Santo Antonio da serra (Madeira, Portogallo) |
Una cosa che sembra piacere ad aziende, sindacati e incomprensibilmente
perfino ad alcuni dipendenti sono le forme di retribuzione in natura con
vantaggi fiscali.
Un esempio comune, almeno da quando io ho esperienza del
mondo del lavoro dipendente, sono i buoni-pasto come alternativa alla mensa
aziendale. Recentemente però la cosa si sta allargando in modo un po’
incontrollato. Governi di tutti gli schieramenti hanno introdotto negli ultimi
anni sconti fiscali sui premi in natura ai dipendenti.
Per chi ha la fortuna di non averlo ancora provato, ecco
come funziona il meccanismo.
L’azienda ti dà tot euro di premio che rientra nelle
casistiche della retribuzione in natura con vantaggio fiscale. Essendo questa
corresponsione, appunto, in natura, non si può trattare di soldi. Tu dipendente
però vorresti essere libero di fare con questa piccola retribuzione aggiuntiva
quello che vuoi. L’azienda lo capisce, lei stessa del resto ha solo l’obiettivo
di sfruttare un’opportunità per darti un po’ di remunerazione a minor impatto
fiscale e non ha alcun interesse a comprare dei prodotti al tuo posto. Quindi
si trova a dover fare un accordo con intermediari che generano per te dei
voucher spendibili in acquisti, in modo che sia comunque rispettato il fatto
che il premio sia formalmente in natura.
L’intermediario metterà in piedi un suo sistema di
convenzioni per far sì che i suoi voucher (generalmente elettronici) siano
accettati da alcune catene di negozi e tu dovrai smanettare ore nel sito
dell’intermediario per farti generare i buoni spesa per i negozi che preferisci
tra quelli disponibili.
La scelta sarà limitata, perché l’intermediario tipicamente
farà convenzioni solo con alcune (di solito le principali) catene commerciali
(nel caso che ho sperimentato io, l’unico circuito generalista per acquisti
online proposto è Amazon, per il resto ci sono catene specializzate su singoli
comparti oppure i principali supermercati per la spesa alimentare).
Qual è dunque il risultato finale di tutto l’ambaradan?
- Il vantaggio fiscale in parte se ne va all’intermediario.
- Il dipendente deve perdere un sacco di tempo nella generazione, conservazione e uso dei voucher, decisamente meno flessibili rispetto al denaro perché usabili solo presso un esercente, con importo prestabilito ed entro una scadenza.
- Avendo i voucher appunto un valore predefinito, per definizione richiederanno di aggiungere soldi o di acquistare qualcosa di non davvero necessario pur di usarli interamente prima della scadenza.
- Non c’è nessuna possibilità di acquistare presso circuiti indipendenti.
- Siamo obbligati a spendere, e anche in fretta, il bonus che ha originato i voucher, anziché risparmiarlo o investirlo.
Quest’ultimo punto forse nella mente del legislatore è l’elemento
virtuoso: io ti do dei soldi con sconto fiscale ma tu sei tenuto a spenderli
subito muovendo l’economia.
Ma non è verosimile invece che userò i voucher, pur con le
limitazioni di cui sopra, per comprare quel che avrei comprato comunque anche
se magari non dagli stessi fornitori e a un prezzo meno conveniente?
In ogni caso, un Governo che voglia ridurre la pressione
fiscale sui redditi a mio avviso dovrebbe agire su aliquote o scaglioni IRPEF
anziché foraggiare i produttori di voucher e complicare la vita dei dipendenti
rispetto a quanto avverrebbe con un premio in denaro con lo stesso vantaggio
fiscale.
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