martedì 12 gennaio 2021

Scuola all'ultimo posto (Puntata 468 in onda il 12/1/21)

Nell’ottobre 2020 l’organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che le scuole dovrebbero
chiudere solo se non ci sono alternative. Nello stesso mese il Comitato Tecnico Scientifico, istituito in seno alla protezione civile per la gestione dell’emergenza Covid, comunicava che in base ai dati in quel momento disponibili le scuole andavano salvaguardate perché non sono un luogo di elevato contagio.

Ignorandolo, il Governo ha subito dopo di nuovo chiuso le scuole secondarie che da marzo 2020 non hanno fatto che pochissime settimane di lezione effettiva.

Nessun altro grande Paese europeo ha fino a oggi chiuso le scuole se non per periodi limitati. Del resto, nessun altro grande Paese d’Europa ha avuto produttività stagnante e reddito in calo come il nostro nell’ultimo ventennio circa. Ci sarà un legame tra la debolezza della scuola e il declino anche economico? In Italia da decenni, non da oggi, gli anni scolastici iniziano con classi scoperte, i genitori (quelli che si prestano) pagano con collette gran parte delle spese correnti degli istituti diverse dagli stipendi, i dirigenti scolastici non hanno quasi nessun potere rispetto all’organizzazione delle risorse e alla selezione e remunerazione degli insegnanti che sono tutti pagati poco e responsabilizzati altrettanto.

Le risorse arrivano, come abbiamo già visto qui a Derrick anche con interviste a una rappresentante dell’associazione dei consigli di istituto, Daniela Buongiorno, e del presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Antonello Giannelli, in esito alla potestà concorrente di Regioni e Stato centrale. Le stesse Regioni che hanno quasi interamente decretato in questi giorni la fine probabile dell’anno scolastico 2020-2021, sostanzialmente mai iniziato, per le scuole secondarie.

Nella retorica del lockdown, una “comprovata esigenza di lavoro” scritta in un’autocertificazione cartacea è abbastanza per spostarsi in barba a qualunque limitazione. Ma la scuola non è evidentemente lavoro, e non è un’esigenza prioritaria percepita dalla classe di governo nel suo complesso. Non è un ristorante, un parrucchiere, un centro commerciale, una istituzione di culto. La scuola e i suoi studenti adolescenti, forse quelli per cui questa istituzione è più critica, non hanno priorità di alcun tipo, né diritto ad alcun ristoro.


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