lunedì 15 febbraio 2021

Fiammata del gas (Puntate 472-3 in onda il 9-16/2/21)

Tunnel di valico della ciclabile Spoleto-Norcia (Foto Derrick)
Tunnel di valico della ciclabile
(ex ferrovia) Spoleto-Norcia
(Foto Derrick)
Potrebbe esserci anche una ragione energetica nella baldanzosa aggressività con cui il ministro degli esteri russo Segrei Lavrov ha diplomaticamente aggredito nella prima settimana di febbraio 2021 il rappresentante estero dell’UE Borrel a Mosca, attaccandolo anziché giustificare il regime rispetto all’arresto del dissidente Alexej Navalny.

E questa ragione è il boom di domanda e prezzi del gas in questa fase di centro inverno 2021. Una combinazione di freddo e ripartenza delle economie ha fatto aumentare i consumi rispetto a un trend di lungo periodo che almeno in alcune regioni del mondo è ormai di stagnazione strutturale. Per esempio in Italia il record dei consumi di gas risale al lontano 2005. Le infrastrutture in
vece si sono moltiplicate: gasdotti potenziati, soprattutto in Europa, e una rete di porti per la liquefazione e la rigassificazione in tutto il mondo, che come sappiamo permettono tra l’altro agli USA di operare ormai da anni come importante esportatore e hanno di fatto creato un mercato abbastanza globalizzato.

L’aumento recente dei consumi in Cina, in particolare, ha alzato il prezzo spot nella regione dell’estremo oriente fino a livelli mai visti negli ultimi due anni, e anche i prezzi degli hub americani ed europei sono schizzati. Finalmente il gas immagazzinato nei depositi geologici (di solito giacimenti esauriti) si sta rivelando un affare per i trader che l’hanno comprato in estate. Insomma, per una volta la ciclicità stagionale attesa di questa commodity energetica si comporta in modo da giustificare gli investimenti nella sua macchina.

E qualcosa di storico è successo anche in Italia: la prospettiva di diventare un paese esportatore (di transito, ovviamente) di gas, che fece sorridere tanti osservatori quando il governo di allora diede via libera al progetto del TAP (il gasdotto transadriatico che approda nel brindisino attraverso Mare Adriatico, Albania e Grecia e che tramite la dorsale turca ci collega ai maxi giacimenti azeri), si è almeno per qualche momento realizzata. Uno dei gasdotti transalpini infatti ha invertito la spinta per portare stavolta gas italiano in Francia. Sembra la rottura di un incantesimo: si è invertito lo spread che tipicamente ha reso il prezzo italiano superiore a quello dell’hub nordeuropeo di riferimento, il TTF. E quindi l’Italia, con prezzo stavolta più basso, ha esportato.

Questo non significa, naturalmente, che il macrotrend di declino della prospettiva di uso del gas nel mondo si sia invertito. Le politiche di decarbonizzazione, aiutate anche dei prezzi recentemente elevati dei permessi a emettere CO2 in Europa e dai progressi di rinnovabili e batterie, vanno chiaramente in una direzione alternativa ai combustibili fossili. E non stupisce infatti che Marco Alverà, l’amministratore delegato della società italiana dei gasdotti che del citato TAP è uno dei principali azionisti, la Snam, abbia parlato in pubblico da quando ricopre questo ruolo più di idrogeno che del suo core business: il vecchio gas, appunto.

Il caso Algeria (puntata del 16/2/21)

A quale paese si pensa quando s’immaginano gli effetti dell’embargo al commercio internazionale di automobili? Effetti che visti con gli occhi parziali del turista possono anche essere affascinanti come auto americane degli anni Cinquanta portate a nuova vita. Mi riferisco a Cuba, naturalmente.

Ma molto più vicino a noi c’è un altro Paese che sperimenta l’arrivo di automobili dall’estero con il contagocce. Ne parla un articolo dell’Economist del 4 febbraio 2021. Un Paese che le auto non le produce e che non per sanzioni o embarghi, ma per legge dal 2016 contingenta molto l’import. Si tratta dell’Algeria. Come tanti esportatori di petrolio e gas, l’Algeria ne ha patito negli ultimi anni il calo dei prezzi. Ma non solo: ha patito anche gli scarsi investimenti locali nel settore, che hanno portato a produzione e export in declino. Un articolo su Platt’s dell’8 febbraio 2021 quantifica in 400 mila barili/giorno, sul milione totale attuale, la produzione di petrolio persa dall’Algeria in una dozzina d’anni, mentre il gas si è contratto solo nell’ultimo anno del 9%.

Cali che hanno messo in crisi la bilancia commerciale e indotto l’amministrazione come contromisura a limitare le importazioni di altri beni. Recenti tentativi di insediare in Algeria fabbriche di assemblaggio di automobili Volkswagen e Hyunday, scrive l’Economist, non hanno dato grandi risultati a causa dei costi elevati in un contesto senza filiere adatte e, più banalmente, perché il valore aggiunto del solo assemblaggio, limitato, può far poco rispetto al valore delle parti d’automobili comunque importate.

Una nuova legge algerina, scrive Platt’s, mira ora a riattrarre gli investimenti da parte dei petrolieri europei, tra cui Eni e Total.

Certo, almeno nel gas, come abbiamo visto nella scorsa puntata, la concorrenza non mancherà. La vicina Libia potrebbe (speriamo) risollevarsi e riprendere appieno le esportazioni attraverso il relativamente recente gasdotto Greestream verso la Sicilia, mentre il nuovissimo TAP pompa gas azero e le navi metaniere portano anche in Europa la nuova capacità di esportazione dell’America.

Senza contare le prospettive di decarbonizzazione. Anni fa si parlava di progetti mastodontici di elettricità fotovoltaica prodotta nel Sahara da esportare in Italia o Spagna. Progetti magari improbabili a causa dei costi d’infrastruttura e delle perdite di rete. Ma meno intempestivi, forse, di una ripartenza del settore degli idrocarburi avviata solo oggi.

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