martedì 16 luglio 2024

Rivolte fiscali (Puntata 631 in onda il 16/7/24 e in replica il 20/8/24)

Sentiero verso l'attacco della Ferrata Delle Aquile
Verso la
via ferrata delle Aquile
(Faì della Paganella)
È ora di tornare su un tema caro a questa rubrica: i sussidi ambientalmente dannosi, che sono quasi tutti sussidi al consumo o produzione di energie fossili soprattutto derivati del petrolio, gas naturale e carbone) e includono discipline fiscali come gli incomprensibili aiuti alle auto-benefit dei quadri e dirigenti d’azienda a spese di tutti i contribuenti. (Su questo tema meriterebbe una rubrica a parte la fantasia con cui chi difende simili aiuti si arrampica sugli specchi per trovarci una logica).

Ma anche quando la politica concorda sul fatto che i soldi pubblici è meglio metterli su attività non dannose ad ambiente e clima, riuscire a mettere le mani al sistema fiscale coerentemente senza farsi male in termini di popolarità è difficile. E lo è soprattutto per la impreparazione con cui le riforme vengono formulate, non spiegate e infine applicate.

Gli economisti che si occupano di finanzia pubblica e seguono la materia ripetono ormai fino alla noia che introdurre tasse ambientali o eliminare sussidi dannosi all’ambiente (che di solito implica che alcuni beni iniziano a costare di più al consumatore) va fatto insieme a forme di compensazione. Per esempio, se sei un camionista o un tassista e ti tolgo lo sconto sulle accise del gasolio, ti propongo un rimborso fiscale tarato su quanto, con una flotta ragionevolmente efficiente, mi aspetto ti costi l’aumento di accise. A questo punto, tu camionista o tassista puoi continuare a comportarti come prima – senza che economicamente cambi nulla – oppure, com’è verosimile, cambierai i tuoi comportamenti assecondando il maggiore incentivo a consumare meno gasolio, per esempio grazie a mezzi più efficienti o legando di più le tue tariffe finali ai consumi, che è anch’esso un comportamento virtuoso per il sistema economico, perché passa a valle un incentivo virtuoso al cliente finale.

Benché l’Italia e altri paesi OCSE non siano messi bene in termini di spesa fiscale dannosa all’ambiente, la situazione è più critica in Paesi con redditi medi più bassi. Nella pagina delle Afriche dell’Economist di questa settimana si parla di Kenya, con le recenti rivolte che hanno indebolito il presidente Ruto partite dall’opposizione a una riforma fiscale che ha incluso l’aumento di alcune imposte indirette (cioè sul prezzo di beni), e di Nigeria dov’è in atto un processo inflativo sui prezzi del cibo legato anche alla riduzione di sussidi sui combustibili per trasportarlo.

Si direbbe che i Governi tendano a fallire nello spiegare perché le tasse servono e perché in qualche caso alcune vanno ritoccate in aumento a fronte di vantaggi maggiori per la generalità dei cittadini. Per esempio: se il Kenya o la Nigeria dovessero peggiorare la situazione dei già critici bilanci pubblici, magari con iperinflazione per ridurne l’impatto, la tassa da inflazione soprattutto per salariati e classe media avrebbe impatti verosimilmente peggiori e più iniqui rispetto all’aumento del prezzo del gasolio. In generale, un sistema strutturale di carbon tax può evitare altre tasse e rende non necessari i (peraltro già ridotti ormai in Italia) aiuti pubblici alle tecnologie pulite, come da anni sostiene, a restando tra le voci di questa Radio, Marco Cappato con la sua iniziativa EuMans.

Ma se i politici non hanno l’ardire o la capacità di spiegare questi meccanismi, il rischio è d’impoverirsi ulteriormente, bloccati nella trappola delle rivolte di strada o nell’ostruzionismo delle corporazioni.


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