sabato 18 maggio 2019

Amsterdam-Zurigo in bici (Puntate 397-8 in onda il 21-28/05/19)

Il gruppo nei pressi di Wageningen (Olanda)
Questa puntata avrà qualche analogia con quelle del ciclo “le camminate impossibili”, reportage di percorsi fatti inconsuetamente a piedi, ma qui si tratta di un viaggio in bici, piuttosto lungo: da Amsterdam a Zurigo, 870 chilometri in 9 giorni e mezzo, nel quale sono stato coinvolto da Michele Sciuto, fisico di formazione oggi professionista esperto di automazione industriale ad Amsterdam, la cui casa è stata la base di partenza. Con lui altri due amici: Cesare Navarotto, che conosco da 40 anni, già responsabile del canale web di Quotidiano Nazionale a Bologna, e Vittorio Lagomarsino conosciuto invece qui, architetto genovese, tutti più che quarantenni. Per due tappe e mezzo sarà con noi anche il giovanissimo Timothy Baldacci, designer di interni toscano stabilitosi ad Amsterdam.

Per me si è trattato di un esperimento completamente nuovo. Non credo avessi mai percorso prima più di una quarantina di chilometri di fila in bici, e mai in giorni consecutivi.
La bici, ordinata in precedenza da Michele, l’ho ritirata al Decathlon di Amsterdam il giorno prima della partenza, una bici “da corsa” economica, con telaio in alluminio, freni a ganascia, gomme sottili, che ho dovuto subito appesantire con una struttura per borse posteriori laterali. Con l’incoscienza dell’incompetenza, ho tenuto la sella fornita con la bici, piuttosto dura e sottile. Scelta che alla fine non si rivelerà poi cattiva.

Pronti alla partenza
Il 27 aprile 2019 ad Amsterdam il cielo è minaccioso ma verso le 10 di mattina non piove, e si parte. Cesare e Michele sono dotati rispettivamente di navigatore da bici e supporto per telefonino in modo da poterne consultare il display pedalando. Io novellino non ho questi accessori, ma ho comprato un software che permette di pianificare e memorizzare un percorso sul telefono per poi ricevere indicazioni in cuffia mentre si va. Saranno circa 150 i chilometri che farò in solitaria usando la navigazione, perché avanti o indietro rispetto al gruppo o per aver scelto percorsi diversi intanto che ascolto dalla voce sintetica toponimi olandesi, tedeschi e francesi sempre pronunciati all’anglosassone con esiti comici.

Attraversare Amsterdam si rivelerà la parte più pericolosa del viaggio, con ciclisti che vanno come matti e non sono ligi alle corsie come invece sperimenteremo in Germania.
Per fortuna siamo presto fuori città. Il tracciato punta ora a Sud-Est verso Ede, a un’ottantina di chilometri dalla capitale, e prima di arrivarci becchiamo il primo acquazzone. Che ci sia un’area portabici nell’hotel olandese è scontato, e la quasi totalità della tappa l’abbiamo fatta su ciclovie asfaltate.

Il giorno dopo Timothy si aggiunge al gruppo dalla stazione di Ede, e dopo solo due mulini a vento avvistati e molti miasmi bucolici di campi in concimazione lasciamo l’Olanda a Grafwegen, un paesino di campagna che prelude all’attraversamento della bellissima foresta Reichswald in un rettilineo di oltre 5 chilometri di leggero saliscendi.
Più tardi invece il percorso purtroppo si affianca a strade anche trafficate, ma ne è quasi sempre segregato.
Io temevo il dolore al sedere, ma arrivati in hotel mi accorgo di avere un problema peggiore: il tendine d’Achille sinistro è rosso e dolorante. Sono preoccupato e salto la cena.

La terza tappa ci porta ad affiancare per la prima volta il Reno, che poi ci farà a lungo compagnia, a Neuss, una città-satellite di Düsseldorf.
Cattedrale di Colonia
Arriviamo a Colonia nel pomeriggio inoltrato dopo una giornata di sole. Infatti Michele, che per quasi tutta la tappa ha portato sulla sua bici le mie borse per darmi sollievo al tendine (è il duro del gruppo, oltre che il più esperto e l’organizzatore. Ostenterà quasi sempre calzoni corti malgrado il clima spesso rigido, quasi ogni mattina sbraiterà se gli altri - io in primis - non sono pronti) è visibilmente abbronzato. Io invece la sera zoppico vistosamente. Spalmo un antinfiammatorio sul tendine che ha un pessimo aspetto e brucia sfiorandolo o a contatto con l’acqua anche solo tiepida. Su consiglio del mio medico (appassionato di ciclismo) abbasso un po’ la sella per smettere di distendere il tendine a fine pedalata.
L’aspetto nero e striato dell’enorme cattedrale di Colonia la fa sembrare reduce da un incendio.

Nel paesino di Widdig
a S dell'immensa zona industriale di Colonia
inizia un lungo tratto di ciclovia sul Reno
Il giorno dopo attraversiamo nella prima ora zone industriali con tanto di ciminiere a perdita d’occhio. Poi iniziano finalmente lunghi tratti di ciclovia sull'argine del Reno, e ci concediamo una seconda colazione nella graziosa piazza di Bonn. Qui Timothy ci lascia per tornare in treno ad Amsterdam.

Verso la prossima sosta prevista a Coblenza pedaliamo quasi sempre di fianco al Reno, tra tranquille aree verdi, paesi con grandi hotel un po’ andati che mi ricordano sanatori, imbarcaderi e chiatte che risalgono il fiume più lente di noi. Per evitare sfregamenti tendinei pedalo con dei sandali in pelle sopra ai calzini, sembro quasi un locale.

Centrale nucleare in smontaggio di Mülheim-Kärlich,
sul Reno a pochi km a N di Coblenza
Mi fermo ad ammirare la centrale nucleare di Mülheim-Kärlich, che scoprirò avere una stranissima storia, quasi italiana, di anomalie autorizzative che ne hanno impedito l’operatività per gran parte della sua esistenza. Ora stanno proprio smontando la torre di condensazione lavorando apparentemente con una cabina a cavalcioni dell’orlo superiore, senza gru.

Mi sento meglio e stavolta non mi perdo la cena tedesca.

Vigneti e pale eoliche
vicino a Gumbsheim,
in una zona collinare
del Rheinhessen 
Da Coblenza torno a pedalare a pieno carico liberando Michele dalle mie borse. Lasciamo la bella cittadina il primo maggio per la riva sempre sinistra (orografica) del Reno ancora avvolta di foschia. La zona ora è collinare, si alternano castelli nelle alture e villaggi medievali non lontani dalla ciclovia.
Il piano prevede di staccarci dal fiume a Bingen, per evitare una decisa ansa verso Est e proseguire più razionalmente verso Sud, il che implica però per la prima volta dislivelli notevoli e salite dure tra stradine in cemento o sterrate in mezzo a vigneti, parchi eolici e paesini tombalmente quieti nel giorno festivo.
I miei compagni imboccano un tratto particolarmente impervio che io preferisco non fare con le mie ruotine, così devo riprogrammare un percorso più lungo e su strada statale, e resto parecchio staccato dal gruppo.

Assaporo così in pieno la sensazione un po’ inebriante di gestire le mie forze mentre sento che il corpo risponde al nuovo stress e mi sembra che potrei continuare per mesi a fare 100 km al giorno.

Vicino al villaggio storico di Alzey pernottiamo in un motel probabilmente nato per ospitare le squadre di costruzione e manutenzione della selva di rotori eolici. Niente ricovero per le bici stavolta: dormono in stanza con noi.

Al confine tra Germania e Alsazia
Una coppia locale ci rimprovera di bere birra proprio qui nella regione del vino: recuperiamo già il giorno dopo a pranzo io Cesare e Vittorio, approfittando del ritardo di Michele che per una riunione al telefono ci ha dato un paio d’ore di vantaggio. Del resto la Weinstrasse, nella parte meridionale della regione del Rheinhessen, è disseminata di cantine e locali con degustazione.

Da giorni le previsioni minacciano pioggia, e la pioggia arriva a Erxheim. Peccato: avevo voglia di andare ancora, invece pochi chilometri più a sud dobbiamo concludere la tappa.

Il 2 maggio andiamo a riprendere il Reno al confine con l’Alsazia, in una bellissima zona di parchi verdi con canali, chiuse e postazioni per il birdwatching. Per quasi tutto il tratto in Alsazia a sud di Strasburgo affiancheremo un canale parallelo al fiume spesso interrotto da chiuse con tanto di casette d’azionamento e ponticelli. Mentre il gruppo decide di raggiungere il capoluogo via strada automobilistica, io resto fedele al fiume e percorro 20 chilometri ininterrotti di rettilineo di fianco all’argine scalabile solo in alcuni punti di attracco per chiatte, che in questa zona sono collegati a fabbriche con nastri trasportatori sospesi. Qui Francia, di là dal fiume Germania.
“Area di pericolo tecnologico” dice più pomposo che inquietante un cartello prima di ogni insediamento industriale.

Strasburgo
La città del Parlamento europeo mi accoglie con chilometri di parco rigoglioso e cartelli che ricordano che mi trovo sulla ciclovia europea 15 finanziata con fondi strutturali UE.
Attraverso il centro affollato di turisti e colorato fermandomi brevemente: ho voglia di pedalare e riprendo subito per il canale. Ma le nuvole rabbuiano tutto. Ho poca carica nel telefono che tengo spesso offline, finché ricevo un messaggio di Cesare arrabbiato perché si aspettava che il gruppo si ricomponesse a Strasburgo.
Mi faccio perdonare prenotando per la notte al castello (sic) di Werde, dove arrivo bagnato e infreddolito ma abbastanza in anticipo sugli altri da farmi una doccia calda lunga a piacere.
Il proprietario non ha un riparo per le bici da offrirci (il cliente-tipo del resto, come notiamo noi stessi, arriva in Porsche).

Il castello di Werde
vicino a Matzenheim 
Il giorno dopo il freddo continua e le nuvole sono minacciose, finché inizia una pioggia violenta che ci costringe a riparare in un ristorante. Poco dopo vediamo dalla finestra che sta nevicando (sic). Non è possibile. Decidiamo dolorosamente di restare al ristorante Chez Pierre (che ha stanze a disposizione) anche per la notte. È un brutto colpo, una cesura di ritmo che non ci voleva. Mentre oziamo a letto ci rendiamo conto che l’unico valico alpino verso Milano che potevamo sperare di percorrere, il Sempione, non sarà quasi certamente praticabile. E io realizzo che un tratto in treno farebbe perdere tutto il senso alla mia piccola impresa. Sono pensieroso.

Basilea
L’indomani il freddo è al suo apice. Dopo poco più di un’ora di viaggio a due gradi centigradi dobbiamo fermarci in un bar per un tè caldo. Michele è costretto a dismettere i pantaloni corti.
Il canale di fianco al Reno continua fino alla bella Basilea (nuovo confine di Stato), ma stavolta la ciclovia è perlopiù sterrata e quindi un po’ più faticosa (e fangosa).

Ci godiamo la grande piazza pedonale dominante di Basilea, dove il Reno curva verso Est e noi con lui. Ho deciso che non voglio prendere il treno sotto le Alpi e che il mio viaggio terminerà a Zurigo. Intanto finiamo l’ultima tappa insieme a Schinznach Bad dopo notevolissimi dislivelli su strada automobilistica e belle colline verdi.
Il paesino offre poche amenità. Mi distraggo contando gli strani lividi che ho sulle gambe. Ci ospita un hotel aperto solo per noi da un tizio che viene a farci entrare e pagare e poi se ne torna via dopo aver purtroppo chiuso a chiave la sala-ristorante.

Gli altri continueranno a Sud in bici, prendendo il treno sotto al passo San Gottardo. Una volta in Italia, Michele e Cesare raggiungeranno Milano in treno: piove, fa freddo.
Vittorio invece resisterà e in altri due giorni raggiungerà la sua Genova.


Il mio viaggio fino a Zurigo è stato di 870 chilometri di cui poco meno di 600 su piste ciclabili, con un dislivello totale di 3500 metri, quasi tutti nella zona dell'Assia Renana e in Svizzera.

lunedì 13 maggio 2019

Opere di urbanizzazione: Italia sotto censura (Puntata 396 in onda il 14/5/19)

di Marco Eramo (dottore di ricerca in pianificazione urbanistica e funzionario tecnico del Comune di Roma)

Il 24 gennaio 2019 la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia censurando, tra le altre norme in materia di appalti pubblici, il comma 2-bis dell’art. 16 del Testo Unico in materia Edilizia introdotto con il Decreto Salva Italia nel dicembre 2011.


Di cosa parliamo?
L’art. 16 prevede che al momento del rilascio dell’autorizzazione edilizia il costruttore sia tenuto a versare una somma che corrisponde ai costi che la realizzazione dell’intervento edilizio autorizzato comporta per la collettività al fine di realizzare oppure adeguare le necessarie dotazioni infrastrutturali. Sono i cosiddetti oneri di urbanizzazione. Il costruttore può versare queste somme direttamente nelle casse comunali oppure può realizzare – per un valore economico equivalente - le opere di urbanizzazione necessarie a dare agli edifici di nuova costruzione le dotazioni necessarie, detraendo dai cosiddetti oneri di urbanizzazione i costi sostenuti o meglio il valore delle opere realizzate stabilito nel quadro tecnico economico allegato ai progetti preventivamente approvati dall’Amministrazione.

Con la norma censurata dalla Commissione – il comma 2-bis - il legislatore è intervenuto stabilendo che rispetto ad una parte delle opere di urbanizzazione - quelle definite primarie come le strade e le fogne - considerabili funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica autorizzato e con un costo inferiore alla cosiddetta soglia comunitaria attualmente fissata a poco meno di 5 milioni e mezzo di euro, il costruttore può eseguirle direttamente senza l’obbligo di rispettare la normativa in materia di opere pubbliche. Si tratta di una norma che consente di realizzare con somme altrimenti destinate ad entrare nelle casse comunali delle opere pubbliche che, una volta realizzate e collaudate, entrano nel patrimonio comunale, vengono allacciate alle infrastrutture esistenti, senza applicare le norme che trovano applicazione per la realizzazione delle opere pubbliche.

Ma contestare al legislatore quella che appare un’assurdità, sul piano logico, non è sufficiente, o meglio non necessariamente implica che il legislatore possa venire obbligato a fornire dei chiarimenti e delle spiegazioni o magari a riformare il quadro normativo. Ciò può accadere però quando – come nel caso in questione - la norma ha anche il difetto di essere in potenziale contrasto con una regola comunitaria.

In questo caso la norma è finita sotto la lente della Commissione Europea perché può confliggere con la regola comunitaria che impedisce di frazionare un lavoro pubblico in più lotti, e di affidare i singoli lotti di importo inferiore alla soglia comunitaria, senza l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione Europea. Si tratta di una norma contro il frazionamento elusivo di lavori forniture e servizi pubblici con la quale si punta a difendere l’applicazione del diritto UE ed in questo modo rafforzare un mercato europeo degli appalti pubblici, aprendo ed integrando i mercati nazionali.

Il comma 2-bis se interpretato come una deroga assoluta al Codice dei Contratti, infatti, consente di considerare le opere di urbanizzazione primaria funzionali ad un intervento di trasformazione urbanistica del territorio come se fosse un lavoro a sé stante in ogni caso non soggetto alla normativa in materia di opere pubbliche, e non come una parte dei “lavori pubblici” comprensivi delle altre opere di urbanizzazione collegate ad un intervento di trasformazione urbanistica che in base alla normativa comunitaria deve concorrere a definire il valore economico complessivo di quegli stessi “lavori pubblici”; lavori che, come è ammesso dal nostro ordinamento, possono essere realizzati dall’operatore privato e che quest’ultimo deve affidare e far eseguire rispettando la normativa in materia di opere pubbliche.


In che modo si è arrivati all’avvio della procedura di infrazione? L’indagine è scaturita da una denuncia presentata nell’aprile 2015 dal consigliere comunale radicale Marco Cappato e da chi vi parla che aveva come oggetto le Linee Guida in materia di opere di urbanizzazione approvate dalla Giunta di Milano. In base a queste Linee Guida, le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia non venivano considerate al fine di calcolare l’importo complessivo delle opere di urbanizzazione che il titolare del permesso di costruire si faceva carico di realizzare a scomputo degli oneri di urbanizzazione. Ciò con buona pace della norma anti frazionamento elusivo contenuta nella Direttiva UE e recepita nel nostro Codice dei Contratti.

Al termine dell’attività di indagine e dell’interlocuzione con le autorità italiane durata più di tre anni, la Commissione ha potuto verificare che l’interpretazione contraria al diritto UE del comma 2-bis contenuta nelle Linee Guida della Giunta di Milano non fosse un’eccezione, ma la prassi anzi la regola come da ultimo confermato anche dalle Linee Guida n. 4 che l’ANAC ha approvato nel marzo del 2018 mentre l’indagine della Commissione era ancora aperta. Ecco perché la norma in questione è una delle disposizioni considerate lesive del diritto UE rispetto alle quali la Commissione ha chiesto delle spiegazioni.


E ora che succede?
Al Governo sono stati assegnati 60 giorni per fornire le proprie osservazioni e prevenire il deferimento alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. A parere di chi vi parla, la risposta più appropriata è quella di abrogare il comma 2-bis dell’art. 16. In questo modo non si fornirebbe soltanto una risposta chiara alla Commissione Europea, ma si darebbe anche ai cittadini italiani la garanzia che le opere di urbanizzazione realizzate dai privati con denaro altrimenti destinato alle casse comunali, e che sono inderogabilmente destinate a diventare di proprietà pubblica e ad essere allacciate alle infrastrutture esistenti, siano realizzate, sempre e comunque, con le stesse regole adottate per eseguire una qualsiasi opera pubblica.


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