Finestra a Regensburg (foto Derrick) |
Forse la quadra non si trova perché alcuni degli obiettivi
sono contrastanti. Tenterò, vista la brevità della trasmissione, di fare una
serie di affermazioni per forza di cose non troppo dettagliate ma spero
rilevanti e che sintetizzano le idee che mi sono fatto.
- Se temiamo il razionamento, dobbiamo limitare il
più possibile il prezzo politico dell’energia. Questo perché un prezzo più
basso di quello di mercato tenderà naturalmente a produrre una domanda maggiore
dell’offerta disponibile a quel prezzo e quindi a rendere ineluttabile proprio
il razionamento. Questo lo sostiene per esempio Daniel Gros del Centre for
European Political Studies, che ricorda quanto è fondamentale ora consumare
poco e quindi fornire incentivi a farlo.
- Una conseguenza, che mi permetto di lanciare
come proposta di Derrick, è che i prezzi calmierati dovrebbero essere limitati
a un fabbisogno di necessità, per esempio in base a una stima dei consumi
necessari a riscaldare una casa in una determinata zona climatica in coerenza ai
nuovi parametri stabiliti dal Governo. È facile calcolare queste quantità? No,
ma nemmeno impossibile darsi dei criteri standard ragionevoli. E i nuovi
contatori “smart” del gas letti a distanza permetterebbero di applicare la
norma senza bisogno di mandare improbabili investigatori a vedere chi
ha la caldaia accesa. Superata la soglia di moderazione, chiamiamola così, il
prezzo sarebbe quello di mercato, senza sconti.
- Poi c’è la questione del cosiddetto disaccoppiamento
tra prezzo dell’elettricità e quello del gas, che mi sembra più che altro uno
slogan scarsamente fattibile. Provo a dire perché.
Se per fare l’ultimo MWh di elettricità necessario serve usare il gas, non è
affatto strano che il prezzo del megawattora a gas diventi il riferimento del
mercato di breve termine. Gli accordi commerciali di lungo periodo all’ingrosso
o al dettaglio a prezzo fisso o con criteri non necessariamente legati al gas
non sono mica vietati, esistono, anche se oggi inevitabilmente vengono
rinnovati a prezzi molto più alti. Ma è normale che la fissazione di un prezzo
fisso risenta delle condizioni momentanee di scarsità, così come è normale che
chi ha comprato a prezzo fisso con contratti lunghi prima della crisi oggi
venga premiato.
In altri termini, non riesco a capire come sul mercato a pronti della borsa
elettrica, che è quello che serve appunto a bilanciare domanda e offerta ora
per ora, il prezzo di mercato possa essere diverso dal costo marginale della
risorsa. Che – lo ricordo – nelle ore in cui le rinnovabili soddisfano tutta la
domanda diventa anche nullo, o, dove le regole non lo impediscono come in
Germania, negativo (cioè i clienti vengono pagati per consumare i sovrappiù
momentanei di energia).
Se quest’ultima parte suona non chiara almeno per chi non si
diletta di economia o energia. Se sì fatemelo sapere e magari proverò a
riformulare meglio.
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