Dico se avete tubi di piombo e pentole di rame anche tubi di rame e pentole di piombo, se avete dei chili di ottone vi do trecento lire al chilo, compro rubinetti di ottone e filo di rame anche rubinetti di rame e filo di ottone, il rame ve lo pago quattrocentocinquanta. Compro anche carta straccia bottiglie usate pelli di coniglio stracci di lana e altri stracci, compro gomma bachelite specchi rotti e sani lampadine fulminate, insomma
COMPRO TUTTO.
Avrete capito che oggi a Derrick si parla di economia.
Radicali Italiani con il tesoriere Valerio Federico ha
appena lanciato la campagna “#Sbanchiamoli!”, con una proposta di legge
che prevede che le fondazioni bancarie cedano sul mercato tutte le loro
partecipazioni nelle banche italiane.
Facciamo un passo indietro. Le banche per la maggior parte prima
del 1990 in Italia erano pubbliche e di diritto pubblico. Ma la legge Amato su
spinta della normativa europea ha previsto che diventassero società per azioni,
il cui capitale non poteva più essere dello Stato, ed è stato quindi conferito
a un nuovo soggetto: le Fondazioni Bancarie, la cui natura giuridica si è
successivamente evoluta ma che sono sempre rimaste senza scopo di lucro e
controllate da enti locali e da altre espressioni pubbliche e private di
interessi locali.
Le Fondazioni devono per legge perseguire fini sociali di
natura pubblicistica e dal ’99 è stabilito che escano progressivamente dal capitale
delle banche, fino alla Finanziaria del 2002 che impone la cessione delle loro partecipazioni
che anche solo aggregate esercitino il controllo degli istituti di credito.
Ancora oggi molte banche importanti vedono però quote
rilevanti di azioni in mano a gruppi di Fondazioni bancarie. Qui a Derrick
abbiamo parlato del caso della Compagnia di San Paolo che ha circa il 10% di Banca
Intesa, mentre Fondazione Cariplo ne ha un altro 5%.
Perché questa struttura è un problema e ha senso correggerla?
Perché il credito conviene che vada ai soggetti con gli
impieghi economicamente più promettenti. Perché lo Stato dovrebbe perseguire le
finalità pubblicistiche attraverso le sue prerogative istituzionali, in primis la
redistribuzione economica diretta con il sistema fiscale, e non intervenendo
nelle decisioni di società di natura privatistica come le banche, e per di più
attraverso l’espressione di interessi locali come con le Fondazioni.
Ma se una S.p.A. (o una banca) persegue finalità diverse dal
profitto perché qualche suo grosso azionista ne ha specifico interesse, gli
azionisti di minoranza, che insieme sono la maggior quota e invece aspirano ai dividendi
della loro partecipazione, ne patiscono, come ha notato Luigi Zingales. Ma
soprattutto ne patisce il sistema economico che vede il credito pilotato da
motivazioni diverse dalle aspettative di rendimento e sicurezza del capitale
prestato.
Che le Fondazioni, con fini filantropici – qualunque cosa
voglia dire – e che in pratica sono gli interessi della politica locale,
abbiano le mani sul credito italiano è un esempio emblematico di capitalismo
inquinato. Di uno Stato che invece di fare lo Stato mette le mani nell’economia
privata, e in un modo che difficilmente potrebbe essere più opaco.
Il brano iniziale era da Salto Mortale,
romanzo di Luigi Malerba, a cui è dedicato un appuntamento a Roma questo
giovedì 6 marzo alle 19.15 alla libreria Altroquando, animato dal gruppo “I
libri in testa” che comprende il sottoscritto.
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