martedì 13 maggio 2014

Pro e contro dell'energia da biogas - Parte 2

Seconda puntata sugli impianti di produzione di energia elettrica da biogas. Impianti generalmente in zone agricole che usano gas esito di un processo di digestione anaerobica di materiale organico, come scarti di lavorazione agroalimentare e prodotti agricoli ad hoc, per produrre elettricità e fertilizzante. E qui nasce la prima allerta, che riguarda il controllo del materiale usato come input.

Il senso dell’operazione è ridurre alcune emissioni chimiche delle lavorazioni agricole e zootecniche e spiazzare la produzione di elettricità da fonte fossile. Ma le preoccupazioni e opposizioni a questi impianti non mancano e almeno in parte sono serie. Provo ora a elencare le più comuni, e a commentarle.

Prima preoccupazione: l'uso energetico di prodotti agricoli non va bene perché sottrae risorse alla produzione di cibo.

Questa argomentazione a mio avviso è impertinente. Per me la buona agricoltura è quella che fa (nel rispetto dell'ambiente e delle regole) le cose più utili, cioè quelle che valgono commercialmente di più. È molto facile smontare l’affermazione che una cosa se si mangia è buona e se non si mangia è speculativa. Poi, come ho argomentato in Derrick, non ho nulla contro la speculazione intesa come ricerca del massimo profitto nell’ambito della legalità, anzi la ritengo virtuosa e utile al progresso e alla ricchezza di tutti.
(Con la stessa parola, speculazione, a volte si intendono invece turbative o manipolazioni di mercato: ma non è di questo che sto parlando).

Il progresso modifica spesso la concorrenza sui mercati delle risorse. Pensiamo a come la rivoluzione industriale e l’urbanizzazione hanno sottratto braccia all’agricoltura e quindi al cibo: dovevano essere osteggiate per questo? Di fatto hanno poi contribuito a modernizzare e rendere efficiente anche l'agricoltura.

Seconda  preoccupazione: gli impianti a biogas in aree agricole hanno impatti ambientali locali negativi e snaturano l'area.

Questa sì mi sembra un’obiezione rilevante. Aggiungo che i motori più efficienti per bruciare biogas sono a ciclo Diesel e richiedono in molti casi aggiunta di una parte (per quanto minoritaria) di gasolio per innescare la combustione. È chiaro che un terreno agricolo occupato da un impianto che - pur di minima taglia rispetto a una grande centrale - brucia a ciclo continuo combustibili provenienti da un'area più vasta dell'azienda stessa, oltretutto non tutti rinnovabili, modifica la natura di quel territorio. Fino a che punto a un agricoltore va riconosciuto il diritto di installare una sorgente di emissioni in atmosfera maggiore di quella che ci sarebbe con la sua normale attività agricola?

Il tempo di Derrick oggi è quasi finito, ma la prossima volta riprenderò il tema. Intanto ringrazio Giovanna Casalini per la sua lettera aperta su un paio di casi specifici riguardo a cui la invito a mandarmi maggiori informazioni. Casalini, totalmente contraria al biogas, unisce spunti a mio avviso non rilevanti e che non condivido (per esempio la critica a un’amministrazione perché permette un impianto di un imprenditore non della zona, come se a preoccuparla fosse un’istanza di protezionismo municipale) ad altri che invece trovo importanti, soprattutto riguardo all’efficacia dei controlli e al processo autorizzativo degli impianti.

In chiusura invito gli ascoltatori a mettere in agenda un convegno sulla fiscalità ambientale, cui corrisponderà il lancio di un documento-manifesto di Radicali Italiani e Legambiente dal titolo "Basta sussidi a chi consuma l'ambiente", il 21 maggio pomeriggio a Roma.

Infine, Radio Radicale sta monitorando gli ascolti delle rubriche. Se avete seguito Derrick, per favore segnalatelo a ioascolto@radioradicale.it .


Grazie da Michele Governatori

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