martedì 30 luglio 2013

D170 - Incentivi all'auto elettrica

Quante sono le auto elettriche già in listino in Italia?

Una dozzina, tenendo anche conto di un paio di modelli di moto elettriche a quattro ruote, dette quadricicli. Il riepilogo, con tanto di approfondimenti e prezzi di listino, lo fa il sito Tuttogreen.

Quanto costano? Ancora care. La più economica è una Renault, la Zoe, uscita quest'anno e che costa poco più di un'auto normale ma al cui prezzo bisogna aggiungere il noleggio delle batterie che si aggira sui 100 €/mese. Un'auto che aspira a una popolarità che le sue concorrenti precedenti per ora non hanno visto, dato che nel 2012, secondo il sito Greenstart, le auto elettriche vendute in Italia sono state in tutto 508.

Il passo delle vendite però sta cambiando (quasi raddoppiate le vendite nella prima metà del 2013) grazie agli ecoincentivi partiti quest'anno. Che ora potranno utilizzare anche i cosiddetti certificati bianchi, grazie alla pubblicazione in gazzetta ufficiale della scheda tecnica 42E del Gestore dei Servizi Energetici, dedicata proprio alle auto elettriche.

Di che si tratta? Di una scheda indispensabile perché chi acquista un'auto elettrica possa beneficiare dei certificati bianchi, strumento di incentivo all'efficienza energetica. Come gli affezionati di Derrick sanno, i certificati bianchi sono titoli che rappresentano una determinata quantità di energia risparmiata, e vengono attribuiti a chi ha fatto investimenti riconosciuti come fonte di minori consumi. A comprarli sono in ultima istanza i distributori di energia, che hanno il dovere di effettuare (direttamente o comprando certificati) interventi in grado di produrre determinati volumi di minori consumi, e che sono rimborsati per farlo. Dunque la sostituzione di un'auto tradizionale con una elettrica darà diritto a certificati bianchi (che hanno un valore economico) sulla base del minor consumo di energia primaria calcolato come prevede la scheda.

Il GSE nelle note alla scheda osserva che un'auto elettrica, anche tenendo conto delle perdite di energia con cui il sistema di generazione elettrico italiano trasforma energia primaria in elettrica, è dal 30 al 50% più efficiente di una tradizionale dello stesso segmento. Quindi andare in auto elettrica dal punto di vista energetico conviene, almeno in termini di consumi per trazione. (Sappiamo che in questi casi c'è sempre qualcuno che invoca un'analisi dei consumi dell'intero ciclo di vita del prodotto, che includono quelli della sua costruzione. Ne abbiamo parlato in passato in riferimento all'auto elettrica ma ciò non è oggetto di questa puntata).

Magari in una delle puntate di settembre faremo due conti e vedremo quanto ritorno potrà aspettarsi un acquirente di auto elettrica dai certificati bianchi.

martedì 23 luglio 2013

D169 – Sussidi e aiuti di Stato

Ricorderete che a maggio ci siamo occupati qui di sussidi nell'energia. Sappiamo che c'è stata un'escalation di quelli alle fonti elettriche rinnovabili entrate in esercizio nel recente passato. Così, anche se i nuovi impianti ne ricevono già oggi di molto più contenuti, resta il peso notevole del costo dei cosiddetti diritti acquisiti che continueranno ad applicarsi alle bollette per anni.

Un problema non solo italiano. Riguarda per esempio anche Spagna, Germania e Regno Unito. Sempre a maggio abbiamo visto che la Germania e l'Italia hanno recentemente modificato il modo in cui il costo degli oneri del sistema energetico, sussidi alle rinnovabili in primis, viene ribaltato sui clienti. In entrambi i Paesi da quest'onere sono in buona parte esentati i grandissimi consumatori elettrici e in parte i consumatori non grandi in assoluto ma per i quali la bolletta elettrica ha un grosso impatto sul conto economico.

È giusta questa esenzione?
Facciamo un passo indietro. Un motivo per cui i costi di ambientalizzazione del settore energetico devono essere pagati dai clienti d'energia e non da tutti i contribuenti sta nel principio europeo del "chi inquina paga", che può essere declinato nella versione "chi usa paga". Si tratta di un principio con varie ricadute positive: intanto evita un appesantimento delle imposte vere e proprie, poi, soprattutto, introduce una forma virtuosa di responsabilizzazione: se uso meno energia pago meno i costi della sua ambientalizzazione.

Esentare, benché parzialmente, i grandi consumatori industriali dal peso dei sussidi alle rinnovabili evidentemente viola il principio del chi inquina paga. Ma viene fatto, per esempio in Italia e in Germania, due superpotenze industriali, per evitare di mettere i consumatori industriali di energia in una condizione di sfavore rispetto ai loro competitori internazionali, in particolare quelli di Paesi che non hanno fatto scelte altrettanto impegnative in tutela dell'ambiante.

Ma con un sistema di esenzioni, inevitabilmente arbitrarie oltre che incoerenti con il chi inquina paga, si genera un problema di aiuti di Stato. Per questo motivo, secondo Der Spiegel, il commissario UE alla concorrenza Almunia aprirà in questi giorni una procedura d'infrazione contro la Germania per aver esentato i grandi consumatori industriali dal pagamento degli oneri dei sussidi alle rinnovabili. Una possibilità che da un po' era nell'aria come già segnalato da Derrick.

Merkel, intervistata dalla tv tedesca ARD, ha detto che se verrà rieletta a settembre cercherà di metterci una pezza.

Non è impossibile che il prossimo indagato sia l'Italia.

martedì 9 luglio 2013

D168 – Protezionismo ecologico

L'organizzazione mondiale della meteorologia ha pubblicato il suo report sul clima nel primo decennio di questo secolo, decennio che ha registrato la temperatura più alta da quando esistono misure affidabili, e ha assistito a eventi climatici estremi responsabili, sempre secondo l'organizzazione, del 20% in più di morti rispetto al decennio precedente (oltre 350 mila in totale).

Sul come (e in qualche caso se) agire, però, i Paesi del mondo si stanno muovendo in modo quasi per nulla coordinato, e l'Europa stessa, in tempo di crisi, si sta interrogando su come portare avanti le misure di riduzione delle proprie emissioni di gas-serra.

Staffetta Quotidiana del 5 luglio ha ospitato un articolo di Giovanni Battista Zorzoli che racconta come, paradossalmente, proprio in Europa si stia usando più carbone di prima nella produzione elettrica, a causa del suo basso prezzo generato dal minor consumo americano a sua volta conseguenza della grande inattesa disponibilità di gas naturale a buon mercato in nordamerica. Succede cioè che Paesi come la Germania, e in misura minore l'Italia, da un lato danno enormi incentivi alle fonti rinnovabili di produzione elettrica, in gran parte a zero emissioni, dall'altro usano una maggior quota di carbone per fare energia elettrica, rimangiandosi in parte il risultato sulle emissioni.

In generale, anche indipendentemente dallo shale gas americano, un effetto di una forte carbon tax in Europa sarebbe una riduzione del prezzo internazionale del carbone, rendendolo più conveniente dove non tassato. Così come è inevitabile che le produzioni ad alto contenuto di carbonio tendano a spostarsi al di fuori delle aree dove c'è un sistema di penalizzazione alle emissioni.
Secondo Zorzoli, e secondo una visione di cui abbiamo già dato conto in Derrick, una soluzione a questo problema di delocalizzazione è introdurre dazi all'importazione di prodotti la cui produzione ha provocato emissioni e che arrivano da Paesi senza un sistema di limitazione delle emissioni stesse.

È una soluzione che crea problemi di valutazione del contenuto carbonioso implicito nei prodotti. Ma a parte questo comporta almeno alcuni dei problemi standard del protezionismo. In particolare, nel breve periodo aumenta i prezzi ai consumatori locali. Sempre nel breve periodo, se metto un dazio su un bene infatti causo i seguenti effetti:

  1. riduco il benessere del produttore estero di quel bene (che perde mercato)
  2. aumento il benessere di consumatori esteri (che pagano un prezzo più basso dovuto alla ridotta domanda per esportazioni, e si noti che quindi l'incentivo alle maggiori emissioni nei Paesi esteri almeno in parte resta anche con una tassa alle importazioni carboniose)
  3. riduco – come accennavo - il benessere del consumatore locale, che paga di più per il bene
  4. aumento il benessere del produttore locale, che vede meno concorrenza da fuori. (Ma attenzione: questo non vale nel caso di una tassa ambientale all'import con effetti pari alla carbon tax locale, perché in questo caso anche il produttore locale del prodotto carbonioso si vede ridotta la disponibilità a pagare del consumatore al netto della tassa).

Dunque il dazio ambientale di Zorzoli risolve la disparità di trattamento tra imprese locali ed estere conseguenza di una carbon tax, ma non quella tra i consumatori locali ed esteri, e incentiva questi ultimi ad aumentare i consumi carboniosi grazie al minor prezzo estero del bene carbonioso in seguito al dazio.

Resta poi un problema per l'ambientalista liberale, come me: se lui sdogana il protezionismo a fini ambientali, dovrebbe per coerenza sdoganarlo anche in relazione ad altre possibili necessità di correzione di effetti avversi delle differenze di regole internazionali, con possibilità di introdurre distorsioni massicce e magari pretestuose. Per ora lascio aperto questo dilemma.

martedì 2 luglio 2013

D167 - Intervista ad Alberto Biancardi dell'Autorità per l'energia (e l'acqua) - Parte 4

Quarta e ultima puntata con intervista ad Alberto Biancardi, commissario dell'Autorità per l'energia competente anche per il servizio idrico.

L'Autorità decidendo le tariffe fa anche politiche di redistribuzione? Con quali limiti? Decide da sola?