"Musico" di F. Botero |
Quando partì la stagione delle criptovalute e degli elaboratori in azione per decrittarne le transazioni, molti osservatori notarono quanto l’apparato fosse costoso in termini economici ed ecologici per l’energia consumata.
In realtà la macchina mondiale dei dati e delle
telecomunicazioni consuma non più dell’1,5% dell’elettricità secondo la IEA di
Parigi ed emette circa l’1% dei gas-serra. Se paragoniamo quest’ultimo numero
al circa 15% dei trasporti, ci rendiamo conto di quanto spostare i bit anziché
le persone o le cose sia probabilmente un buon affare in termini di efficienza
e uso delle risorse.
Questioni energetiche a parte, è in termini di governance
probabilmente che il settore dei media legati a internet ci dà più grattacapi.
È diventato per esempio comune lamentarsi del modo in cui noi stessi, se le
usiamo, siamo costretti a regalare a piattaforme come Google o Facebook il
diritto di sfruttamento economico di un sacco di opere del nostro ingegno oltre
che informazioni dettagliate sulla nostra vita. Per usare termini più vicini al
linguaggio dell’antitrust, ci rendiamo conto che il grande successo di queste
piattaforme le ha anche rese monopoliste di fatto e che questo legame è
autoalimentante, visto che i servizi che offrono funzionano bene proprio in
quanto aggregano molti utilizzatori e informazioni.
Forse più raramente pensiamo a un’altra forma di monopolio
di fatto che pure è più tradizionalmente basata sulle infrastrutture fisiche, e
riguarda le reti internet anche satellitari.
Torniamo all’energia: le prime reti elettriche cittadine
furono realizzate privatamente dalle stesse aziende che intendevano poi vendere
l’energia che ci sarebbe passata. Solo più tardi molti Governi decisero di
nazionalizzare quelle aziende e quindi evitare che la concorrenza dovesse
passare per la costruzione inefficiente di reti parallele e, nello stesso
tempo, evitare che le reti esistenti potessero discriminare l’accesso ai loro
servizi per motivi arbitrari. Ancora più tardi, nelle economie di mercato le
aziende già nazionalizzate sono state rivendute e riorganizzate in
modo che solo le reti dovessero operare con concessioni pubbliche come
monopolisti regolati, mentre altre attività del settore potevano essere
affidate alla concorrenza.
Bene, mi sembra che oggi nelle dorsali e nei satelliti per
internet (in questi il più grande operatore privato è Starlink di
Elon Musk), siamo nella fase che l’energia attraversò prima della
nazionalizzazione, e cioè la fase della costruzione di infrastrutture con
logica privata spontanea. Che se da un lato mostra quanto spesso gli
imprenditori sappiano guardare più lontano dei governi (o siano maggiormente
nelle condizioni di fare scelte lungimiranti), dall’altro rende i governi responsabili
di intervenire a un certo punto se il comportamento monopolistico e
discriminatorio delle nuove entità (anche solo in potenza) diventa
socialmente dannoso.
Interventi questi complicati dal fatto che si tratta di
servizi e infrastrutture di rilevanza globale. Il che rende ineludibile la cooperazione globale.
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