martedì 21 ottobre 2025

Calenda e i guadagni delle reti energetiche (Puntata 691 in onda il 21/10/25)

Illustrazione di Paolo Ghelfi
Questa puntata si può ascolare qui.

In un contesto in cui quasi mai qualcuno manifesta in pubblico criticismo su chiunque abbia un po' di potere, l'invettiva di Carlo Calenda di qualche giorno fa contro Flavio Cattaneo mi è parsa una piccola boccata d'ossigeno.

Calenda però la chiude buttando sul personale una cosa che invece (come lui stesso anticipa) ha una valenza pubblica.

Vediamo di cosa si tratta per chi non ha seguito il battibecco: Calenda nota come Enel Distribuzione, gruppo Enel, faccia utili notevolissimi, e menziona un 40% che potrebbe essere compatibile con dati recenti del rapporto tra risultato operativo o netto dell’azienda e il fatturato. In effetti nel 2024 Enel Distribuzione aveva un risultato operativo netto di oltre 3 miliardi e mezzo per un fatturato di poco più di 9.

Si tratta in effetti di una redditività notevolissima, ed è comune in Italia nelle aziende che gestiscono reti dell’energia. Aziende che come dice Calenda hanno un rischio limitato, visto che la struttura delle tariffe che le remunera, stabilita dall’ARERA, è disegnata per garantire un ragionevole ritorno sugli investimenti e rifusione dei costi operativi. In più, i clienti sono captive, cioè non possono scappare a meno che non smettano di consumare energia, visto che i gestori delle reti sono monopolisti nella loro area di competenza.

Non ha senso però prendersela con Cattaneo che amministra una delle aziende beneficiarie, e men che meno Cattaneo dovrebbe "stare zitto" (come gli suggerisce Calenda nel suo attacco) sui suoi risultati economici. Anche perché una società quotata cosa dovrebbe fare? Nascondere gli utili? Introdurre sussidi interni da business regolati ad altri in concorrenza?

Piuttosto, se il punto sollevato è fondato (e io credo di sì) c'è un problema delle istituzioni dello Stato che evidentemente non riescono a regolare come dovrebbero questi settori. Leggo che Calenda correttamente ha sollevato la questione anche in Parlamento e che il ministro Pichetto ha girato la responsabilità su ARERA, reazione comprensibile visto che l’Autorità è tenuta a essere indipendente dal Governo e che il disegno di dettaglio delle tariffe di rete le compete.

La questione politica in ogni caso c’è, ed è particolarmente importante, visto che non c'è membro del Governo o del Parlamento che non invochi bollette più basse, e visto che dopo alcuni mesi dalla scadenza Governo e Parlamento non sono ancora riusciti a esprimere i nuovi vertici di ARERA.

Ma attenzione, sulla remunerazione delle reti energetiche non c'è solo la questione del quanto, ma anche del cosa. Quali parti dell’infrastruttura hanno effettivamente bisogno di investimenti urgenti che magari giustificano (piccoli) premi economici? Quali invece al contrario devono smettere di spendere soldi collettivi in nuovi asset perché incoerenti con la strategia energetica e climatica? (Spoiler: la risposta a quest'ultima domanda è: le reti gas).

Di sicuro sovraremunerare indiscriminatamente o quasi ogni euro investito nei settori regolati non è una buona idea né per la competitività né per la transizione energetica.


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martedì 14 ottobre 2025

Bici e lotta di classe (Puntata 690 in onda il 14/10/25)

Illustrazione di Paolo Ghelfi
Questa puntata si può ascoltare qui

Si direbbe che l’Economist mi ascolti, soprattutto quando mi trovo nella sua patria. Nella penultima puntata parlavo dell’uso crescente delle bici a Londra, osservando il quartiere di Chelsea e notando come un mezzo così tradizionale, semplice, umile, stia tornando a far parte della routine anche – anzi: soprattutto, e questa è la cosa un po’ strana e interessante – delle classi urbane privilegiate.

Un ricco articolo del secondo numero di ottobre 2025 dell’Economist riprende il tema, innanzitutto con qualche dato.

Se è vero che le nuove tecnologie, come le auto elettriche e i robotaxi, stanno accompagnando le città nella nuova era, è anche vero che il ritorno alle semplici bici è quantitativamente più significativo. Se i robotaxi di Waymo (gruppo Google) sono arrivati a dare 250 mila passaggi alla settimana, solo a New York, scrive l’Economist, in tre giorni si fanno lo stesso numero di corse di bike sharing.

Io osservavo in particolare Chelsea, ma leggo che anche nella City muoversi in bici è ormai il doppio più frequente che in auto. Altro caso di grande successo delle politiche di limitazione alle auto è Parigi, dove in tutta la metropoli ci si muove ora più in bici che in auto, mentre le tradizionali città ciclabili d’Europa, Copenaghen e Amsterdam, si sono spinte ancora più avanti nell’intensità di pedalata, anche grazie alla diffusione delle bici elettriche.

Pechino, che 30 anni fa aveva di fatto tolto spazio ai ciclisti per darlo alle auto, sta anche lei tornando indietro, mentre i tuktuk elettrici stanno diventando la norma a Dakhra, capitale del Bangladesh (chissà com’è la situazione invece a Delhi: quando ci sono stato 4 anni fa gran parte dei tuktuk erano convertiti a gas metano, chissà se sono stati nel frattempo elettrificati).

La pedalata assistita sta però creando qualche problema di sicurezza a causa della maggiore velocità delle bici elettriche rispetto alle muscolari, soprattutto quelle illegalmente modificate per andare forte come motorini, che tendono a violare i limiti di velocità delle piste ciclabili mettendone a rischio la sicurezza.

Mentre le recenti elezioni politiche in Repubblica Ceca hanno visto i populisti-reazionari prevalere anche grazie al partito dei motoristi, a Montreal, la metropoli più ciclabile d’America, le prossime elezioni municipali vedono la contrapposizione tra i supporter delle bici e quelli delle auto che lamentano la crescente limitazione cui sono soggetti, benché, scrive l’Economist, solo il 2% dello spazio stradale cittadino sia riservato alle bici, contro l’80% alle auto e il resto ai pedoni.

L’ignoranza probabilmente gioca un ruolo determinante, come nel caso dei commercianti che continuano a ritenere che la ciclopedonalizzazione delle loro strade sia un danno al business, mentre i dati osservati mostrano costantemente il contrario.

Come dicevo nella puntata a Chelsea, se non è difficile immedesimarsi in una lotta di classe dove i meno abbienti vedono malvolentieri lo sfoggio di supercar a bordo strada, è un po’ curioso quando l’invidia sociale prende come simbolo negativo la bici, cioè il mezzo più economico e meno impattante sugli altri, quello che tutti possono permettersi.

Ma tu guarda questi fighetti privilegiati che pedalano anziché fare il pieno, inquinare e girare con una tonnellata e dieci metri quadri di ferraglia attorno a sé.


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sabato 11 ottobre 2025

Srilanka (Puntata 689 in onda il 7/10/25)

Tuktuk al forte olandese di Galle
Una serie di clip registrate durante un viaggio in Srilanka tra il 29/9 e il 7/10/2025.

La puntata si può ascoltare qui.


Tempio a Dambulla



Stazione di Liyanagemulla