martedì 3 dicembre 2013

Banche italiane e fondazioni - D183

“Di cosa ti occupi?”
"Maaah, faccio attività intersettoriali, sai sempre più necessarie per rispondere alla complessità della contemporaneità”.

Questo dialogo me lo sono inventato? Sì, ma non mi sono inventato la frase: "A questi ambiti di intervento si affiancano le attività intersettoriali, sempre più necessarie per rispondere alla complessità della contemporaneità."
Se fossi un insegnante di italiano trovando questo periodo in un tema probabilmente me la prenderei con la vacuità dell'alunno che l'ha scritto, il quale invece di comunicare qualcosa si nasconde dietro alle parole (senza trovarne di meno ridicole, tra l'altro).

Da dove ho copiato la frase? Dal sito della Compagnia di San Paolo, l'azionista più grosso (quasi il 10%) di Banca Intesa, alla pagina che descrive gli scopi dell’organizzazione, com’era l’1/12/2013 alle 13 circa.
Prima del passaggio incriminato, la fondazione afferma di avere “finalità di interesse pubblico e di utilità sociale, allo scopo di favorire lo sviluppo civile, culturale ed economico delle comunità in cui opera”. Finanziandosi con i redditi di un patrimonio “costituito nei secoli” che la Compagnia “ha il compito di trasmettere intatto alle generazioni future”.

Dunque, la Compagnia vuol fare del bene senza perseguire un profitto eccedente quello necessario per conservare il capitale, che equivale a dire che non persegue necessariamente la massimizzazione del ritorno economico, nemmeno in rapporto al rischio sostenuto. Una sorta di benefattore illuminato attento a non perdere soldi.

Fondazioni simili alla Compagnia di San Paolo compongono complessivamente una quota di circa un quarto del capitale di Banca Intesa, mentre oltre il 70% è di piccoli azionisti sul mercato. Una compagine simile a quella di altre importanti banche italiane.

Fine della premessa. Ora la tesi.

Che azionisti di riferimento di buona parte del sistema bancario, riconducibili a enti locali, non siano interessati al profitto mi preoccupa.
Perché esclude almeno in parte la razionalità economica come faro delle decisioni. Mentre il capitalismo massimizza la ricchezza complessiva se i suoi agenti cercano il profitto, in un contesto dove la funzione di redistribuzione e di sicurezza sociale è invece affidata al Governo centrale.

Certo è legittimo che uno metta in piedi una banca coi suoi soldi o quelli che riesce a raccogliere per gestirla come vuole nel rispetto delle leggi, dando credito eventualmente solo a chi sposa la sua causa. L’esempio di Banca Etica è interessante, sia per la natura diffusa e privatistica dell’azionariato attuale pur in assenza di quotazione in borsa, sia per la trasparenza rispetto alle finalità e agli impieghi del denaro raccolto. (Per inciso: per me è già etico cercare il massimo successo economico rispettando e anzi difendendo la legalità, per questo non sono socio di Banca Etica e ho la tessera radicale).

Ma se gli azionisti di riferimento delle banche sono gli enti locali, la questione si complica. E si complica di più se il perseguimento di finalità eterodosse rispetto all’efficienza economica riguarda buona parte del credito complessivo.
Se un’azienda ha una buona idea di business e cerca capitale finanziario, ma non rientra in canoni morali imperscrutabili che nemmeno volendo sa come apprendere, cosa succede? Che si presenta a Banca Intesa con un progetto d’investimento con buone prospettive di rendimento ponderato al rischio e loro rispondono che preferiscono un non meglio specificato bene comune?

Forse questa storia, e qui rubo la considerazione a Valerio Federico e Alessandro Massari, è un sintomo di come la mano pubblica cerchi di mantenere surrettiziamente il controllo sul sistema creditizio malgrado la legge del ’90. Facendo peggio di prima: perché un controllo, con criteri opachi, da parte degli enti locali è ancora meno sensato territorialmente e costituzionalmente di uno da parte dell’amministrazione centrale.

9 commenti:

  1. Hans Magnum Enzensberger:

    Quali sono le finalità e i compiti del Fondo? L’articolo dello statuto di fondazione dell’FMI fornisce informazioni molto scarne. In base a esso, il Fondo deve
    a. promuovere (la collaborazione internazionale, la stabilità, l’osservanza di regole di comportamento corrette, un alto tasso di occupazione, un elevato reddito reale);
    b. favorire (una crescita equilibrata);
    c. rafforzare (la fiducia dei membri);
    d. appianare (gli squilibri);
    e. fornire (assistenza tecnica);
    f. attenuare (le disparità); e infine
    g. approntare (un forum internazionale per la soluzione dei problemi).
    Pii desideri, che qualsiasi Rotary Club potrebbe inserire nei suoi statuti. La prosa ovattata in cui sono espressi ricompare in tutti gli innumerevoli opuscoli, rapporti e bollettini editi dal Fondo. Il loro principio stilistico è l’eufemismo, il loro effetto una sorta di narcosi intellettuale.
    Ma chi volesse saperne di più, ben presto si rompe le corna contro il linguaggio criptico della finanza internazionale, arric­chito in continuazione di nuovi acquisti dal gergo interno del Fondo. Guai a chi non è in grado di distinguere tra un accordo creditizio allargato e uno all’immediato, tra una facilitazione al finanziamento compensativo e una facilitazione di finanzia­mento aggiuntiva, e onta perpetua su colui che confonde il Gruppo dei cinque con quello dei sei, dei sette, dei dieci, dei venti o addirittura con il Club di Parigi!

    http://fuoripista.webs.com/enzensberger.htm

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    1. Intendi dire che l'ipocrisia del bene comune non riguarda solo le ns fondazioni?

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  2. Sì, in effetti anche io ho colto questo senso nel passaggio del testo di Enzensberger.

    Approfitto per segnalare un editoriale che mi è stato pubblicato su NR: Di Finanza si Vive, si Muore, si Discute...., http://notizie.radicali.it/articolo/2013-10-11/editoriale/di-finanza-si-vive-si-muore-si-discute

    Riporto un passaggio finale:

    4. È risaputo che le banche ordinarie e commerciali hanno sempre prestato i soldi a chi li aveva già, sebbene in forme non liquide; pertanto l’innesco di un’attività imprenditoriale da parte di chi ha idee, iniziative, ma che manca di risorse finanziarie, spesso è avvenuto in forme fantasiose, dove le banche non hanno rivestito ruoli, o sono state marginali (si consideri la nascita della Apple, di Facebook, della Microsoft, della vicenda KiteGen); si ritiene che la letteratura economica non abbia dedicato sufficiente attenzione a questi fenomeni. Meno risaputo è il fatto che le società si rivolgono al mercato azionario, alla Borsa, solo dopo che si sono imposte nel settore dove operano, anzi, in certi casi addirittura evitano questo mercato, come ha fatto la Ferrero, leader mondiale nei prodotti di cioccolata, che non è mai stata quotata in Borsa; mentre la Ital Design di Giugiaro, fra le aziende più prestigiose nel design automobilistico, è entrata ed uscita in breve tempo dal mercato azionario; Facebook invece è stata quotata dopo che si è affermata come azienda leader nel settore dei social network. Pertanto si ha l’impressione che entrambe, le banche e il mercato azionario, siano due istituzioni del sistema finanziario al servizio di operazioni di tipo speculativo, piuttosto che al servizio della vera imprenditorialità. Riguardo ad altre importanti funzioni della banca, occorre dire che la gestione di un semplice conto corrente potrebbe essere svolta da un servizio di anagrafe centralizzato - con più efficacia, sicurezza, trasparenza, e a costi inferiori; mentre il servizio per i mutui immobiliari potrebbe essere svolto da un’agenzia che acquista gli immobili in vendita, li affitta, e poi concede eventualmente il riscatto. Comunque, l’invasività e pervasività con cui le banche e i mercati finanziari si sono imposti nell’attuale panorama economico rende quasi eretico il pensiero circa la loro effettiva utilità e funzione.

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  3. Mario non me ne vorrai spero ma nella mia esperienza frasi (molto comuni) come "operazioni di tipo speculativo, piuttosto che al servizio della vera imprenditorialità" siano di solito vacue. Se ti chiedessi cosa intendi per speculativo e in che modo un imprenditore vero non dovrebbe esserlo?
    Io penso che la finanza e le banche servano eccome, e che debbano lavorare sul mercato e non per gli amici.

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  4. Michele, guardiamo ai recenti eventi finanziari significativi, quelli che hanno mobilitato ingenti volumi di denaro: le banche hanno creato le condizioni per la bolla dei sub-prime, scoppiata poi nel 2007-8, e che si è poi scaricata sulle Banche Centrali e sul Tesoro, generando artatamente la recente crisi dei debiti sovrani nel 2011-12; le maggiori banche francesi e tedesche a suo tempo avevano finanziato il debito Greco, i cui bilanci sembra fossero stati addomesticati da un'altra grande banca statunitense, la Goldman Sachs, dove tra l'altro molti personaggi di alto livello della politica e del governo italiano (Draghi, Prodi, Monti, Letta) hanno lavorato come consulenti e funzionari di alto livello. Gli attacchi ai debiti sovrani di alcuni stati europei (Italia, Francia e Grecia) sono stati anche favoriti da alcune regole per il funzionamento della BCE presumo volute sempre dai banchieri, che poi hanno speculato sui rendimenti dei titoli. Teniamo presente che le banche commerciali e d'affari possono mobilitare ingenti quantità di denaro, grazie al meccanismo del moltiplicatore, che è una sorta di amplificatore della massa monetaria legale emessa dalle Banche Centrali.

    Riconosco che sono aspetti quanto mai complessi, ma estremamente importanti, pertanto sarebbe utile, per il partito, una discussione pubblica e allargata, magari attraverso un forum radicale pubblico, ma gestito e regolato, che ora non esiste.

    Tra l'altro nessun partito politico ha raccolto la denuncia che per mesi si è manifestata in ogni angolo del mondo, con il nome di Occupy Wall Street.

    Ciao Mario

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    1. Credo tu abbia ragione su molti punti.
      Su Occupy ho un po' l'impressione che sia stato ripreso solo da movimenti molto fumosi, il solito "abbasso le banche" che mi sembra, boh, come minimo inutile, e che guarda caso è anche nel menù dei forconi, no? ciao M

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    2. Sì, spesso quando si parla di banche e finanza facilmente si scivola nella demagogia. Io penso però che un partito debba riuscire a convogliare un certo spirito ribellistico verso proposte politiche.

      Va anche detto che mentre era in corso una delle tante manifestazioni di Occupy Wall Street davanti al Metropolitan, dove guarda caso veniva rappresentata l'opera Satyagraha, il compositore, Philip Glass, ha accolto l'invito dei manifestanti ad aderire al loro appello, mentre a gran voce questi pronunciavano proprio Satyagraha, http://www.youtube.com/watch?v=MUXI3O8SAaQ (al tempo 3' 10").
      Ciao Mario

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