le fatture verso la pubblica amministrazione.

Ora, se questo sistema di crittografia a chiave pubblica aveva senso prima dell’esistenza della SPID, ora non capisco quale sia la ratio di chiedere a un cittadino che si è già loggato con SPID di produrre un’ulteriore prova dell’autenticità di ciò che manda, peraltro solo per un determinato tipo di documento.

Stupito della cosa, ho cercato in rete e constatato che quasi tutte le modalità di dotarmi di capacità di firmare digitalmente passano per l’abbonamento a servizi che di norma richiedono l’uso di un lettore di smart card e una smart card, per giunta quest’ultima con validità limitata nel tempo.

Sono ignorante in informatica, e davvero non capisco perché la disponibilità di una chiavetta fisica renda più sicura l’identificazione rispetto al doppio controllo previsto in modalità SPID (password e codice di verifica sul telefonino). Possibile che posso fare bonifici, dichiarazioni fiscali identificandomi con SPID ma non spiccare una fattura alla PA?

Incaponitomi a non voler acquistare una forma di identificazione abbastanza obsoleta rispetto alla SPID che dovrebbe essere valida sempre con la PA, ho cercato in rete finché non ho trovato da un solo fornitore, Namirial, un servizio di firma digitale usa-e-getta basato su SPID. L’ho usato e con una spesa minima ho potuto subito firmare una fattura e inviarla a un mio cliente occasionale della PA. Un altro servizio simile, del fornitore Lettera Senza Busta, permette di firmare documenti a distanza, ma solo attraverso una procedura iniziale di riconoscimento online che io trovo ridondante per chi ha già la SPID, mentre può essere interessante per chi non ce l’ha. 

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