Verso la via ferrata delle Aquile (Faì della Paganella) |
Ma anche quando la politica concorda sul fatto che i soldi
pubblici è meglio metterli su attività non dannose ad ambiente e clima,
riuscire a mettere le mani al sistema fiscale coerentemente senza farsi male in
termini di popolarità è difficile. E lo è soprattutto per la impreparazione con
cui le riforme vengono formulate, non spiegate e infine applicate.
Gli economisti che si occupano di finanzia pubblica e
seguono la materia ripetono ormai fino alla noia che introdurre tasse
ambientali o eliminare sussidi dannosi all’ambiente (che di solito implica che
alcuni beni iniziano a costare di più al consumatore) va fatto insieme a forme
di compensazione. Per esempio, se sei un camionista o un tassista e ti tolgo lo
sconto sulle accise del gasolio, ti propongo un rimborso fiscale tarato su
quanto, con una flotta ragionevolmente efficiente, mi aspetto ti costi l’aumento
di accise. A questo punto, tu camionista o tassista puoi continuare a
comportarti come prima – senza che economicamente cambi nulla – oppure, com’è
verosimile, cambierai i tuoi comportamenti assecondando il maggiore incentivo a
consumare meno gasolio, per esempio grazie a mezzi più efficienti o legando di
più le tue tariffe finali ai consumi, che è anch’esso un comportamento virtuoso
per il sistema economico, perché passa a valle un incentivo virtuoso al cliente
finale.
Benché l’Italia e altri paesi OCSE non siano messi bene in
termini di spesa fiscale dannosa all’ambiente, la situazione è più critica in
Paesi con redditi medi più bassi. Nella pagina delle Afriche dell’Economist di
questa settimana si parla di Kenya, con le recenti rivolte che hanno indebolito
il presidente Ruto partite dall’opposizione a una riforma fiscale che ha
incluso l’aumento di alcune imposte indirette (cioè sul prezzo di beni), e di
Nigeria dov’è in atto un processo inflativo sui prezzi del cibo legato anche
alla riduzione di sussidi sui combustibili per trasportarlo.
Si direbbe che i Governi tendano a fallire nello spiegare
perché le tasse servono e perché in qualche caso alcune vanno ritoccate in
aumento a fronte di vantaggi maggiori per la generalità dei cittadini. Per
esempio: se il Kenya o la Nigeria dovessero peggiorare la situazione dei già
critici bilanci pubblici, magari con iperinflazione per ridurne l’impatto, la
tassa da inflazione soprattutto per salariati e classe media avrebbe impatti
verosimilmente peggiori e più iniqui rispetto all’aumento del prezzo del gasolio.
In generale, un sistema strutturale di carbon tax può evitare altre tasse e rende
non necessari i (peraltro già ridotti ormai in Italia) aiuti pubblici alle
tecnologie pulite, come da anni sostiene, a restando tra le voci di questa
Radio, Marco Cappato con la sua iniziativa EuMans.
Ma se i politici non hanno l’ardire o la capacità di spiegare
questi meccanismi, il rischio è d’impoverirsi ulteriormente, bloccati nella
trappola delle rivolte di strada o nell’ostruzionismo delle corporazioni.
Link
- L'articolo dell'Economist sulle rivolte in Kenya: https://www.economist.com/middle-east-and-africa/2024/07/09/kenyas-deadly-gen-z-protests-could-change-the-country
- Quello sull'inflazione del prezzo del cibo in Nigeria: https://www.economist.com/middle-east-and-africa/2024/07/11/soaring-food-price-inflation-is-hurting-nigerias-poor
- Le puntate di Derrick sui sussidi dannosi all'ambiente (in ordine anticronologico): https://derrickenergia.blogspot.com/search?q=sussidi+dannosi
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