Una cosa che mi sembra ci stia insegnando l’orribile aggressione
russa è che il celebre assioma di Bastiat “dove passano le merci non passano
gli eserciti” sembra non applicarsi più.
Né Putin né l’Europa hanno infatti finora chiuso del tutto i
rubinetti del gas. Il primo, piuttosto, li modula già da prima dell’invasione
per controllare il prezzo e il livello di minaccia verso l’occidente, e
purtroppo trova terreno fertile in paesi europei disuniti dove la proposta
della Commissione (e di autorevoli economisti) di mettere un dazio
straordinario sul gas russo resta minoritaria.
Noi europei preferiamo tenere aperto un canale di vessazione
del regime russo pur di non perdere il gas (sempre meno) che ci dà quando ne ha
voglia, mentre avremmo la capacità di accelerarne il collasso economico estendendo
al gas le sanzioni. Da un lato abbiamo messo in campo costosissime azioni per porci
in grado di rinunciare al gas russo, dall’altro non ce ne avvantaggiamo in
termini tattici e non abbiamo il coraggio di applicare nemmeno una tariffa selettiva.
Estraiamo i cosiddetti extraprofitti dalle fonti rinnovabili, ma non dal gas di
Putin.
E anche il governo ucraino si guarda bene dal compromettere
questo filo commerciale: gli unici tubi di esportazione dalla Siberia oggi
passano sul suo territorio (disturbati solo da incidenti tecnici quando la
Russia decide di causarli o inscenarli), e verosimilmente l’Ucraina viene
regolarmente remunerata dalla Russia per il transito (in gas? Può darsi).
Vedete che più contraddittoria dell’assioma di Bastiat di
così questa situazione non potrebbe essere.
A parziale discolpa delle nazioni europee (non dico dell’UE,
perché come abbiamo visto la posizione della Commissione non è quella immobile
del Consiglio) potrebbe essere il fatto che se Gazprom non ha ancora
contravvenuto ai minimi commerciali di esportazione (anche grazie alle finte
cause di forza maggiore addotte quando gli è utile) se fossero i clienti a
violare per primi i contratti questo li metterebbe in una condizione di
svantaggio nella sede di un arbitrato internazionale.
Ma veramente si pensa questo? Di salvaguardare un contratto
con una controparte che minaccia un attacco nucleare?
Altro problema da considerare è che in caso di chiusura dei
rubinetti dovrebbe essere l’Europa a esportare gas all’Ucraina questo inverno,
ma non si tratta di numeri preoccupanti se prima della guerra l’import Ucraino
di gas (che ne è un discreto produttore) era di meno di 13 miliardi di m3/anno
secondo worlddata.info.
La deterrenza nucleare serve a poco contro un uomo che sa di
essere ormai destinato o a cadere lui da solo o a portare al disastro la sua nazione
(o anche tutte le altre). Anzi potrebbe aizzare una comunità di guerrafondai
patriottici.
Mettere sul lastrico l’economia pubblica russa chiudendo noi
i rubinetti forse invece accelererebbe una sollevazione del paese.
E a me darebbe l’impressione che quel pochissimo gas che ancora uso in casa (solo per la doccia) non è più macchiato di sangue.
Link
- Dati energetici dell'Ucraina: https://www.worlddata.info/europe/ukraine/energy-consumption.php
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