Antonio Quiros - Ritrato de Don Quijote |
Un’assertività nella direzione principalmente del
protezionismo, mi è sembrato, ma con elementi forse discordanti. Vediamo alcuni
passaggi:
- Sull’industria dell’auto il ministro ha annunciato nuovi incentivi alla rottamazione di auto inquinanti per l’acquisto di modelli più puliti (ibridi ed elettrici), incentivi legati anche all’origine italiana dell’auto (Non solo: anche gli input devono essere il più possibili italiani, come l’acciaio, e quello secondario dei forni elettrici non basta all’industria dell’auto – ha detto il ministro).
- Anche sugli aiuti alle energie rinnovabili ha lasciato intendere che un elemento discriminante potrebbe essere l’uso di apparecchi fatti in Italia.
Questi due punti non sono molto diversi dal requisito di origine locale
previsto nei sussidi del programma americano Inflation Reduction Act, e quindi
non si può certo accusare Urso di iniziare lui un processo protezionistico.
Resta il fatto che la compatibilità tra simili norme e gli
accordi internazionali sul commercio è quantomeno dubbia, e che esse, mentre
forniscono rendite ad aziende locali, costano care ai consumatori (e al
bilancio pubblico se basate su sussidi alla capacità produttiva locale). In
più, nel lungo termine le aziende sottratte alla competizione internazionale
difficilmente hanno gli stimoli per diventare più competitive. Ma torniamo a
Urso:
- Su Energia ha annunciato lo sviluppo del nucleare di “terza generazione avanzata”, di “quarta generazione” e della fusione (quest’ultima nel 2050). Quindi addirittura una partenza di tre famiglie tecnologiche (le prime due peraltro non meglio precisate) che visti i tempi di realizzazione e di vita degli impianti non potrebbero che coesistere. Come dire: da zero a tutto. (Con quali soldi temo sia sottinteso: pubblici).
Ma, sorpresa, è sempre sull’energia che il protezionismo di
colpo si sospende. Perché il ministro ha citato il piano italiano di diventare
un “hub”, cioè un polo di passaggio ed esportazione, sia di gas che di
elettricità. Quindi lo stesso paese che vuole diventare energeticamente
autonomo (altro auspicio del ministro) conta sulla disponibilità degli altri paesi
a dipendere da lui.
Ora, a mio avviso non c’è dubbio sul fatto che almeno a
livello europeo, ma non solo, il sistema energetico sia e sarà caratterizzato
da enormi interdipendenze e necessità di sfruttare potenzialità complementari a
livello internazionale (si pensi a paesi ricchi di vento e altri ricchi di
sole, a chi ha il nucleare e chi grandi capacità di stoccaggio per ora in forma
idroelettrica o anche – sebbene con un orizzonte temporale ristretto – a chi ha
maggior accesso a corridoi di importazione del gas).
Proprio per questo ciò che non mi convince nella politica
“assertiva” del ministro è che si basa sulla convinzione che si possa limitare
l’import senza danneggiare l’export. Non funziona così. Il protezionismo genera
reazioni protezionistiche di chi oggi compra le nostre cose e rende più
costosi gli input della nostra manifattura. Cioè danneggia l’export. E
danneggia i consumatori, condannati a pagare di più per approvvigionarsi dai
nuovi oligopolisti locali.
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