martedì 15 ottobre 2013

D177 - Sussidi alle fonti fossili - Parte 2

Martedì scorso ho lanciato un nuovo tema a partire da una cifra: oltre un miliardo e mezzo di Euro. Il valore delle esenzioni di accise sul gasolio a favore dell’autotrasporto pesante per il 2012, valore che non esaurisce affatto gli aiuti al settore.
Queste esenzioni nel 2012 sono aumentate molto perché sono salite le accise a cui si applicano, e il sistema è costruito proprio in modo da neutralizzare gli aumenti per i beneficiari rispetto a un livello base delle accise del 2003, livello base che dal 2006 non può essere inferiore al minimo stabilito dall’Unione Europea (la quale peraltro sta per cambiare le regole, per legare le accise al contenuto energetico e carbonioso dei carburanti).

Questa dinamica dei rimborsi rende il trasferimento tanto più alto quanto più alte sono le tasse sul gasolio per i comuni mortali: se queste schizzano in alto, volano anche i rimborsi. Erogati in termini di credito di imposta direttamente monetizzabile nel caso le imposte siano incapienti.

Faccio un passo indietro. È giusto che fiscalità e parafiscalità disincentivino o aiutino i grandi consumatori di energia? Per ora non mi riferisco a consumatori di natura in qualche modo pubblicistica come le autolinee passeggeri concessionarie locali, che pure usufruiscono di aiuti, ma semplicemente a grandi consumatori di natura privatistica.

In un mercato, di solito i grandi acquirenti spuntano sconti perché ognuno di loro vale molto in termini di margine totale per il fornitore, e in qualche caso anche perché potrebbero attrezzarsi e investire per rendere sostituibile quel bene con un altro. Nel caso dell’energia, dove mercato e sistema amministrato si permeano inesorabilmente, il grosso della degressività o progressività dei prezzi complessivi non lo fanno il potere negoziale dei grandi clienti, bensì la fiscalità e la parafiscalità, cioè le componenti amministrate delle tariffe.

E lo fanno in modo incoerente. Per esempio: le bollette di luce e gas domestiche avvantaggiano in termini di oneri fiscali e parafiscali chi consuma poco e picchiano molto di più per chi ha consumi e potenza impegnata un po’ più alti. Ora, facilitare i consumatori domestici parchi aveva una ratio con un occhio all’efficienza e un altro alla redistribuzione (per quanto ci sono ottimi motivi a mio parere perché non siano le bollette a fare redistribuzione), ma in realtà il meccanismo genera effetti perversi, perché le famiglie numerose, per esempio, sono svantaggiate, così come è svantaggiato tout court chi punta sull’elettricità per riscaldarsi. Ai clienti industriali invece, come abbiamo già visto qui a Derrick, succede l’opposto: pagano meno oneri se consumano molto, anzi oltre certi scaglioni non ne pagano quasi più, da noi e in altri paesi industriali europei. Dunque per luce e gas sconti per i piccolissimi, e sconti per i grandissimi, a spese di tutti gli altri. Non ha molto senso.

Tornando alle accise sui combustibili per trazione merci, lì gli sconti sono per i mezzi pesanti, quindi grandi consumatori, senza facilitazioni per consumi modesti. Un pendolare a bordo di un’utilitaria economica in una zona senza mezzi pubblici potrebbe chiedersi perché il fisco ce l’ha molto più con lui che con un camion.

C’è forse un fine di incentivo o disincentivo a un mezzo di traporto o all’altro nella struttura delle accise? Non direi. Nei trasporti i sussidi arrivano, oltre che agli autotrasporti merci, alle autolinee passeggeri, alle ferrovie (che però continuano a chiudere i cosiddetti rami secchi), alle navi. Trasporti pubblici e non, sostenibili e non. Che senso ha?

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