L’ultima volta abbiamo commentato la notizia che il governo
inglese in carica ha chiuso un accordo con una cordata industriale guidata
dalla francese Areva per costruire e operare in Gran Bretagna almeno due
reattori nucleari per produzione elettrica. Reattori attesi tra dieci anni e a
cui per i successivi 35 il governo inglese garantirà un prezzo dell’energia di
circa 108 Euro al MWh, indicizzato all’inflazione, che è più o meno il doppio
del prezzo dell’elettricità all’ingrosso in Gran Bretagna e circa il 60% di più
di quello italiano.
Il Governo inglese è convinto che saranno soldi ben spesi,
sia per superare le prospettive di carenza di capacità di generazione elettrica
locale (e su questo è facile controbattere che si tratta di una soluzione che –
se il problema c’è davvero – arriverà tardi) sia per combattere il
riscaldamento globale – cosa a cui gli ambientalisti oppongono che le fonti
rinnovabili, se continuano anche solo in piccola parte il loro trend di
sviluppo, costeranno meno di questo nucleare.
Carlo Stagnaro mi ha segnalato un articolo dell’economista inglese
David Henderson, uscito già nello scorso aprile, in cui le passate stagioni di
investimento pubblico inglese in nucleare sono annoverate, insieme alla
partecipazione al progetto Concorde, tra i peggiori bagni di sangue alimentati
dal denaro pubblico in Gran Bretagna. E alla luce della novità, scrive
Henderson, non sembra che la storia stia insegnando granché agli
amministratori.
Ma la cosa che mi ha colpito di più in questo testo è un passaggio
che parafraserei così:
“Si tende a presumere che gli approvvigionamenti energetici richiedano forme nazionali di strategie che si sostituiscano ai mercati [anche quando questi ci sono e funzionano, aggiungo io]. E che i governi debbano sostituirsi ai consumatori predefinendo i bisogni energetici da soddisfare. Eppure, quando parliamo di beni e servizi, non c’è bisogno che abbia senso soddisfare a qualunque prezzo.”
Ora, anche volendo essere meno tranchant di Henderson, si
deve ammettere che decidere oggi per la prossima generazione il prezzo giusto
di un bene che il mercato è spontaneamente in grado di produrre e remunerare è
un bell’azzardo. Un azzardo probabilmente molto più alto rispetto al rischio
che – per motivi oscuri – gli imprenditori decidano di non fare centrali
elettriche nemmeno se il prezzo dell’energia tende a salire.
Nessun commento:
Posta un commento