martedì 31 ottobre 2017

Economia alla convention Stati Uniti d'Europa: una sfida Radicale (Puntata 333 in onda il 31/10/17)

Mentre è in corso a Roma il congresso di Radicali Italiani, si è da poco chiusa sempre all’Hotel Ergife una convention di due giorni organizzata da Emma Bonino e Radicali Italiani, chiamata Stati Uniti d’Europa: una sfida Radicale, riascoltabile su Radio Radicale. I lavori sono stati in parte suddivisi in commissioni e qui parlo di quella su politica fiscale e riforme strutturali, moderata da Marco de Andreis e dal sottoscritto.


Proposta di Radicali Italiani per la finanza pubblica italiana

De Andreis ha aperto i lavori descrivendo gli aspetti essenziali della proposta di Radicali italiani per una politica fiscale nella prossima legislatura, e cioè:
  • Congelamento spesa al livello nominale 2017
  • Riduzione IRPEF a metà legislatura: tre aliquote, rispettivamente al 20 per cento (per i redditi fino a 40 mila euro l’anno, no tax area per i redditi fino a 8 mila euro), 30 per cento (tra 40 e 60 mila euro) e 40 per cento (oltre 60 mila)
  • Riduzione aliquota IRES (imposta sugli utili delle imprese) al 20%. 

Da dove arriverebbero le risorse? Oltre che dal congelamento della spesa (che ne implica una seppur piccola riduzione reale):
  • Dall’eliminazione del regime agevolato IVA 10%
  • Dalla cancellazione di misure di spesa fiscale (in particolare bonus particolari a investimenti e cuneo fiscale, facilitazioni prima casa e sussidi dannosi all’ambiente). 


Il parere degli esperti

Veronica de Romanis, professoressa alla Luiss, è stata tranchant: basta bonus, abbassiamo piuttosto le tasse per tutti. Anche perché le tasse alte hanno prodotto politica di spesa lassista anziché investimenti e riduzione del debito. Lorenzo Codogno, professore alla London School of Economics, è d’accordo e mostra come dal 2013 l’avanzo primario strutturale dello stato italiano venga costantemente eroso per finanziare spesa corrente, rendendo meno credibile la riduzione del debito. Riduzione che però è indispensabile mostrare di essere capaci di fare se vogliamo che i titoli del nostro debito vengano comprati sui mercati quando non sarà più la BCE a farlo. E se non iniziamo il percorso finché il quantitative easing e il trend dei prossimi titoli in scadenza è favorevole in termini di interessi, quando lo faremo?
Nemmeno a Stefano Micossi del Centre for European Policy Studies piace la legge di Stabilità com’è impostata. Micossi condivide la necessità di mettere mano alla spesa fiscale e in particolare di cancellare il regime di privilegio dell’IVA al 10%, ingiustificabile in termini di logica economica. Alfredo Macchiati, infine, ci ricorda come vari osservatori autorevoli consiglino all’Italia di tassare meno le persone (cioè i redditi) e di più le cose: consumi e patrimoni. Magari attuando finalmente la volontà del Parlamento: una revisione fiscale in termini ecologici, iniziando almeno col tagliare i sussidi dannosi all’ambiente.


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martedì 24 ottobre 2017

La brexit dell'energia (Puntata 332, in radio il 24/10/2017)

La brexit del governo May di Londra sembra riguardare anche le regole e la stessa filosofia del mercato dell’energia. L’esecutivo britannico infatti ha annunciato di recente l’istituzione, benché temporanea e non di immediata applicazione, di un tetto alle tariffe domestiche dell’energia.

E pensare che la Gran Bretagna è stata un laboratorio di liberalizzazione dell’energia, attuata già a partire dalla fine degli anni Ottanta e con strumenti drastici (poi applicati nell’elettricità anche in Italia con il decreto Bersani una decina di
Scalinata fotografata
da Derrick a Vienna
nel novembre 2016
anni dopo) come lo spezzettamento forzoso dell’azienda monopolista della generazione elettrica.
La filosofia sottostante era quella di introdurre la competizione in tutti i segmenti della filiera in cui fosse fattibile, per esempio nella vendita e nella produzione di elettricità.

La liberalizzazione inglese però non ha portato a superare un oligopolio di fornitori, e sono ancora molti i clienti (e questo vale anche da noi) apparentemente non interessati a cambiare operatore. Le autorità britanniche dell’energia e dei mercati hanno approntato vari strumenti di trasparenza e di aiuto alla scelta per spingere i clienti a essere più attivi e innescare quindi la concorrenza, ma ora il governo con il tetto forzoso ai prezzi ha scelto una strada decisamente più dirigista.

Strada che ha sollevato le critiche anche di membri anch’essi conservatori del parlamento, arrivati a definire “marxista” la soluzione del governo. Dal canto suo, la IEA, agenzia dell’energia di Parigi, ha twittato che per abbassare i prezzi dell’energia serve concorrenza in mercati liberalizzati, non maldestri sistemi di tetto ai prezzi.
Vari esperti hanno fatto notare che se si mette un tetto ai prezzi in un mercato competitivo è prevedibile che quel tetto diventi un riferimento verso cui gli operatori tenderanno ad alzare tutti i prezzi che in precedenza erano inferiori. Con un effetto finale di aumento medio e di paradossale aiuto alla collusione.

Domandona: è più efficiente un’economia pianificata in un ipotetico mondo di amministratori onniscienti e incorruttibili, o una di mercati con perfetta trasparenza? Non lo so. Ma penso si possa affermare senza dubbio che strumenti dirigistici estemporanei applicati a economie di mercato sono la soluzione peggiore, un ibrido che probabilmente unisce il peggio dei mercati reali e delle pianificazioni reali.
Martin Lewis, fondatore di un sito inglese di comparazione prezzi, ha fatto una dichiarazione riportata dall’Independent il 13 ottobre 2017 che tradurrei così: “Ai clienti dovrebbe essere concesso anche il diritto di pagare di più, se va bene a loro”. Per esempio, aggiungo io, perché preferiscono un fornitore fidato ma non economico, o non hanno voglia di sbattersi tra le offerte. Limitare per decreto questa libertà è piuttosto illiberale, e diventa disastroso se ha anche l’effetto di far pagare di più chi invece al risparmio è interessato.

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martedì 17 ottobre 2017

Indice globale della fame (Puntata 331 in onda il 17/10/17)

“La fame rappresenta uno dei problemi più gravi che affiggono l’umanità, più dell’azione combinata di malattie come AIDS, tubercolosi o malaria. È un’emergenza che interessa ancora troppe persone nel mondo e si concentra soprattutto in alcuni particolari territori” ha dichiarato Daniela Bernacchi, Amministratore delegato di Cesvi, alla presentazione dell’indice globale della fame 2017 il 13 ottobre a Bergamo.
Secondo l’indice il cui link è disponibile sul blog di Derrick e sul sito del Cesvi, tuttora nel mondo ci sono 815 milioni di persone che non hanno sufficiente accesso al cibo.


Ecco proprio Daniela Bernacchi ai microfoni di Derrick:


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lunedì 9 ottobre 2017

Cartolina a una figlia che sceglie l'università (Puntata 330, in onda il 10/10/17)

Vuoi fare la scrittrice? Studia una scienza: scriverai del mondo sapendo di cosa parli.

E una volta che avrai imparato i nomi esatti delle cose sarai anche capace di cambiarli usando le metafore giuste.

Condotte forzate della centrale Enel di Bargi
fotografate da Derrick nel settembre 2016
Kurt Vonnegut nel suo romanzo “Ghiaccio nove” ha scritto:
I suoi seni erano come melagrane o quel che vi pare, ma più di ogni altra cosa assomigliavano ai seni di una giovane donna.
Bisogna partire dalle cose, prima di trasfigurarle. Antonio Pascale, agronomo e scrittore, ha scritto:
Se non si conoscono i dati, allora si eccede nelle descrizioni, si diventa per forza dei romantici.
Il che, essere romantici, non è mica una colpa, ma il modo più onesto per arrivarci secondo me è descrivere ogni scena con precisione fino a diventarne tutt’uno. La frase di Pascale la riscriverei dicendo che senza dati c’è il rischio di diventare subito romantici. O meglio: di diventarlo senza cognizione.

Agota Kristof ha scritto:
È diventando assolutamente niente che si può diventare uno scrittore.
Secondo me quel “niente” è l’immedesimazione profonda e competente, è l’umiltà che viene della competenza. Da cui spesso nasce la tensione letteraria in grado di trasformarsi in chissà cosa. Senza passare per troppa retorica.
E la retorica non è solo stile, è una struttura, un esoscheletro che rischia di fare lui il lavoro di reggere tutto. Sai chi l’ha detto benissimo questo? Matteo Galiazzo, informatico e scrittore, che ha scritto:
Ogni tanto mi ritrovo a chiedermi quanta parte dell'attività cerebrale umana sia dedicata semplicemente alle definizioni e alle parole. E quanta importanza abbia la grammatica all'interno delle attività del nostro cervello. E mi chiedo anche quanta della filosofia e della logica di tutti i tempi sia dipesa semplicemente dalle costruzioni grammaticali necessarie a sostenere tali pensieri filosofici e logici. Cioè, quanta dell'analisi della realtà effettuata dalla filosofia sia veramente analisi della realtà e quanta semplicemente analisi grammaticale delle frasi necessarie a descrivere tale realtà. 
Un discorso che credo si possa allargare a varie grammatiche, alla costruzione retorica in generale. Bisogna stare attenti alla retorica che costruisce essa stessa significati. Io credo che la passione che danno i dati sia più sostenibile, fertile, utile di quella che dà la retorica. Con la retorica si diventa prima o poi un po' invasati, più tifosi che osservatori.

Italo Svevo ha portato il flusso di coscienza nella narrativa italiana. Era il responsabile finanziario di un’azienda, sapeva di numeri. Primo Levi era un chimico, uno dei suoi libri più belli e secondo me lirici, “La chiave a stella”, parla di cantieri e costruzioni ingegneristiche. Ingegneri: vogliamo parlare di Gadda?


martedì 3 ottobre 2017

Energia abusiva (Puntate 328-329, in radio il 26/09 e il 3/10/2017)

In un bell’articolo sul Fatto Quotidiano del 17 settembre 2017 Fabio Balocco si chiede come mai le costruzioni abusive ottengano di solito l’allacciamento a utenze come luce, gas e acqua quando le norme invece, almeno per gli immobili che abbiano chiesto l’allaccio negli anni recenti, lo vietino. E ipotizza che sia un difetto degli amministratori pubblici, e in particolare dei sindaci, a portare a non comunicare ai fornitori l’illegittimità dell’immobile e quindi delle forniture.


Gli abusi "di necessità"

Probabilmente, aggiungo io, c’è anche la diffusa convinzione (che come Balocco trovo anch’io abnorme) che l’abuso edilizio non sia abbastanza grave da dover renderne davvero inutilizzabile il frutto. Convinzione che produce concetti come l’”abuso di necessità” che abbiamo sentito in qualche caso invocare per esempio dopo il terremoto di Casamicciola dell’agosto scorso 2017.

Una casa a Marsiglia
(Foto di Derrick, 2007)
Del resto il tener conto di condizioni “di necessità” in corrispondenza della violazione di norme non è affatto estraneo all’ordinamento italiano. Il Codice Penale all’art. 54 in linea generale recita che “non è punibile chi ha commesso un crimine per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”.

In applicazione al furto, lo stesso codice dice che la necessità deve corrispondere a un “grave e urgente bisogno”, la sussistenza del quale, secondo quanto ha chiarito la Cassazione, non può essere determinata da una semplice condizione di indigenza. La stessa Cassazione di recente ha stabilito che un allaccio abusivo all’elettricità non è furto per necessità perché la rinuncia alla fornitura elettrica non comporta un pericolo grave e immediato per la persona.

La giurisprudenza dunque sembra limitare enormemente le depenalizzazioni dell’accesso fraudolento all’elettricità. Ma il principio che l’energia sia un bene a cui la società debba garantire un accesso facilitato indipendentemente dalle condizioni di reddito è nell’ordinamento, anche nella legislazione europea, e comporta anche conseguenze di redistribuzione economica all’interno delle bollette.


Le tutele ai clienti vulnerabili dell'energia

La vulnerabilità indica una condizione di potenziale incapacità di perseguire con efficacia i propri interessi di consumatore, e può giustificare forme di aiuto e di tutela che per esempio in Italia includono una tariffa standard controllata dall’Autorità di settore per i piccoli clienti che non vogliano scegliere sul mercato, prevista ancora fino a metà 2019 stando alla legge concorrenza, ma anche forme di standardizzazione e semplificazione delle bollette, nel tentativo spesso non riuscito di renderle più esplicative e, in futuro, obbligo di inclusione nell’offerta di ogni venditore di tariffe con strutture standard, per facilitarne il confronto tra operatori.

(In realtà le bollette suscitano spesso equivoci anche molto gravi. Uno che mi è stato più volte segnalato riguarda la voce relativa a “trasporto e gestione del contatore” nelle bollette elettriche. Dove trasporto non si riferisce al contatore ("quanto diavolo è costato portarmi il contatore?"), ma alla gestione della rete che porta a casa l’energia).

Regole come quelle che ho citato dovrebbero ridurre per i clienti “vulnerabili” il rischio di sorprese o clausole vessatorie, senza nel contempo comprimere troppo la libertà dei fornitori di proporre soluzioni innovative.
Qualche volta però queste limitazioni comportano perdita di opportunità per tutti. Per esempio in Italia nessun fornitore può legare un cliente domestico per un periodo anche solo di pochi mesi, nemmeno prevedendo una piccola penale di uscita. Il che impedisce ai clienti stessi di avvantaggiarsi di offerte che sarebbero possibili grazie alla minore incertezza che una fedeltà pattuita conferisce alla fornitura.


La povertà energetica

Ancora più critiche mi sembrano le norme di contrasto alla povertà energetica, che forse nascondono un clamoroso errore del legislatore. Infatti, se non c’è dubbio che la povertà sia una condizione di cui i sistemi fiscali e di welfare debbano tener conto, declinarla in termini di accesso a singoli beni crea almeno due controindicazioni:
  1. Implica un notevole paternalismo dirigista, stile tessera annonaria, in cui lo Stato decide quali acquisti devono essere facilitati a un povero e quali no. (Perché se sono povero mi assegni un caffè al giorno se a me piace il tè?, assicurati piuttosto che abbia i soldi per uno o l’altro)
  2. Produce una proliferazione normativa caotica e la sovrapposizione di sistemi di welfare autonomi difficilmente integrabili. Che costringono lo stesso consumatore a documentare la propria situazione reddituale o patrimoniale più volte per accedere, magari con criteri diversi, a sconti in diversi settori, e rendono più facile l'elusione delle norme.



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